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Archivio newsCodice penale e Codice di procedura penale: approvate le modifiche
Il Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2023 ha approvato un disegno di legge che reca modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario. Tra le principali previsioni l’abrogazione dell’abuso d’ufficio, l’ampia riformulazione del reato di traffico di influenze illecite, il divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, lamodifica la disciplina dei casi di appello del pubblico ministero.
Il Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2023, su proposta del Ministro della giustizia Carlo Nordio, ha approvato, con la previsione della richiesta alle Camere di sollecita calendarizzazione, nel rispetto dei regolamenti dei due rami del Parlamento, un disegno di legge che reca modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario. Vengono indicate di seguito le principali previsioni del disegno di legge. Abuso d'ufficio e reato di traffico d’influenze illecite Il decreto abroga la fattispecie dell’abuso d’ufficio (articolo 323 del codice penale) e introduce un’ampia riformulazione del reato di traffico di influenze illecite (articolo 346-bis), che rispetto alla norma precedente, prevede, tra l’altro, che: - le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere sfruttate (non solo vantate) e devono essere esistenti (non solo asserite); - le relazioni devono essere sfruttate "intenzionalmente"; - l'utilità data o promessa al mediatore deve essere economica; - il denaro o altra utilità deve essere dato/promesso per remunerare il soggetto pubblico o per far realizzare al mediatore una mediazione illecita (della quale viene data una definizione normativa); - il trattamento sanzionatorio del minimo edittale sale da 1 anno a 1 anno e 6 mesi. Il decreto rende applicabili anche per il traffico d’influenze illecite, le attenuanti per la particolare tenuità o per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite. Sono estese al traffico d’influenze illecite la causa di non punibilità per la cosiddetta collaborazione processuale. Intercettazioni Il decreto amplia il divieto di pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, che viene consentita solo se il contenuto è riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o è utilizzato nel corso del dibattimento. Inoltre: - stabilisce il divieto di rilascio di copia delle intercettazioni delle quali è vietata la pubblicazione, quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori, salvo che tale richiesta sia motivata dalla esigenza di utilizzare i risultati delle intercettazioni in altro procedimento specificamente indicato; - afferma il divieto per la polizia giudiziaria di riportare nei verbali di intercettazione i "dati relativi a soggetti diversi dalle parti, salvo che risultino rilevanti ai fini delle indagini"; - vieta al giudice di acquisire (nel cosiddetto stralcio) le registrazioni e i verbali di intercettazione che riguardino soggetti diversi dalle parti, sempre che non ne sia dimostrata la rilevanza; - stabilisce il divieto per il pubblico ministero d’indicare nella richiesta di misura cautelare, con riguardo alle conversazioni intercettate, i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia indispensabile per la compiuta esposizione. In modo corrispondente, si vieta al giudice di indicare tali dati nell’ordinanza di misura cautelare. Interrogatorio preventivo Il decreto generalizza l’istituto dell’interrogatorio preventivo rispetto alla eventuale applicazione della misura cautelare estendendo il principio del contradditorio preventivo in tutti i casi in cui, nel corso delle indagini preliminari, non risulti necessario che il provvedimento cautelare sia adottato "a sorpresa". L'interrogatorio preventivo è quindi escluso se sussistono le esigenze cautelari del pericolo di fuga e dell'inquinamento probatorio. È, invece, necessario se è ipotizzato il pericolo di reiterazione del reato, a meno che non si proceda per reati di rilevante gravità (delitti commessi con uso di armi o con altri mezzi di violenza personale). Il decreto prevede inoltre: - l'obbligo del giudice di valutare, nell'ordinanza applicativa della misura cautelare e a pena di nullità della stessa, quanto dichiarato dall'indagato in sede di interrogatorio preventivo; - la nullità dell'ordinanza se non è stato espletato l'interrogatorio preventivo o se quest'ultimo è nullo. L’interrogatorio di garanzia (oggi previsto dopo l’applicazione della misura cautelare) non sarà richiesto se è stato svolto quello preventivo. Una volta applicata la misura cautelare, in caso di impugnazione, il verbale dell'interrogatorio preventivo sarà inviato al Tribunale del riesame. Collegialità del giudice della misura cautelare della custodia in carcere Previsto il giudice collegiale per l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere o di una misura di sicurezza provvisoria quando essa è detentiva. Per consentire l’adeguato rafforzamento dell’organico, il decreto prevede che tali norme si applichino decorsi due anni dall'entrata in vigore della legge e l’aumento del ruolo organico del personale di magistratura ordinaria di 250 unità, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado, con autorizzazione a bandire nel 2024 un concorso da espletare nel 2025. Informazione di garanzia Sono inserite alcune innovazioni relative all'informazione di garanzia. In particolare il decreto: - specifica testualmente che essa debba essere trasmessa a tutela del diritto di difesa dell'indagato; - specifica che in essa debba essere contenuta una «descrizione sommaria del fatto»; - limita la notifica dell'atto tramite la polizia giudiziaria ai soli casi di urgenza. È espressamente sancito il divieto di pubblicazione dell'informazione di garanzia, finché non siano concluse le indagini preliminari. Inappellabilità da parte del p.m. Il decreto modifica la disciplina dei casi di appello del pubblico ministero, che attualmente consente d’impugnare le sentenze di proscioglimento, stabilendo che l'organo di accusa non può appellare le sentenze di proscioglimento per i reati oggetto di citazione diretta indicati all’art. 550 del Codice di procedura penale (contravvenzioni, delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla pena detentiva e altri reati specificamente indicati). Restano appellabili le decisioni di proscioglimento per i reati più gravi e le sentenze di condanna per i reati a citazione diretta nei casi in cui l'ordinamento vigente consente l’appello delle sentenze di condanna da parte del p.m. (per esempio: mancato riconoscimento di circostanze ad effetto speciale; riqualificazione del reato). Copyright © - Riproduzione riservata