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Archivio newsLe clausole di sostenibilità al vaglio dei nuovi orientamenti societari
Sono stati presentati dal Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie i nuovi orientamenti societari. Tra questi il riconoscimento della legittimità delle clausole dell’atto costitutivo/statuto le quali dettano specifiche regole etiche e/o di sostenibilità che devono essere rispettate nella gestione della società, anche a scapito della massimizzazione dei profitti e della efficienza produttiva.
Il Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie ha presentato i nuovi orientamenti societari.Di seguito vengono evidenziati brevemente alcuni degli orientamenti riportati nel documento. Clausole di sostenibilità In particolare il Comitato evidenzia che nel nostro ordinamento non sussiste alcuna disposizione positiva o principio di diritto che imponga agli amministratori di società lucrative di attuare l’oggetto sociale avendo riguardo al solo interesse dei soci alla massimizzazione dei profitti. Al contrario, l’art. 41, comma 2, della Costituzione, dispone che l’esercizio di una qualunque attività economica, ossia la ricerca di un profitto, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Ne consegue che sono legittime le clausole dell’atto costitutivo/statuto che, fermo restando quanto genericamente disposto dall’art. 41 Cost., dettano specifiche regole etiche e/o di sostenibilità che devono essere rispettate nella gestione della società, anche a scapito della massimizzazione dei profitti e della efficienza produttiva.Dette clausole integrano esclusivamente una modalità di perseguimento del fine di lucro senza aggiungere ad esso un ulteriore fine di utilità sociale, fine quest’ultimo di per sé estraneo al contratto di società come definito dall’art. 2247 c.c. e che pertanto non può essere inserito nell’oggetto sociale. E’ utile evidenziare che sono definite “clausole di sostenibilità” tutte le clausole statutarie che costituiscono espressione di ideali collettivi, valori sociali e principi etici, quali la protezione dell’ambiente, la promozione del lavoro, la cura e il benessere dei dipendenti e della collettività, e in generale di un impegno di salvaguardia dei diversi interessi non economici implicati nell’attività di impresa, potendosi le medesime declinare non solo sul piano della perimetrazione dell’attività che costituisce l’oggetto sociale, ma anche sul piano delle modalità di conseguimento dello stesso, con funzione di definizione delle linee di condotta degli amministratori sia in forma impositiva di strategie o categorie di operazioni, che in forma preclusiva delle stesse. È considerata legittima altresì la clausola statutaria che preveda la destinazione parziale di utili alla cura di interessi correlati alla natura dell’attività di impresa esercitata, a condizione che: - la finalità ideale non assuma connotati idonei a pregiudicare lo scopo lucrativo dell’iniziativa; - la destinazione e il relativo importo non siano predeterminati, essendo la funzione gestoria insuscettibile di essere ridotta a mera esecuzione di un progetto puntualmente determinato. Recesso Il Comitato ritiene legittimo, in caso di recesso per cause diverse da quelle legali, ammettere clausole per determinare il valore di liquidazione delle azioni del socio receduto in maniera inferiore rispetto a quello che risulterebbe applicando i criteri legali previsti dall’art. 2437‐ter c.c. Il sempre maggior interesse per il recesso convenzionale, e la maggior diffusione del ricorso allo stesso negli statuti delle società di capitali, ha portato all’elaborazione del presente orientamento (e alla sua successiva integrazione) che affronta due tematiche distinte, seppur connesse: 1) la determinazione del valore delle azioni in caso di recesso convenzionale, ritenendo legittime, in questo caso, clausole che prevedano un valore di liquidazione del socio receduto inferiore rispetto a quello che risulterebbe applicando i criteri legali previsti dall’art. 2437-ter c.c. e che si giustificherebbe per il fatto che il minor valore di liquidazione conseguito dal socio assolve sostanzialmente alla funzione del corrispettivo per il diritto di recesso; 2) i margini di manovra dell’autonomia privata con riferimento alla disciplina del procedimento di liquidazione delle azioni nelle ipotesi di recesso per cause diverse da quelle legali. Quanto alla prima questione il Comitato segnala che già la dottrina (anche in ambito notarile) aveva ammesso che nel caso di cause convenzionali di recesso fosse consentito prevedere criteri di determinazione del valore delle azioni diversi da quelli previsti dalla legge per le cause legali di recesso. L’orientamento si caratterizza per aver individuato un limite legale alla libera determinazione del valore di recesso per cause convenzionali, limite che deriva dalla sua qualificazione come «corrispettivo» per il suo esercizio, trattandosi di una fattispecie analoga a quella disciplinata in via generale dall’art. 1373, comma 3, c.c., corrispettivo che in quanto tale può essere diminuito equamente dal giudice. L’indirizzo maggioritario «giustifica» il recesso convenzionale accompagnato da clausole derogatorie, anche in senso peggiorativo per il socio rispetto al regime legale della liquidazione delle azioni, costituendo tale disciplina un opportuno “compromesso” tra una più ampia possibilità di “exit” del socio nel caso vengano meno condizioni ritenute essenziali alla sua partecipazione alla società con conseguente possibilità di disinvestimento, e la tutela dell’interesse della società alla protezione della propria integrità e stabilità patrimoniale. Recesso ed esclusione Il Comitato ritiene non possibile derogare statutariamente al termine di centottanta giorni previsto dal quarto comma dell’art. 2473 c.c., per il rimborso della partecipazione al socio receduto con riferimento alle cause di recesso legali ed inderogabili, nulla ostando alla libera determinazione statutaria di modalità e termini diversi se riferiti ad ipotesi in cui il socio esercita il diritto di recesso invocando una causa convenzionale introdotta nello statuto ai sensi del comma 1, primo periodo, dell’art. 2473 c.c. È invece, precluso all’autonomia statutaria di intervenire sulle prescrizioni poste a presidio dell’integrità del capitale sociale, e dunque, finalizzate a tutelare interessi riferibili anche a soggetti terzi Fusione e scissione Il Comitato ritiene ammissibile la scissione, anche non proporzionale, mediante l’assegnazione ad una o più beneficiarie (sia preesistenti che di nuova costituzione) di un insieme di elementi patrimoniali aventi valore contabile complessivo negativo qualora quello corrente sia positivo. Inoltre è ammissibile la scissione, anche non proporzionale, mediante assegnazione ad una o più beneficiarie preesistenti di un insieme di elementi patrimoniali aventi complessivamente valore corrente negativo (prescindendo da quello contabile) qualora ricorrano tutte le seguenti condizioni: a) sia rispettosa dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società coinvolte, se operative, ovvero sia strumentale alla loro liquidazione, se società in scioglimento; b) sia possibile determinare un rapporto di cambio congruo ovvero non sia necessario determinare alcun rapporto di cambio perché si tratta di operazione semplificata; c) l’assegnazione negativa ad una beneficiaria positiva non deve determinare la riduzione del patrimonio netto di questa al di sotto del limite previsto dagli artt. 2447 e 2482-ter c.c.. Non si ritiene invece ammissibile una scissione negativa a valori correnti a favore di una beneficiaria di nuova costituzione non essendo possibile in tale ipotesi coprire in alcun modo il capitale sociale nominale. L’orientamento deve ritenersi applicabile, per identica ratio, anche all’ipotesi della fusione laddove l’incorporante riceva un patrimonio realmente negativo. Copyright © - Riproduzione riservata
Comitato Interregionale dei Consigli notarili delle Tre Venezie, Orientamenti societari, ottobre 2023