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Archivio newsProprietà privata: sono alienabili le terre gravate da usi civici
La Corte Costituzionale ha affermato che il regime di inalienabilità delle terre di proprietà privata su cui insistono usi civici, “si dimostra totalmente estraneo alla tutela di interessi generali” “sotto qualunque prospettiva lo si consideri”: l’inalienabilità non ha alcuna ragionevole connessione con lo scopo di assicurare la funzione sociale della proprietà privata. Pertanto, con la sentenza n. 119 del 15 giugno 2023, la Corte ha dichiarato l’illegittimità della normativa che non esclude dal regime della inalienabilità le terre di proprietà di privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati.
Con la sentenza n. 119 del 15 giugno 2023, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 3, comma 3, della legge n. 168 del 2017 “nella parte in cui, riferendosi ai beni indicati dall’art. 3, comma 1, non esclude dal regime della inalienabilità le terre di proprietà di privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati”. In sostanza, la previsione della inalienabilità delle terre di proprietà privata gravate da usi civici, introdotta dalla legge n. 168 del 2017, si pone in contrasto con gli artt. 3 (diritto di uguaglianza) e 42 secondo comma (diritto alla proprietà privata), della Costituzione. La Corte precisa che, in caso di alienazione delle terre di proprietà privata, i diritti di uso civico seguono il bene e i componenti della collettività continuano a poter esercitare tutte le facoltà che gli usi civici conferiscono loro. Al contempo, il diritto di proprietà circola preservando sulla terra il vincolo paesaggistico, che impedisce al proprietario di apportare modificazioni pregiudizievoli per gli usi civici. Di conseguenza, “chiunque acquisti il fondo non può compiere alcun atto che possa compromettere il pieno godimento promiscuo”, nonché il valore paesaggistico ambientale correlato alla conservazione degli usi civici. La Corte ha, pertanto, affermato che il regime di inalienabilità delle terre di proprietà privata su cui insistono usi civici, che non era previsto dalla legislazione antecedente a quella del 2017, “si dimostra totalmente estraneo alla tutela di interessi generali” “sotto qualunque prospettiva lo si consideri”: l’inalienabilità non ha alcuna ragionevole connessione con lo scopo di assicurare la funzione sociale della proprietà privata. Conclusivamente, la norma censurata determina una “irragionevole conformazione e, di riflesso, una illegittima compressione della proprietà privata”. Copyright © - Riproduzione riservata
Corte Costituzionale, sentenza 15/06/2023, n. 119