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Archivio newsOrario di lavoro. Nei CCNL devono esserci le clausole innovative attinenti alle esigenze specifiche dei lavoratori
“L’orario di lavoro è materia squisitamente contrattuale, sia di livello nazionale che aziendale. Ogni settore produttivo e poi ogni azienda hanno specifiche caratteristiche, per cui sarebbe impensabile intervenire con una legislazione che riduca lo spazio della contrattazione. A nostro parere su questo tema, come anche per quel che concerne un ipotetico salario minimo, riteniamo che qualora si scelga di intervenire per via legislativa lo si faccia con l’obiettivo di supportare la contrattazione. La legge non dovrebbe prescrivere rigidamente qualcosa, ma costruire gli strumenti regolatori e fiscali che facilitino le parti a negoziare nei CCNL clausole innovative attinenti alle esigenze specifiche dei lavoratori e delle aziende in ogni specifico settore economico.”. Il Funzionario sindacale, esperto di contrattazione collettiva e politiche industriali UIL Nazionale Giovanni D'Anna anticipa a IPSOA Quotidiano i temi al centro del suo intervento al XII Forum One LAVORO, dedicato al “Mondo del lavoro 2023: novità e prospettive”, che si svolge oggi a Modena e in live streaming.
Si svolge oggi a Modena il XII Forum One LAVORO, dedicato al “Mondo del lavoro 2023: novità e prospettive”, organizzato da Wolters Kluwer in collaborazione con Dottrina Per il Lavoro. Il Funzionario sindacale, esperto di contrattazione collettiva e politiche industriali UIL Nazionale Giovanni D'Anna anticipa a IPSOA Quotidiano i temi al centro del suo intervento.Secondo Lei la produttività aziendale è legata necessariamente alle ore di lavoro?Il legame fra produttività e ore di lavoro, di norma, è più forte nell’attività a basso valore aggiunto, cd. labour intensive, oppure nelle imprese che non puntano a creare ricchezza innovando il prodotto o i processi, ma solo ed esclusivamente alla compressione del fattore lavoro. Ancora troppe imprese italiane hanno scelto questa via fallimentare di crescita; questa è una strada che può dare solo qualche piccolo profitto nel breve periodo, ma nel lungo periodo porta al declino sia della singola impresa, che di tutto il sistema produttivo. La produttività, infatti, è data da un mix di fattori, se ci limitiamo ad un discorso tecnico: la produttività multifattoriale, così come calcolata dall’OCSE, si compone di 3 fattori: lavoro, capitale e tecnologia. Ebbene in Italia si è sempre guardato al fattore lavoro, pensando di far crescere la produttività solo comprimendo salari e le tutele dei lavoratori, mentre invece la produttività italiana è stagnante prevalentemente perché è bassa negli altri due fattori capitale e tecnologia. Come UIL però riteniamo che occorra anche considerare una “produttività di sistema”, ovvero valutare quanto il contesto in cui opera un’impresa favorisca un migliore sviluppo, guardando quindi alla dotazione infrastrutturale, alla qualità del sistema formativo ed universitario, alla qualità dei servizi erogati dalla Pubblica amministrazione, dal sistema creditizio etc. Occorre insomma guardare oltre alla singola impresa. Per questo riteniamo che vada superato il tabù delle produttività da redistribuire solo ed esclusivamente a livello aziendale, ma occorra sia parte integrante degli incrementi retributivi dei CCNL in aggiunta ai recuperi inflattivi.Il mondo del lavoro in questi ultimi anni è cambiato. Sono cambiate le modalità di erogazione della prestazione lavorativa. È ancora attuale la normativa sull’orario di lavoro?L’orario di lavoro è materia squisitamente contrattuale, sia di livello nazionale che aziendale. Ogni settore produttivo e poi ogni azienda hanno specifiche caratteristiche, per cui sarebbe impensabile intervenire con una legislazione che riduca lo spazio della contrattazione. A nostro parere su questo tema, come anche per quel che concerne un ipotetico salario minimo, riteniamo che qualora si scelga di intervenire per via legislativa lo si faccia con l’obiettivo di supportare la contrattazione. La legge non dovrebbe prescrivere rigidamente qualcosa, ma costruire gli strumenti regolatori e fiscali che facilitino le parti a negoziare nei CCNL clausole innovative attinenti alle esigenze specifiche dei lavoratori e delle aziende in ogni specifico settore economico.Quali proposte proporrebbe al Governo per migliorare il benessere dei lavoratori?In passato ci siamo illusi che il welfare aziendale rappresentasse la via principale per venire incontro alle esigenze di lavoratrici e lavoratori; in realtà questo strumento è servito prevalentemente a sostituire aumenti salariali con servizi di welfare, contenendo così le retribuzioni reali, e comunque è stato uno strumento rivolto ad una minoranza di lavoratori coperti dalla contrattazione aziendale. Serve piuttosto incentivare buone pratiche aziendali di conciliazione vita lavoro, visto l’ampia offerta di innovazioni negoziali emerse dalla contrattazione aziendale. Occorre però anche non essere ipocriti e non dire che è complicato parlare di benessere dei lavoratori con salari mediani che fanno fatica a raggiungere 1500 euro al mese, con una diffusione del falso part time che supera il 60%, con un sistema di appalti e sub appalti anche privati che, esternalizzando tutto, comprimono enormemente le tutele minime dei lavoratori. Queste forme di precarizzazione del lavoro indeboliscono la contrattazione collettiva, e le buone pratiche di alcune isolate realtà eccellenti, non possono essere scambiate per la norma. Oggi nei settori dove a fare le differenze sono le competenze e le professionalità del lavoratore, all’opposto del passato sono i lavoratori a pretendere, giustamente, che sia l’orario di lavoro e l’organizzazione dell’impresa ad essere flessibile alle esigenze del dipendente e non più viceversa. Certo parliamo di una minoranza, perché nella gran parte delle imprese italiane vigono le condizioni di lavoro sopra descritte, ma è positivo che la logica perversa in cui la vita privata diventa flessibile alle esigenze produttive delle imprese stia lentamente cambiando. Quindi, per il benessere dei lavoratori, occorre che questi abbiano maggiori strumenti, diritti e forza per codecidere insieme alle imprese tempi e organizzazione del lavoro, e anche in questo ambito lo strumento principale è la contrattazione collettiva. Copyright © - Riproduzione riservata