News
Archivio newsSalario minimo: qual è il ruolo della contrattazione collettiva secondo il CNEL
Il CNEL, nel primo documento elaborato sulla possibilità di introdurre in Italia il salario minimo per legge, ha fornito alcune riflessioni sul ruolo della contrattazione collettiva. A fronte di un tasso di copertura vicino al 100%, e quindi superiore a quello indicato come parametro dalla direttiva UE 2022/2041, si evidenziando ancora alcune criticità. In particolare, ci si riferisce al problema dei mancati rinnovi contrattuali, sia nel settore pubblico che in quello privato, ed alla presenza dei contratti pirata. Alla luce dell’analisi già effettuata, nella prossima riunione del 12 ottobre il CNEL si propone quindi di discutere non tanto quanta parte della retribuzione debba mantenersi in capo alla contrattazione collettiva, bensì di come estendere le migliori pratiche di contrattazione alla generalità del lavoro.
Nel suo primo elaborato il CNEL non smentisce quanto affermato nel corso dell’udienza parlamentare sul tema del salario unico introdotto per legge e conferma il proprio pensiero sul ruolo della contrattazione collettiva nel nostro Paese. Le indicazioni del CNEL Con il primo documento di 23 pagine approvato dalla Commissione informazione al termine della prima fase dell’istruttoria tecnica e intitolato “Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia il minimo salariale per legge “ il CNEL esprime le prime valutazioni sul tema affidatogli dal Governo sull’opportunità di introdurre un obbligo legale di erogazione di un salario minimo. Il documento, precedentemente approvato dalla Commissione dell’Informazione, con il solo voto contrario della CGIL e l’astensione della UIL, afferma che “nel dibattito pubblico, la povertà lavorativa è spesso collegata a salari insufficienti mentre questa è il risultato di un processo che va ben oltre il salario e che riguarda i tempi di lavoro (ovvero quante ore si lavora abitualmente a settimana e quante settimane si è occupati nel corso di un anno), la composizione familiare (e in particolare quante persone percepiscono un reddito all’interno del nucleo) e l’azione redistributiva dello Stato”. Il CNEL sottolinea come la direttiva UE 2022/2041 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 ottobre 2022 relativa a salari minimi adeguati nell’Unione europea non imponga agli Stati membri alcun obbligo di fissare per legge il salario minimo adeguato bensì esima, là dove esista un robusto ed esteso sistema di contrattazione collettiva, da effettuare ulteriori verifiche o adempimenti. Secondo i dati presenti nell’archivio del CNEL, in Italia il tasso di copertura della contrattazione collettiva si avvicina al 100%, percentuale nettamente superiore all’80% indicato come parametro della direttiva. Esiste indubbiamente il problema dei mancati rinnovi contrattuali, sia nel settore pubblico che in quello privato, così come è reale la presenza dei contratti pirata, A questo proposito il Documento afferma che “….. le categorie che aderiscono a CGIL, CISL, UIL firmano 211 contratti collettivi nazionali di lavoro, che coprono 13.364.336 lavoratori dipendenti del settore privato (sempre con eccezione di agricoltura e lavoro domestico); gli stessi rappresentano il 96,5 per cento dei dipendenti dei quali conosciamo il contratto applicato, oppure il 92 per cento del totale dei dipendenti tracciati nel flusso Uniemens. I sindacati non rappresentati al CNEL al momento attuale (X consiliatura) firmano 353 CCNL che coprono 54.220 lavoratori dipendenti, pari allo 0,4 per cento dei lavoratori di cui è noto il CCNL applicato.” Pertanto, nella prossima riunione straordinaria del 12 ottobre il CNEL si propone di discutere non tanto quanta parte della retribuzione debba mantenersi in capo alla contrattazione collettiva, bensì come estendere le migliori pratiche di contrattazione alla generalità del lavoro. Il nodo da sciogliere rimane pertanto quello del mai attuato art. 39 della Costituzione italiana. Copyright © - Riproduzione riservata