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CCNL: la scelta del datore di lavoro non può essere imposta con provvedimento amministrativo

Con provvedimento di disposizione l’Ispettorato del lavoro non può imporre al datore di lavoro di applicare, al posto del CCNL dallo stesso prescelto, un altro contratto collettivo migliorativo sotto il profilo retributivo. E’ quanto deciso dal TAR Lombardia con la sentenza 4 settembre 2023, n. 2046. Infatti, in assenza di un salario minimo previsto (e imposto) per legge, il CCNL da applicare ai propri dipendenti rientra nella scelta discrezionale del datore di lavoro e, salvo il caso di contratti collettivi contenenti previsioni contrarie alla legge oppure riferibili a categorie del tutto disomogenee con quelle in cui opera l’impresa, tale determinazione non è sindacabile nel merito in sede amministrativa o giurisdizionale.

L’ispettorato del lavoro non può imporre al datore di lavoro di applicare, al posto del CCNL dallo stesso prescelto, un altro contratto collettivo migliorativo sotto il profilo retributivo. Difatti, in assenza di un salario minimo previsto (e imposto) per legge, il CCNL da applicare ai propri dipendenti rientra nella scelta discrezionale del datore di lavoro. È quanto afferma il TAR Lombardia con la sentenza 4 settembre 2023, n. 2046 che, a fronte del ricorso presentato da una società cooperativa, ha annullato il provvedimento di disposizione emanato dal personale ispettivo dell’INL. Provvedimento di disposizione Il potere di disposizione consiste nella facoltà attribuita al personale dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) di impartire, a carico del datore di lavoro ispezionato, un adempimento immediatamente esecutivo reso obbligatorio in forma generica dalla legge ma i cui contenuti vengono declinati, di volta in volta, in modo specifico nel provvedimento. In pratica si tratta di un provvedimento, elaborato in forma scritta dal personale ispettivo, col quale si “ordina” al datore di lavoro di eliminare le irregolarità accertate entro un certo lasso temporale (di solito trenta giorni, fatte salve eventuali necessità ampliative da valutare di volta in volta in ragione della natura della violazione accertata) pena l’applicazione, in caso di inottemperanza, di una sanzione.

Potere di disposizione: indicazioni operative dell’INL
Campo di applicazione del provvedimento e raccordo sistematico Il provvedimento si applica: - in tutti i casi in cui viene rilevata un’irregolarità in materia di lavoro e legislazione sociale che non sia già soggetta a sanzione penale o amministrativa; in questo caso si applica il nuovo provvedimento di disposizione previsto dall’art. 14, co. 1, del D.Lgs. n. 124/2004 (come sostituito dall’art. 12 bis della Legge n. 120/2020); - qualora venga accertata una violazione in materia di “prevenzione infortuni” nonché “per l'applicazione di norme obbligatorie per cui sia attribuito all'Ispettorato dalle singole leggi un apprezzamento discrezionale” va applicato, invece, il tutt’ora vigente provvedimento di disposizione previsto dall’art. 10, del D.P.R. n. 520/1955;
Motivazione Trattandosi a tutti gli effetti di un atto amministrativo, è fondamentale che, nella motivazione di questo provvedimento, venga sempre dettagliatamente specificata la fonte (legale o contrattuale) che fa sorgere l’obbligo di ottemperanza a carico del datore di lavoro destinatario;
Conseguenze in caso di inottemperanza - La mancata ottemperanza alla disposizione di cui all’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004 è soggetta alla s.a. da 500 a 3.000 euro (violazione non diffidabile ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004); - La mancata ottemperanza alla disposizione prevista dall’art. 10 del D.P.R. n. 520/1955, continua ad essere punita dall’art. 11, del DPR n. 520/1955: a) con la s.a. da 515 a 2.580 euro (importi così quintuplicati ex art. 1, co. 1177, della L. n. 296/2006); b) con la pena dell'arresto fino ad un mese o dell'ammenda fino a 413 euro, se l’inosservanza riguarda disposizioni impartite dagli ispettori del lavoro in materia di sicurezza o igiene del lavoro;
Ricorso amministrativo: - Per entrambe le fattispecie è ammesso ricorso, entro 15 giorni, al direttore dell’ITL nel cui ambito è stato adottato il provvedimento; - Il direttore decide entro i successivi 15 giorni; - Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto; - Il ricorso non sospende l'esecutività della disposizione;
Ricorso giurisdizionale Trattandosi di un provvedimento finalizzato ad impartire una disposizione esecutiva che incide su un interesse legittimo del destinatario, l’eventuale controversia viene attratta nella giurisdizione amministrativa del TAR; Si fa presente, tuttavia, come l’inottemperanza al provvedimento sia presidiata da una specifica sanzione; conseguentemente vi è pure, a seconda dei casi, una giurisdizione di competenza del giudice ordinario (a fronte dell’emanazione dell’ordinanza di ingiunzione) o di quello penale (a seguito della comunicazione della notizia di reato).
Ipotesi applicative Al fine di indirizzare correttamente l’operato del personale ispettivo, per mezzo della circ. n. 5/2020 l’INL ha evidenziato come il potere di disposizione possa trovare applicazione in relazione al mancato rispetto tanto di norme legali quanto di disposizioni contenute nel contratto collettivo applicato, anche di fatto, dal datore di lavoro. Tuttavia, in quest’ultima ipotesi - fatte salve alcune limitate eccezioni - l’adozione del provvedimento di disposizione va circoscritto alle previsioni contenute nella parte economica e normativa del CCNL (e non, di norma, anche di quella c.d. obbligatoria). Successivamente, con la nota n. 4539 del 15 dicembre 2020, la stessa Agenzia ha fatto un’elencazione, non esaustiva, della casistica applicativa del provvedimento in questione. Limiti ed esclusioni Con la recente sentenza 4 settembre 2023, n. 2046, il TAR Lombardia, in accoglimento del ricorso presentato da un datore di lavoro, ha annullato un provvedimento di disposizione affermando che l’Ispettorato del lavoro non può imporre al datore di lavoro di applicare, al posto del CCNL dallo stesso prescelto, un altro contratto collettivo migliorativo sotto il profilo retributivo. Difatti, in assenza di un salario minimo previsto (e imposto) per legge, il CCNL da applicare ai propri dipendenti rientra nella scelta discrezionale del datore di lavoro e, salvo il caso di contratti collettivi contenenti previsioni contrarie alla legge oppure riferibili a categorie del tutto disomogenee con quelle in cui opera l’impresa, tale determinazione non è sindacabile nel merito in sede amministrativa o giurisdizionale. La decisione trae origine da una verifica a seguito della quale il personale ispettivo dell’ITL di Como-Lecco accertava che i dipendenti della società cooperativa ricorrente, ancorché puntualmente retribuiti sulla base del CCNL “Vigilanza e servizi fiduciari”, percepivano comunque un trattamento economico inferiore rispetto ai canoni di proporzionalità e sufficienza previsti dall’art. 36 della Costituzione. A fronte di tale ipotesi, gli ispettori del lavoro, oltre ai conseguenti recuperi contributivi, adottavano nei confronti del sodalizio un provvedimento di disposizione ex art. 14, D.Lgs. n. 124/2004 contenente l’ordine di corrispondere, ai soci-lavoratori dipendenti, le differenze salariali (comprensive degli arretrati) rideterminate secondo le più elevate tabelle retributive del CCNL Multiservizi. Al riguardo, si evidenzia che la società ricorrente abitualmente svolgeva attività relative a servizi di “guardia non armata, portierato, custodia, reception, revisione e manutenzione delle relative attrezzature” e coerentemente applicava il CCNL per i dipendenti da Istituti e imprese di vigilanza privata e servizi fiduciari sottoscritto dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative anche dei lavoratori, accordo per di più adottato dalla generalità delle imprese del settore dei servizi fiduciari, sia per regolare i rapporti di lavoro col proprio personale, sia per strutturare le rispettive offerte in sede di gara per l’acquisizione in appalto dei servizi stessi. Nel merito, il TAR meneghino, facendo esplicito riferimento all’art. 7, co. 4 del D.L. 248/2007 (conv. in Legge n. 31/2008) afferma che il trattamento complessivo minimo da garantire al dipendente è quello previsto dal CCNL comparativamente più rappresentativo del settore, che funge da parametro esterno di commisurazione della proporzionalità e della sufficienza del trattamento economico da corrispondere al socio-lavoratore ai sensi dell’art. 36 Cost. (cfr. Corte Cost., Sent. n. 51/2015). In relazione all’attività svolta, pertanto, risulta legittima la scelta della ricorrente di applicare il contratto collettivo “vigilanza e servizi fiduciari” ai propri soci-lavoratori ed il CCNL prescelto appare appropriato e idoneo a garantire il trattamento economico proporzionato e sufficiente ai sensi dell’art. 36 Cost. Le seguenti considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/09/20/ccnl-scelta-datore-lavoro-non-imposta-provvedimento-amministrativo

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