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Archivio newsBonus lavoratori del turismo: modalità applicative, con qualche criticità
La legge di conversione del decreto Lavoro prevede un incentivo per i lavoratori del comparto turistico. In particolare, viene stabilito che, per il periodo dal 1° giugno al 21 settembre 2023, ai lavoratori interessati è riconosciuto un trattamento integrativo speciale, pari al 15% delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario effettuato nei giorni festivi. Se da un lato è positiva l’agevolazione per un settore che soffre per la difficoltà del reclutamento estivo, dall’altro vengono alla già luce alcune problematiche applicative. Manca un perimetro chiaro rispetto al campo di applicazione del datore di lavoro e occorre meglio chiarire qual è la documentazione e come deve essere presentata dal lavoratore che chiedere il trattamento integrativo. Quali sono le ulteriori questioni operative da risolvere?
Con la pubblicazione della legge n. 85 del 2023, di conversione del decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023), vengono recepiti diversi emendamenti integrativi ed innovativi rispetto alle previsioni del testo originario del “decreto primo maggio”. Tra le diverse novità introdotte dalla legge di conversione, tra le quali rileviamo la disciplina del contratto a termine (in tema di rinnovi contrattuali) o la proroga del lavoro agile riservata ai lavoratori fragili o ai genitori con figli under 14 anni (alle condizioni già previste dai decreti stessi, più volte prorogati), emerge una disposizione propria del comparto turistico ed alberghiero di sicuro interesse pratico per gli addetti al settore. Detassazione del lavoro notturno e festivo nel turismo In effetti l’art. 39 bis della legge n. 85/2023, rubricato “Detassazione del lavoro notturno e festivo per i dipendenti di strutture turistico-alberghiere”, conduce verso la creazione, non proprio di nuova istituzione, di una diversa aliquota fiscale rimessa all’istituto della maggiorazione per il lavoro festivo e notturno proprie (diremo endemiche) del comparto turistico. Una aliquota fiscale diversa da quelle ordinarie, nell’intento, meritorio, di valorizzare maggiormente quell’attività maggiormente gravosa resa in periodi specifici dell’estate 2023. La lettura del disposto in parola, in realtà, tradisce la rubrica stessa laddove la detassazione lascia il posto alla creazione di un elemento integrativo che, con le aliquote fiscali, sembra non avere nulla a che fare. La norma e le problematiche La previsione in discussione muove da una evidenza pacifica. L’anno 2023 risente, per mille determinazioni, della difficoltà del reclutamento estivo in quei settori che, troppo spesso, non sono stati considerati come trainanti l’economia nazionale. La previsione di un abbattimento fiscale al fine di incentivare (o, forse, premiare) i lavoratori del comparto turistico in un determinato periodo dell’anno (nel caso di specie, l’estate) risulta chiaramente condivisibile, soprattutto in favore di quelle redditualità non particolarmente elevate. Ciò non di meno, una norma che dispone la corresponsione di un “trattamento integrativo speciale” va dunque letta con attenzione e compresa nelle sue tematiche applicative. Al comma primo viene, infatti, previsto come “per il periodo dal 1° giugno 2023 al 21 settembre 2023 ai lavoratori del comparto del turismo, ivi inclusi gli stabilimenti termali, è riconosciuto un trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15% delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del D.Lgs n. 66/2003, effettuato nei giorni festivi”. In attesa, ovviamente, dei chiarimenti amministrativi in materia, quanto mai necessari, è già possibile ipotizzare alcune difficolta applicative del disposto in parola: - se il periodo temporale è evidentemente circoscritto e definito all’estate 2023, manca un perimetro chiaro rispetto al campo di applicazione del datore di lavoro ovvero di quel “comparto del turismo” che appare incerto nella sua identificazione. Ad esempio, se alcuni settori (l’alberghiero in primis) risultano sicuramente compresi, c’è da chiedersi se il settore ristorativo, magari in località non turistiche, o i pubblici esercizi in generale saranno ricompresi nell’alveo dell’art 39 bis; - invero, vi sono poi molte attività le quali hanno una spiccata intensificazione ciclico statistica fortemente legate al turismo in sé (manutenzione di impianti balneari o/e montani, attività commerciali aperte solo nei poli turistici, etc) che astrattamente potrebbero comunque risentire degli effetti benevoli della “detassazione” (soprattutto nelle giornate festive). Una identificazione, per quanto alle imprese, rimessa ai codici ATECO appare quanto mai necessaria (ma sarà cura dell’Agenzia delle Entrate intervenire nel merito); - l’agevolazione viene rimessa alla determinazione di una base imponibile pari alla somma tra: 1) le “retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno”; 2) e le “prestazioni di lavoro straordinario, ai sensi del decreto legislativo 8 aprile 2002 n.66, effettuato nei giorni festivi”. In questo caso, a rigor di norma, si dovrebbe tener conto dello straordinario festivo (e non del lavoro festivo in sé) da determinarsi secondo il D.Lgs. n. 66/2003 e, quindi, non secondo la contrattazione collettiva (quindi lo straordinario festivo si verificherebbe solo se vi fosse superamento dell’orario normale ordinario e non di un eventuale orario giornaliero); Una volta determinato l’imponibile, sarà cura del sostituto di imposta erogare un 15% di tale valore a titolo di trattamento integrativo speciale, chiaramente sente ai fini fiscali e contributivi. Presupposti soggettivi Al fine del riconoscimento di questo elemento integrativo, devono però coesistere due condizioni soggettive, riferite al lavoratore/trice: - ai sensi del secondo comma art 39 bis, il reddito da lavoro dipendente del percipiente non deve aver superato nel 2022 40.000 euro; - il sostituto d’imposta riconoscerà il trattamento integrativo speciale solo su richiesta del lavoratore, con attestazione per iscritto dell’importo del reddito anno 2022; Chiaramente, attesa la natura del trattamento (che dovrà essere compensato con modello F24), appare necessaria non tanto una dichiarazione ma la produzione di documentazione atta a corroborare il reddito percepito (CU o modello 730) al fine di evitare erogazioni illegittime per mancanza dei presupposti. Questioni operative Per quanto la norma appare condivisibile sotto il profilo della ratio, l’operatività pragmatica non pare libera da tematiche. Basti pensare a questo: - in attesa dei chiarimenti dell’Amministrazione Finanziaria (basti pensare alla creazione di un codice tributo) deve rilevarsi come tutti i dipendenti cessati dal 1° giugno ad oggi potrebbero vantare il riconoscimento di tale elemento, imponendo ai sostituti di imposta la riapertura di buste paga (o la valutazione in ordine alla convenienza o meno); - in una logica di tipo predittivo, propria di ogni interprete del diritto del lavoro, forse converrebbe erogare il trattamento solo a termine del 21 settembre 2023, ovvero quando la base di calcolo sia compita e definita; - con ogni probabilità, le aziende si troveranno a dover ragionare in termini di “arretrati” dato che le retribuzioni di giugno 2023 sono in fase di elaborazione “avanzata” e prossime al pagamento; Attendiamo dunque i chiarimenti necessari. Speriamo con sana urgenza pragmatica. Copyright © - Riproduzione riservata