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Origine delle merci: qual è il principio da rispettare per stabilire il “Made in” di un bene

Le regole della Commissione UE non possono mai precludere la possibilità a un bene di acquisire l’origine (e conseguentemente il Made in) del Paese dove lo stesso ha subito un’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale. Il 21 settembre 2023 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha dichiarato l’invalidità della regola primaria di individuazione del Paese di origine non preferenziale delle merci attribuita dalla Commissione europea ai tubi di acciaio inossidabile. La Corte ha stabilito come la Commissione europea abbia esercitato impropriamente il potere di delega attribuito dal Codice doganale dell’Unione impedendo di fatto che i tubi acquisissero l’origine di un Paese ogniqualvolta ivi subiscano una lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata.

Il 21 settembre 2023 la Corte di giustizia dell’Unione europea, nella causa C-210/22, ha dichiarato l’invalidità della regola primaria di individuazione del Paese di origine non preferenziale delle merci attribuita dalla Commissione europea ai tubi di acciaio inossidabile, classificati nella sottovoce 7304.41 del Sistema Armonizzato di designazione e di codificazione delle merci (”SA”). Con tale pronuncia, la Corte ha stabilito come la Commissione europea abbia esercitato impropriamente il potere di delega attribuito dal Codice doganale dell’Unione (Regolamento UE 952/2013), impedendo di fatto che i tubi acquisissero l’origine di un Paese ogniqualvolta ivi subiscano una lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata. Quando un bene acquisisce l’etichetta Made in In merito alla sentenza, giova premettere che ai sensi dell’articolo 60 del Codice doganale dell’Unione le merci alla cui produzione contribuiscono due o più Paesi o territori devono essere considerate originarie del Paese o territorio in cui hanno subito l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata. Tale norma definisce quando un prodotto acquisisce l’origine non preferenziale e, conseguentemente, quando un bene possa identificarsi come “Made in” un certo Paese. Al fine di precisare i criteri che consentano di determinare quando vi sia una “ultima trasformazione o lavorazione sostanziale” l’articolo 62 del Codice doganale dell’Unione conferisce alla Commissione europea il potere di adottare atti delegati. Nell’esercizio di tale competenza, la Commissione ha adottato il Regolamento delegato (UE) 2015/2446 e, nello specifico, l’articolo 32, stabilendo per alcuni prodotti specifici elencati nell’allegato 22-01 del medesimo Regolamento che gli stessi debbano ritenersi aver “subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, che ha come risultato la fabbricazione di un prodotto nuovo o che rappresenta una fase importante della fabbricazione, nel paese o territorio in cui le norme contenute in tale allegato sono soddisfatte o che è identificato da tali norme”. In sostanza, attraverso il rinvio all’allegato citato la Commissione europea ha identificato per alcuni prodotti delle regole di origine vincolanti che identificano quando un bene possa dirsi aver subito una ultima trasformazione o lavorazione sostanziale. Nel caso oggetto di giudizio, la Commissione aveva identificato per i tubi, trafilati o laminati a freddo, in acciaio inossidabile della sottovoce 7303.41 una regola di origine, secondo cui tali beni potevano essere considerati originari del Paese in cui fosse avvenuta una lavorazione mediante trafilatura o laminazione a freddo a partire da prodotti classificati in un’altra voce del Sistema Armonizzato ovvero da “profilati cavi” della sottovoce 7304.49. Attraverso tale regola, la Commissione escludeva conseguentemente che, ai fini del conferimento dell’origine, potessero essere qualificate come “sostanziali” lavorazioni a partire da “sbozzi di tubi” sempre classificabili alla sottovoce 7304 49. Cosa ha deciso la Corte di Giustizia UE La Corte di Giustizia ha quindi giudicato questa esclusione come ingiustificata e, richiamando un precedente giurisprudenziale (sentenza del 20 maggio 2021, Renesola UK, C-209/20, EU:C:2021:400) ha sottolineato come l’esercizio del potere di delega della Commissione, sebbene discrezionale, sia vincolato al rispetto di determinati obblighi, in particolare al rispetto del criterio discriminante previsto dall’articolo 60 del Codice doganale dell’Unione, secondo cui a determinare l’origine di un prodotto debba essere l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale delle merci, ossia “la fase del processo di produzione nel corso quale tali merci acquisiscono la loro destinazione d’uso nonché proprietà e composizione specifiche, che non possedevano in precedenza e per le quali non sono previste modifiche qualitative importanti in futuro”. L’esame giurisdizionale della fondatezza delle regole contenute all’interno dell’allegato 22-01 del Regolamento delegato 2015/2446 deve quindi accertare, secondo la Corte, quando la Commissione sia incorsa in un errore di diritto e/o in errore manifesto di valutazione nel procedere alla concretizzazione del criterio previsto dall’articolo 60 del Codice doganale dell’Unione. In particolar modo si specifica come la Commissione non possa, senza giustificazioni obiettive, adottare soluzioni che vincolino l’attribuzione dell’origine solo a certe lavorazioni escludendo trasformazioni analoghe che possano comunque definirsi “sostanziali”. Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha quindi concluso, nel caso di specie, qualificando come invalida la regola di origine prevista per i tubi della voce 7304.41 nella misura in cui la Commissione ha previsto che i tubi acquisissero l’origine non preferenziale nel Paese dove venivano realizzati a partire da profilati cavi e non da sbozzi, operazioni a detta della Corte del tutto analoghe e sostanziali. Attraverso tale pronuncia la Corte di Giustizia ha quindi ribadito come l’origine non preferenziale dei beni debba identificarsi unicamente in attuazione del principio stabilito dall’articolo 60 del Codice doganale dell’Unione e che, quindi, le stesse regole di origine identificate dalla Commissione non possano mai precludere la possibilità a un bene di acquisire l’origine (e conseguentemente il Made in) del Paese dove lo stesso ha subito un’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/10/10/origine-merci-qual-principio-rispettare-stabilire-made-in-bene

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