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Archivio newsPrevidenza complementare: nuove prospettive nella delega fiscale
Attraverso l’intervento della delega fiscale è altamente probabile che si intervenga per rilanciare la previdenza complementare. In particolare, è prevista la revisione del sistema di tassazione dei rendimenti delle attività delle forme pensionistiche complementari secondo il principio di cassa. Attualmente nella fase di accumulo, al risultato di gestione delle forme complementari è applicata un’imposta sostitutiva pari al 20% a fronte dell’aliquota del 26% applicata agli altri strumenti di risparmio. Inoltre, si ritiene del tutto ragionevole che si superi anche per i fondi pensione la tassazione annuale dei rendimenti maturati. Quali potrebbero essere gli altri interventi?
Per meglio comprendere quali saranno le misure concrete che verranno poste in essere dal Governo in ambito previdenziale nella prossima legge di Bilancio occorre attendere settembre quando verrà presentata la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanze da cui sarà più chiaro il quadro di contesto di finanza pubblica per individuare le coperture necessarie. Con riferimento alla leva fiscale particolare attenzione deve, invece, essere rivolta alla delega fiscale. La valenza della previdenza complementare Nel frattempo, proseguono gli incontri tecnici tra il neo costituito presso il Ministero del Lavoro “Osservatorio per il monitoraggio e la valutazione dell’impatto della spesa previdenziale e le Parti Sociali”. Dopo il primo incontro dell'11 luglio sulle tutele previdenziali dei giovani “contributivi” e lo spostamento di quello del 18 luglio al 26 luglio con oggetto la flessibilità in uscita è calendarizzato un nuovo incontro l’11 settembre sui lavori gravosi e le pensioni delle donne. Data da cerchiare in agenda è poi il 18 settembre quando ci si concentrerà sul come valorizzare e rilanciare la previdenza complementare che, come sottolineato anche dalla Corte dei Conti nel recente Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica, può svolgere un ruolo nell’assicurare un equo tasso di sostituzione complessivo a coloro che andranno in quiescenza con il sistema di calcolo interamente contributivo. Nel possibile menu degli interventi vi è un restyling, anche alla luce dell’esperienza maturata dal nostro Paese e di alcuni significativi case histories stranieri di quella che si definisce come “architettura delle scelte” con particolare riferimento al silenzio assenso, campagne istituzionali di educazione previdenziale e, last but not least, la leva fiscale con riferimento alla quale sguardo di particolare attenzione va rivolto alla delega fiscale approvata lo scorso 12 luglio dalla Camera dei Deputati. Cosa prevede la delega fiscale? Per quel che riguarda l’IRPEF, così come riportato nello specifico Dossier dei Servizi Studi di Camera e Senato, con riferimento agli aspetti generali si intende anzitutto perseguire la revisione e la graduale riduzione dell’IRPEF, nel rispetto del principio di progressività e nella prospettiva di transizione del sistema verso l'aliquota impositiva unica. Tale finalità è perseguita mediante il riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote di imposta, delle detrazioni dall'imposta lorda e dei crediti d'imposta, tenendo conto delle loro finalità, con particolare riguardo alla composizione del nucleo familiare e ai costi sostenuti per la crescita dei figli, e, per effetto delle modifiche apportate in sede referente,- in particolare di quelli in cui sia presente una persona con disabilità; alla tutela del bene casa, in proprietà o in locazione (come specificato in Commissione) e di quello della salute delle persone, dell'istruzione, della previdenza complementare, nonché degli obiettivi di miglioramento dell'efficienza energetica e della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio esistente, nonché, sempre per effetto delle modifiche in sede referente - di rigenerazione urbana e rifunzionalizzazione edilizia, valutando anche le esigenze di tutela, manutenzione e conservazione dei beni culturali. Quali sono gli elementi del dibattito? Utile riportare in primo luogo le riflessioni recentemente proposte dalla Covip in occasione della presentazione della propria Relazione annuale. Eventuali interventi di modifica dell’assetto degli incentivi fiscali andrebbero valutati per agevolare prima di tutto l’inclusione nel sistema previdenziale delle fasce più deboli di lavoratori e per raggiungere una maggiore equità intergenerazionale, si sottolinea. In questa prospettiva, l’innalzamento del limite di deducibilità appare strumento poco incisivo considerando che solo i lavoratori delle fasce di reddito più elevate sono in grado di dedurre i contributi fino al limite massimo, come mostrato da un contributo mediamente pari a 2.770 euro. La crescente incidenza di carriere discontinue e frammentate, spesso accompagnate da curve salariali piatte, evidenzia che chi più avrebbe bisogno di un’integrazione del reddito pensionistico è paradossalmente meno in grado di partecipare alla previdenza complementare. In questo contesto gli attuali incentivi andrebbero rimodulati in funzione del reddito degli iscritti eventualmente prevedendo un intervento diretto dello Stato a sostegno delle posizioni pensionistiche di determinate categorie, e in particolare dei più giovani. Questo meccanismo avrebbe il vantaggio di rendere ‘tangibile’ il beneficio monetario dell’agevolazione, al contrario della deduzione la quale, confusa fra le altre voci della busta paga del lavoratore, è di non immediata e agevole percezione. Ulteriori interventi diretti a tenere meglio conto della diffusione di percorsi di carriera più discontinui potrebbero andare nella direzione di definire alcuni meccanismi di incentivo, come ad esempio i limiti ai contributi deducibili, non più su base annuale bensì pluriennale, evitando così di penalizzare coloro che non sono in grado di destinare ogni anno alla previdenza complementare un flusso stabile di contributi e per altro verso incentivando l’adesione e la contribuzione di lavoratrici e lavoratori i cui redditi sono più volatili, come in molti casi del variegato panorama del lavoro autonomo. Va ancora ricordato come Assoprevidenza auspichi l’innalzamento del limite di deducibilità, ancora fermo “all'equivalente di 10 milioni di vecchie lire". La tassazione dei rendimenti La delega fiscale prevede poi la revisione del sistema di tassazione dei rendimenti delle attività delle forme pensionistiche complementari secondo il principio di cassa. Attualmente nella fase di accumulo, al risultato di gestione delle forme complementari è applicata un’imposta sostitutiva pari al 20% (ovvero al 12,50% per la parte del risultato di gestione derivante dalla detenzione di titoli di Stato e assimilati) a fronte dell’aliquota del 26% applicata agli altri strumenti di risparmio. La Covip ritiene del tutto ragionevole che, si superi anche per i fondi pensione la tassazione annuale dei rendimenti maturati. Va poi riportata la posizione dell’Ania nell’ambito di una specifica Audizione parlamentare in cui ha espresso l’auspicio che la riforma costituisca l’occasione per il passaggio del sistema di tassazione dall’attuale “ETT” a un assetto “EET” che esenti da tassazione la prestazione previdenziale in corso di costituzione, con la conseguente destinazione delle somme ordinariamente assorbite da tale prelievo all’effettuazione di ulteriori investimenti a supporto della posizione previdenziale in via di costituzione. Al riguardo è stata ulteriormente rimarcata la necessità di garantire al comparto della previdenza complementare una tassazione che possa effettivamente definirsi di favore, circostanza che attualmente non ricorre, atteso che sui rendimenti netti delle relative gestioni annuali opera un prelievo al 20%, di poco inferiore a quello ordinario sulle rendite finanziarie (26%) e di molto superiore a quello sui rendimenti dei titoli del debito pubblico ed equiparati (12,50%). La Banca d’Italia poi sottolinea come sarebbe opportuno che le modifiche vadano nella direzione di allineare il sistema italiano a quello prevalente negli altri paesi europei, che prevede l’applicazione del prelievo solo all’atto dell’erogazione delle prestazioni (sistema EET). In questo modo si rimuoverebbe uno dei principali ostacoli fiscali alla portabilità delle forme di previdenza complementare in ambito europeo. Copyright © - Riproduzione riservata