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Contratti a tempo determinato: nessuna causale per i primi 12 mesi. Cambiano le casistiche

Novità per i contratti a termine dall’iter di conversione del decreto Lavoro. Alcuni emendamenti, approvati in Commissione al Senato, prevedono che nei primi 12 mesi i contratti a tempo determinato saranno sempre acausali, indipendentemente dal fatto che i 12 mesi si raggiungano con un unico rapporto di lavoro ovvero con più contratti di lavoro (rinnovi). Inoltre, ai fini del computo dei 12 mesi acausali si terrà conto dei soli contratti stipulati a far data dal 5 maggio 2023. Ma le novità non finiscono qui, tra gli emendamenti all’art. 24 del D.L. n. 48/2023 due riguardano la somministrazione di manodopera. Cosa prevedono? Se ne parlerà al 2° Webinar Live “Decreto Lavoro: le novità sulla gestione dei contratti di lavoro” del ciclo "I Webinar Forum One LAVORO" che si terrà in live streaming il 16 giugno dalle ore 10:00 alle 12:00.

In fase di conversione del disegno di legge per la conversione del decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023), la 10ª Commissione permanente del Senato ha approvato alcuni emendamenti al testo riguardante le modifiche al contratto a tempo determinato (art. 24). Gli emendamenti hanno interessato anche i rapporti di somministrazione di manodopera. Ma andiamo con ordine. Le nuove causali del decreto Lavoro Restano invariate le nuove causali previste dal decreto legge. Si potrà attivare un contratto a tempo determinato, qualora sia di durata superiore ai 12 mesi, previa identificazione di una delle seguenti causale: a) nei casi previsti dai contratti collettivi, così come identificati dall’art. 51 del TU sui contratti di lavoro (D.Lgs. n. 81/2015), e cioè i contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) ed i contratti di secondo livello (territoriale ed aziendale), sottoscritti dalle rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria; b) per la sostituzione di altri lavoratori; c) per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti. Questa casistica è subordinata all’assenza delle ipotesi previste dai contratti collettivi e comunque potrà essere utilizzata per i contratti stipulati fino al 30 aprile 2024. Con la conferma delle causali, così come previste dal D.L. n. 48/2023, si stabilizza la riduzione da tre a due delle macro-causali che i datori di lavoro potranno utilizzare per avviare un rapporto a tempo determinato. Infatti, le causali utilizzabili sono esclusivamente: quella prevista per motivi sostitutivi e quella individuata dalla contrattazione collettiva, sempreché sia coerente con la realtà aziendale e quindi attuabile tra le parti. Ricordo che l’individuazione, all’interno del contratto individuale, del “caso” previsto dalla contrattazione collettiva ovvero dell’esigenza individuata dalle parti, dovrà essere reale, coerente con il contesto aziendale e oggettivamente verificabile. Dovrà essere sempre presente, per tutta la durata del contratto a termine, quel nesso eziologico tra la situazione tipizzata dal contratto e la specifica circostanza.

In pratica, la causale, ripresa all’interno del contratto individuale, dovrà rappresentare il reale fabbisogno temporaneo dell’azienda. Inoltre, tale causale dovrà persistere per tutta la durata del rapporto di lavoro, proroghe comprese.
Esclusivamente qualora la contrattazione collettiva non abbia disciplinato le casistiche, ovvero abbia soltanto richiamato le precedenti ipotesi descritte dalla legge, le parti (datore di lavoro e lavoratore) potranno individuare specifiche esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva. Per quanto il legislatore utilizzi la locuzione “esigenze … individuate tra le parti”, ritengo che, nei fatti, sarà il solo datore di lavoro a identificare dette esigenze, collegate alle necessità temporanee dell’azienda. Il lavoratore, dal canto suo, potrà solo accettare dette esigenze, al fine di vedersi avviato il rapporto di lavoro. Non sono stati oggetto di modifiche neanche i datori di lavoro esclusi dall’obbligo di indicare una causale nei contratti a termine. Questi sono: - le pubbliche amministrazioni; - le seguenti categorie di datori di lavoro qualora i lavoratori assunti siano chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di trasferimento di know-how, di supporto all’innovazione, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa: 1. università private, incluse le filiazioni di università straniere; 2. istituti pubblici di ricerca; 3. società pubbliche che promuovono la ricerca e l’innovazione; 4. enti privati di ricerca. Dagli emendamenti novità per le causali Passiamo alle novità contenute negli emendamenti al decreto Lavoro. La prima novità riguarda il momento di attivazione della causale. Nella “vecchia” previsione, la causale era obbligatoria all’atto del primo rapporto di lavoro a tempo determinato, qualora la durata fosse superiore ai 12 mesi, e sempre in caso di rinnovo. Con il primo emendamento, l’obbligo della causale nei rinnovi è previsto esclusivamente qualora dalla somma di più rapporti di lavoro si dovessero superare i 12 mesi a tempo determinato. In pratica, nei primi 12 mesi i contratti a tempo determinato saranno sempre acausali, indipendentemente dal fatto che i 12 mesi si raggiungano con un unico rapporto di lavoro ovvero con più contratti di lavoro (rinnovi).
Esempio: primo rapporto a termine di 3 mesi (acausale); rinnovo di 6 mesi (acausale); rinnovo di 4 mesi (obbligatoria la causale)
Una seconda novità attiene al fatto che ai fini del computo dei 12 mesi acausali si terrà conto dei soli contratti stipulati a far data dal 5 maggio 2023 (entrata in vigore del decreto legge). In pratica, l’emendamento azzera completamente il passato dei rapporti a termine intercorsi prima della vigenza del decreto legge. La formulazione dell’emendamento, per come è scritto, mi lascia perplesso, in quanto non ne capisco l’esatta portata. Sarà il caso di attendere la pubblicazione della legge di conversione, prima di trarre giudizi sulla nuova regola. Somministrazione di manodopera Le novità non finiscono qui, in quanto tra gli emendamenti all’articolo 24, ve ne sono due che riguardano la somministrazione di manodopera. Sono esclusi dal limite percentuale, previsto per i lavoratori con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (art. 31, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015), i lavoratori somministrati assunti con contratto di lavoro in apprendistato. Sono, inoltre, esentati dal limite quantitativo dei somministrati a tempo indeterminato anche le seguenti categorie di lavoratori: ‐i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali; ‐i soggetti svantaggiati o molto svantaggiati, come individuati dal decreto del Ministro del lavoro del 17 ottobre 2017. Considerazioni finali Un’ultima considerazione personale. Ma c’è proprio bisogno di disporre una causale ai contratti a tempo determinato? Non bastano i numerosi limiti previsti dalla normativa, al fine di evitare gli abusi a tale tipologia contrattuale (durata massima, limite percentuale, “stop & go”, limite delle proroghe e maggiorazioni contributive)? Negli anni di vigenza della causale prevista dal D.Lgs. n. 368 del 2001, il contenzioso, legato al disconoscimento della causale indicata nel contratto individuale, rappresentava circa l’80% di tutte le vertenze attivate sui contratti a tempo determinato. Ritengo che anche con le modifiche apportate dal D.L. n. 48/2023, non potremo trarne beneficio da un punto di vista vertenziale, in quanto le due formulazioni legislative solo pressoché identiche: - la disposizione prevista nel D.Lgs. n. 368/2001: “È consentita l'apposizione di un termine … a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo ...” - la nuova disposizione prevista nel D.Lgs. n. 81/2015: “per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti.”. Ai posteri l’ardua “sentenza”.
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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/06/14/contratti-tempo-determinato-causale-primi-12-mesi-cambiano-casistiche

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