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Archivio newsPremi di risultato convertiti in previdenza complementare: condizioni e profili contributivi
I piani di welfare aziendale sono sempre più utilizzati dalle imprese per migliorare il benessere dei dipendenti, incrementare la produttività del lavoro e rafforzare l’immagine aziendale. Particolare attenzione è dedicata anche alla possibilità di convertire i premi di risultato, rientranti nei limiti previsti per le agevolazioni fiscali, in contributi alla previdenza complementare. Scelta che non è rimessa unicamente in capo al singolo lavoratore, dovendo trovare la sua principale legittimazione in un accordo collettivo di secondo livello. In merito ai profili contributivi della conversione dei premi in fondi pensione, l’INPS, con la circolare n. 49 del 2023, ha fornito chiarimenti sul contributo di solidarietà dovuto dai datori di lavoro. Qual è il rapporto tra previdenza complementare e welfare aziendale? Quali sono i particolari profili fiscali e contributivi?
Tra i diversi tasselli che compongono il complesso mosaico del welfare aziendale vi è anche la previdenza complementare, con riferimento alla quale l’INPS con la circolare n. 49 del 2023 ha fornito un utile chiarimento per quel che concerne i profili contributivi del premio di risultato che il lavoratore conferisca al fondo pensione di riferimento previsto dalla contrattazione collettiva. La funzione del welfare aziendale Il welfare aziendale rappresenta sempre più una soluzione utilizzata nel dialogo tra imprese e sindacati per incrementare la produttività del lavoro in un clima di concertazione, per migliorare il benessere dei dipendenti, per rafforzare l’immagine aziendale anche “leggendo” le recenti evoluzioni del mercato del lavoro con fenomeni come la Great Resignation dopo l’emergenza pandemica e una maggiore diffusione dello smart working. Va poi evidenziata una funzione contingente assolta dall’utilizzo dei fringe benefits per fronteggiare l’emergenza inflazione anche con transitori innalzamenti operati dai diversi Governi del relativo limite annuo. In particolare, per i periodi di imposta relativi al 2020 e al 2021 si è elevato per i lavoratori dipendenti il limite canonico da 258,23 euro a 516,46 euro e per il 2022 è stato innalzato dal decreto aiuti bis (art. 12) prima a 600 euro e poi dal decreto aiuti quater a 3000 euro prevedendo anche la possibilità di rimborsare le bollette delle utenze domestiche. Anche il decreto lavoro (D.L. n. 48/2023, convertito in L. 85/2023) ha reintrodotto l’innalzamento a 3.000 euro del limite di esenzione di beni e servizi per il 2023, ma solo per i lavoratori dipendenti con figli a carico. La legge di Bilancio 2023 aveva poi previsto tra le diverse misure anche una misura finalizzata a fungere da stimolo al welfare aziendale, tema sul quale il Governo Meloni sembra dedicare particolare attenzione, con la riduzione dal 10% al 5% dell'aliquota dell'imposta sostitutiva sulle somme erogate sotto forma di premi di risultato o di partecipazione agli utili d'impresa ai lavoratori dipendenti del settore privato. Previdenza complementare e welfare aziendale Alla luce della crescente esigenza di integrazione pensionistica va evidenziato come nell’ambito dei piani di welfare aziendale è particolarmente presente, e va adeguatamente considerata da parte dei dipendenti, la previdenza complementare. Riportando le considerazioni espresse dalla Covip con una specifica risposta a quesito di settembre 2019 va ricordato che l’art. 1, commi da 182 a 190, della L. n. 208/2015, oggetto di successive modifiche e integrazioni, prevede agevolazioni, sotto il profilo fiscale e contributivo, per i premi di risultato del settore privato e per le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, nonché per lo sviluppo del welfare aziendale. Infatti, i premi di risultato (o le somme dovute in qualità di partecipazione agli utili) rientranti nei limiti previsti per le agevolazioni fiscali possono essere convertiti, tra l’altro, in contributi alla previdenza complementare e beneficiare delle ulteriori agevolazioni previste. Si evidenzia come la normativa intende valorizzare al tempo stesso sia la contrattazione collettiva sia la volontà individuale del lavoratore. Alla luce delle indicazioni sin qui fornite dall’Agenzia delle Entrate d’intesa con il competente Ministero del lavoro e delle politiche sociali, la Covip fa presente che la scelta in ordine alla conversione del premio di risultato e alla sua devoluzione a previdenza complementare non è rimessa unicamente in capo al singolo lavoratore, dovendo trovare la sua principale legittimazione in un accordo collettivo di secondo livello che lo preveda. Pertanto, in presenza di un contratto collettivo che consenta la conversione dei premi di risultato in contributi alla previdenza complementare, si ritiene che sia necessario tenere in considerazione quanto in esso disposto, per una corretta individuazione delle opzioni esercitabili dai lavoratori interessati. In particolare, i lavoratori potranno destinare tali contributi ad una forma pensionistica complementare anche diversa da quella contrattuale di riferimento, conclude la Autorità di Vigilanza, laddove la contrattazione collettiva aziendale o territoriale non disponga diversamente. I profili fiscali Per quel che riguarda i profili tributari, richiamando le circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 15 giugno 2016 e n. 5/E del 29 marzo 2018, va sottolineato come la legge di Bilancio 2017, ha introdotto misure di particolare favore nelle ipotesi in cui il premio di risultato sia erogato, su scelta del dipendente, sotto forma di contribuzione alla previdenza complementare. In particolare, il premio di risultato erogato sotto forma di contribuzione non è assoggettato a tassazione anche se detti contributi superano il limite di deducibilità dal reddito di euro 5.164,57 previsto dall’art. 8, commi 4 e 6, del D.Lgs. n. 252 del 205 (limite incrementato, limitatamente ai primi cinque anni di contribuzione, di un importo non superiore ad euro 2.582,29 per i lavoratori di prima occupazione). Quale ulteriore misura di favore, è previsto che l’esclusione dal reddito dei contributi versati alla previdenza complementare in sostituzione dei premi di risultato non ha effetti sulla tassazione della prestazione pensionistica. Ne consegue che entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui i contributi sono stati versati, alla forma previdenziale complementare, il contribuente è tenuto a comunicare a quest’ultima sia l’eventuale ammontare di contributi non dedotti, che l’importo dei contributi sostitutivi del premio di risultato che, seppur non assoggettati ad imposizione, non dovranno concorrere alla formazione della base imponibile della prestazione previdenziale. I profili contributivi La circolare INPS n. 49 del 2023 chiarisce i profili contributivi della conversione del premio di risultato in versamento a previdenza complementare. L’Ente previdenziale sottolinea come Il legislatore nulla dispone in materia per cui occorre fare riferimento alla disposizione specifica dettata in materia dall’art. 12 della legge n. 153/1969 (come sostituito dall’art. 6 del D.Lgs n. 314/1997), la quale, pur rinviando all’art. 51 del TUIR per la determinazione del reddito imponibile a fini contributivi, individua una serie di ulteriori fattispecie. In particolare, con riferimento all’assoggettabilità delle somme versate dal datore di lavoro e destinate al finanziamento di forme di previdenza complementare, la lettera f) del comma 4 del citato art. 12 prevede che siano assoggettate al “contributo di solidarietà del 10 per cento di cui all’art. 9-bis del D.L. n. 103/1991, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° giugno 1991, n. 166, e al citato D.Lgs. n. 124 del 1993, e successive modificazioni e integrazioni, a carico del datore di lavoro e devoluto alle gestioni pensionistiche di legge cui sono iscritti i lavoratori”. Pertanto, su avviso del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, le specifiche disposizioni del citato art. 12, nonché dell’art. 16, comma 1, del D.Lgs n. 252/2005, comportano che i contributi versati su richiesta del lavoratore alle forme pensionistiche complementari, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme relative ai premi di risultato di cui al comma 182 dell’art. 1 della legge n. 208/2015, siano assoggettate a un contributo di solidarietà del 10% a carico del datore di lavoro. Copyright © - Riproduzione riservata