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Lavoratori extracomunitari e caporalato. C’è anche la giurisprudenza!

Il decreto flussi 2023 sul contrasto all'immigrazione irregolare si propone di inasprire le disposizioni penali come conseguenza di delitti in materia di ingresso di lavoratori extracomunitari condotti nel territorio italiano e che possano entrare nel mondo del lavoro sotto le vesti del caporalato. Bene. Ma diventa utile il confronto con la situazione da tempo consolidatasi in giurisprudenza: sono ormai numerosissime le sentenze della Corte di cassazione che sotto diversi aspetti affrontano il problema, e che tuttavia vengono aprioristicamente trascurate vuoi dai fautori, vuoi dai detrattori del D.L. 10 marzo 2023, n. 20. Cosa auspicare? Che dopo l’efficace attività svolta nel corso del 2022 contro il caporalato, l’INL provveda realmente, pure nel 2023, a sviluppare l’azione di controllo e di presidio promessa.

Meraviglia, nel dibattito in corso sullo scafismo e sull’ingresso di lavoratori stranieri, che si continui a non tenere in debito conto le indicazioni finora date dalla giurisprudenza. E meraviglia ancora di più se si prende consapevolezza che sono ormai numerosissime le sentenze della Corte di cassazione (l’ultima depositata il 23 marzo 2023) che sotto diversi aspetti affrontano il problema, e che tuttavia vengono aprioristicamente trascurate vuoi dai fautori, vuoi dai detrattori, del D.L. 10 marzo 2023, n. 20 sul contrasto all'immigrazione irregolare. Le disposizioni penali dell’art. 8 di questo decreto legge provvedono, in particolare, ad aumentare di un anno il minimo e il massimo della reclusione già prevista dall’art. 12, commi 1 e 3, D.Lgs. n. 286/1998, a introdurre in tale D.Lgs. un nuovo art. 12-bis che punisce morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina, e stabilisce che, se la condotta è diretta a procurare l'ingresso illegale nel territorio dello Stato, il reato è punito secondo la legge italiana anche quando la morte o le lesioni si verificano al di fuori di tale territorio.Utile diventa un confronto con la situazione da tempo consolidatasi in giurisprudenza. Naturalmente, centrale era e rimane il reato di immigrazione clandestina. Ma non solo. Altri reati sono di frequente entrati in gioco, ma non vengono considerati nel D.L. n. 20/2023: dall’associazione per delinquere al disastro e al sequestro di persona a scopo di estorsione. D’altra parte, la Suprema Corte ha già sistematicamente confermato la condanna di scafisti per il delitto di morte o di lesione come conseguenza del delitto di immigrazione clandestina, e - si badi - pur se commesso fuori delle acque territoriali italiane. Per giunta, la Suprema Corte ha aperto la strada non solo all’omicidio come conseguenza di un delitto doloso, bensì anche allo stesso omicidio doloso, persino con dolo eventuale. E colpisce l’attenzione il fatto che si susseguano con continuità le condanne di scafisti, per di più a pene che a seconda dei casi variano dai 3-9 ai 25-30 anni di reclusione. Inesorabilmente confermate sono poi a loro carico le misure cautelari personali, essenzialmente la custodia in carcere. Ed è il caso di notare quanto nelle pronunce della Cassazione risulti determinante l’apporto delle intercettazioni al fine di comprovare l’identità e l’opera degli scafisti. Nessun dubbio, quindi, che già prima del D.L. n. 20/2023 abbiamo assistito a ripetute, consistenti condanne e misure cautelari a carico degli scafisti. Semmai in questa prospettiva si fanno apprezzare I commi 2, 3 e 4 dell’art. 8 del D.L. n. 20/2023 che - sottolinea il Dossier del Servizio Studi del Senato - recano talune disposizioni di coordinamento volte a rendere applicabili anche al reato di reato di morte e lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina cui all’art. 12-bis T.U. immigrazione, oltre che a quello di cui all’art. 12, talune norme della legge sull’ordinamento penitenziario e del codice di procedura penale, relative al divieto di concessione di taluni benefici penitenziari (cd. reati ostativi), all’attribuzione della competenza a esercitare le funzioni del pubblico ministero alla procura presso il tribunale del capoluogo del distretto di Corte d’appello, e al maggior termine di durata massima delle indagini preliminari (due anni, anziché diciotto mesi). Il fatto è, però, che dalle pronunce della Suprema Corte emerge anche un fenomeno quanto mai allarmante: che a ben vedere gli scafisti, i “nocchieri”, sono personaggi di secondo piano, agevolmente passibili di ricambio, e che restano invece impuniti su uno sfondo inesplorato gli autori determinanti dei crimini. Non c’è sentenza che non evochi i soggetti effettivamente da perseguire: “le organizzazioni criminali dei trafficanti di esseri umani rimasti al sicuro nel loro paese che hanno preparato i viaggi e curato il trasporto dei migranti”, “le organizzazioni criminali, le consorterie transnazionali, che si occupano della pianificazione dei traffici internazionali di persone”. Ben s’intende, a questo punto, che gli extracomunitari condotti dagli scafisti nel territorio italiano su incarico di organizzazioni criminali possano entrare nel mondo del lavoro sotto le vesti del caporalato. Un esempio di sfruttamento del lavoro di extracomunitari clandestini si trae da Cass. pen. 7 maggio 2021. n. 17777, concernente “un soggetto chiave per la consumazione dei reati riguardanti l'immigrazione clandestina, ma anche per quanto riguarda lo sfruttamento dei braccianti agricoli”. Quanto al primo settore, egli aveva il compito specifico di ottenere in breve tempo i certificati di residenza, e quanto al secondo provvedeva al trasporto. Tutto ciò nell’ambito di un gruppo che si è atteggiato quale vero e proprio ufficio di collocamento degli immigrati in cerca di un permesso di soggiorno, tanto che le nubende erano selezionate tra le braccianti dipendenti della stessa azienda coinvolta nell'attività di sfruttamento della manodopera. Dunque, matrimoni fittizi e parallela attività di caporalato. Altro esempio in Cass. pen. 19 ottobre 2018, n. 47741: un'associazione operava in località dell'Egitto, a Milano e in varie zone della Sicilia e della Calabria, al fine di favorire I’ingresso illegale nello Stato di un numero rilevante di clandestini, i quali venivano presi in carico dalla cellula di accoglienza che provvedeva a trattenerli in luoghi isolati, prima di condurli nelle località di destinazione, prevalentemente Roma e Milano.Caporalato, dunque, ma persino schiavitù. La Corte di cassazione penale 2 maggio 2022, n. 17095 annulla con rinvio l’assoluzione sorprendentemente pronunciata in appello dopo una condanna in primo grado di più imputati per riduzione in schiavitù prevista dall’art. 600 c.p. e per associazione per delinquere finalizzata al reclutamento di cittadini extracomunitari, di nazionalità prevalentemente tunisina, ghanese e sudanese, introdotti clandestinamente in Italia, da destinare allo sfruttamento lavorativo nella raccolta di angurie e di pomodori ed a tal fine mantenuti in stato di soggezione continuativa analoga alla schiavitù. “Un paradigmatico caso” - questo il commento della Sez. V - “di miopia giudiziaria”, e “una situazione di stratificato degrado ambientale ben nota anche alle istituzioni, che, verosimilmente, poco o nulla avevano fatto per porvi rimedio”. V’è, quindi, perlomeno da auspicare che, dopo l’efficace attività svolta nel corso del 2022 contro il caporalato, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro provveda realmente pure nel 2023 a sviluppare l’azione di controllo e di presidio promessa nel “Documento di programmazione della vigilanza per il 2023”. Anche perché quest’anno sembrano purtroppo essersi perse le tracce di quella promettente iniziativa intrapresa nel 2022 dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro in collaborazione con la Procura Generale presso la Corte di Cassazione: la proposta di un “protocollo quadro di collaborazione tra Ispettorato Nazionale del Lavoro e Procure della Repubblica presso i Tribunali”, destinato ad assicurare il proficuo svolgimento delle indagini in settori caratterizzati da rilevante allarme sociale quale il caporalato. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/04/22/lavoratori-extracomunitari-caporalato-giurisprudenza

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