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Salario minimo: verso il recepimento della direttiva UE. Obiettivi e modalità

Con l’approvazione della legge di delegazione europea 2022 - 2023, prende forma il percorso per il recepimento, da parte degli Stati membri, della direttiva UE 2022/2041 relativa al salario minimo. L’obiettivo della direttiva è migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione istituendo un quadro normativo per l’adeguatezza dei salari minimi legali e la promozione della contrattazione collettiva. Il recepimento della direttiva si inserisce in un dibattito assai vivace portato avanti in questi ultimi anni, tenuto presente anche che il provvedimento non obbliga però gli Stati membri ad introdurre un salario minimo legale. Quali saranno i prossimi passi?

Riparte il dibattito sul salario minimo. Da una parte la proposta dei partiti della minoranza, dall'altra il diverso avviso del Governo. La Direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea deve essere recepita nel diritto nazionale dei Paesi membri entro il 15 novembre 2024. L’Italia anticipa i tempi e con l’approvazione con procedura d’urgenza il Consiglio dei Ministri del 15 giugno 2023 delega il Governo a recepire alcune direttive europee e altri atti dell’Unione Europea con la Legge di delegazione europea 2022 - 2023. In materia di lavoro detto recepimento interessa in particolare: - la direttiva (UE) 2022/431 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2022, sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da un’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni; - la Direttiva (UE) 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea; - la Direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento europeo e del Consiglio del 10 maggio 2023 volta a rafforzare l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione. Direttiva sui salari minimi: gli obiettivi e il dibattito in corso Il recepimento della Direttiva relativa ai salari medi si inserisce in un dibattito assai vivace portato avanti in questi ultimi anni. Fermo restando che la direttiva si pone l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita e di lavoro nell’Unione istituendo un quadro per: - l’adeguatezza dei salari minimi legali; - la promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari; - il miglioramento dell’accesso effettivo di lavoratori e lavoratrici al diritto alla tutela garantita dal salario minimo ove previsto dal diritto nazionale e/o da contratti collettivi. La stessa Direttiva afferma che in questo contesto la contrattazione collettiva a livello settoriale e intersettoriale è un fattore essenziale per conseguire la tutela garantita dai salari minimi e deve pertanto essere promossa e rafforzata. E’, infatti, parere condiviso da molti che se fissati a livelli adeguati, i salari minimi - sia che derivino dal diritto nazionale sia da contratti collettivi - proteggono il reddito dei lavoratori e contribuiscono a garantire una vita dignitosa, in linea con gli obiettivi perseguiti dalla convenzione n. 131 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) del 1970 sulla fissazione del salario minimo. In tale ottica la direttiva in argomento si applica a tutti i lavoratori e le lavoratrici che hanno un contratto di lavoro o un altro rapporto di lavoro come definito dalle leggi, dai contratti collettivi o dalle prassi in vigore in ciascuno Stato membro dell’Unione. Peraltro, la Direttiva non obbliga gli Stati membri ad introdurre un salario minimo legale, a rendere un contratto collettivo universalmente applicabile e lascia gli Stati membri liberi di decidere sulla determinazione di salari minimi legali, sul loro livello e sull’accesso a tale tutela così come gli Stati possono introdurre misure o contratti collettivi più favorevoli per lavoratori e lavoratrici. Secondo il 25° considerando gli Stati membri con una bassa percentuale di lavoratori a basso salario mostrano un tasso di copertura della contrattazione collettiva superiore all’80 per cento, il che porta ad affermare che uno Stato membro con un tasso di copertura della contrattazione collettiva inferiore all’80% dovrebbe adottare misure volte a rafforzare tale contrattazione collettiva. Ciascuno Stato membro con una copertura della contrattazione collettiva inferiore a una soglia dell’80% dovrebbe fornire un quadro di condizioni favorevoli alla contrattazione collettiva e istituire un piano d’azione per promuovere la contrattazione collettiva al fine di aumentare progressivamente il tasso di copertura della contrattazione collettiva. Per il considerando 28° “I salari minimi sono considerati adeguati se sono equi rispetto alla distribuzione salariale dello Stato membro pertinente e se consentono un tenore di vita dignitoso ai lavoratori sulla base di un rapporto di lavoro a tempo pieno. L’adeguatezza dei salari minimi legali è determinata e valutata da ciascuno Stato membro tenendo conto delle proprie condizioni socioeconomiche nazionali, comprese la crescita dell’occupazione, la competitività e gli sviluppi regionali e settoriali. Ai fini di tale determinazione, gli Stati membri dovrebbero tenere conto del potere d’acquisto, dei livelli e degli sviluppi della produttività nazionale a lungo termine, nonché del livello dei salari, della loro distribuzione e della loro crescita”. Nel 2022 i sindacati CGIL CISL UIL valutarono come positiva l’approvazione in via definitiva della Direttiva sui salari minimi adeguati in Europa da parte del Consiglio dell’Unione Europea” osservando che la Direttiva riconosce che la via della contrattazione “è quella maestra per ottenere condizioni economiche adeguate e diritti per i lavoratori e per questo non prevede obblighi per i paesi, come l’Italia, in cui oltre l’80% dei lavoratori sono coperti dalla contrattazione”. Il dibattito si è però via via sviluppando anche nella considerazione che risulta nella documentazione per l’esame dei Progetti di legge predisposta dal Servizio Studi della Camera dei Deputati che evidenzia che il tasso di copertura della contrattazione collettiva in Italia in una statistica del 2019 a cura dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro era pari al 99%. Non solo, dal rapporto ISTAT sui contratti collettivi e retribuzioni contrattuali dell’aprile 2022 risulta la retribuzione contrattuale, presa in riferimento per l’indagine tenendo conto di tutti gli elementi retributivi aventi carattere generale e continuativo emerge l’estrema variabilità del concetto di retribuzione nel nostro Paese stante che essa è composta da un complesso di voci fra cui paga base, aumenti periodici di anzianità, indennità di turno ed altri indennità di carattere generale, mensilità aggiuntive e altre erogazioni corrisposte regolarmente in specifici periodi dell’anno. Dato per acquisito il dettato dell’art. 36 della Costituzione per cui “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” non sembra compito agevole quello affidato al Governo in tema di salario minimo per legge considerato che la Direttiva 2022/2041 prevede anche che gli Stati membri effettuino il monitoraggio dell’applicazione di quanto disposto in tema di salario minimo, rendano pubblicamente disponibili tutte le informazioni ad essi pertinenti, garantiscano che lavoratori e lavoratrici abbiano accesso a una risoluzione delle controversie efficace, tempestiva e imparziale e al diritto di ricorso e applichino sanzioni per le violazioni dell’obbligo derivante dal recepimento della direttiva. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/07/03/salario-minimo-recepimento-direttiva-ue-obiettivi-modalita

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