Il patto di stabilità e lo straordinario forfettizzato sono due strumenti che se utilizzati dalle imprese possono portare dei vantaggi non solo sui costi ma anche con riguardo alla motivazione ed al senso di appartenenza dei lavoratori. In particolare, il patto di stabilità è molto importante, perché può mirare alla fidelizzazione di alcuni lavoratori e delle correlate competenze in funzione della loro strategicità, nonché salvaguardare gli investimenti formativi fatti su specifico personale con ingenti investimenti da parte dell’azienda. L’uso dello straordinario forfettizzato può essere invece utile per la gestione di figure che svolgono attività ove è complesso controllare l’orario di lavoro: il vantaggio può riguardare l’abbattimento dei costi dovuti alla messa in atto dei sistemi di monitoraggio. Questi strumenti come possono essere utilizzati operativamente in maniera efficace dalle imprese?
Oggi chiunque lavori nelle strutture aziendali HR (Human Resource), ovvero Risorse Umane, sa che deve costruirsi nel tempo una “cassetta degli attrezzi” specifica, tarata sulle esigenze dell’organizzazione (forse organismo) di cui cura le cellule (i lavoratori e le lavoratrici). La caratteristica che differenzia, a parere di chi scrive, un uomo d’azienda e una persona che la vive dall’esterno è che chi è in azienda deve valutare l’impatto degli strumenti utilizzati non solo dal punto di vista del diritto o dei costi, ma anche delle ricadute in relazione alle prospettive cosiddette soft, quali, ad esempio, la motivazione e il senso di appartenenza. Proveremo ad affrontare due strumenti che, tra i tanti, sono contenuti nella cassetta degli attrezzi di ogni HR: il patto di stabilità e lo straordinario forfettizzato, tentando a capirne operativamente gli usi.
Preliminarmente dobbiamo ricordare che il rapporto di lavoro si fonda su un contratto e che qualunque clausola si debba definire è generata dall’incontro delle volontà delle parti contraenti.
Patto di stabilità
In primo luogo, occorre fare alcune premesse operative:
- questo patto deve essere definito temporalmente (ovvero bisogna dare una scadenza) e non può essere indefinito o illimitato. Questo perché, in caso contrario, ci sarebbe il rischio (molto forte) della nullità;
- attenzione al quando farlo. Si consiglia di renderlo efficace a partire dal giorno successivo al termine del periodo di prova, in quanto in questo periodo le parti hanno la possibilità della libera recedibilità e la contemporanea presenza potrebbe creare un conflitto. Se firmato al momento dell’assunzione è consigliabile posporne l’efficacia.
Dal punto di vista HR, è un patto molto importante, perché può mirare:
- alla fidelizzazione di alcuni lavoratori e delle correlate competenze in funzione della loro strategicità;
- a salvaguardare gli investimenti formativi fatti su specifico personale con ingenti investimenti da parte dell’azienda (si pensi al personale di volo).
Per entrare nelle caratteristiche diremo che il patto di stabilità è quel patto che definisce contrattualmente un periodo minimo nel rapporto di lavoro all’interno del quale le parti non sono libere di recedere (salvo ovviamente per giusta causa). A fronte di questa compressione della libertà delle parti, vengono previste solitamente due clausole, ossia quella della penale a cui si aggiunge quella inerente all’indennità economica a favore del lavoratore. |
L’
indennità economica a favore del lavoratore generalmente è prevista quando la richiesta della stipulazione del patto parte dal datore di lavoro (che è generalmente il promotore del patto). L’indennità economica, come accade per altri patti come, ad esempio, quello di non concorrenza, deve essere
congrua e
adeguata. Stante la particolare soggettività del patto, è necessario fare un’analisi puntuale a questo riguardo, soprattutto in funzione dell’inquadramento del lavoratore, dell’ambiente nel quale il rapporto si svolge e in relazione agli elementi accessori, se previsti.
La
penale, altro elemento normalmente da inserire, è una somma che la
parte che
non “rispetta” il
patto deve erogare all’altra in caso di recesso ante tempus. È opportuno sempre inserirla, perché, in caso contrario, il risarcimento del danno che le parti potranno chiedere sarà rimesso alla giurisprudenza, con tutte le implicazioni del caso. Nel definire la penale bisogna rifarsi ad elementi i più oggettivi possibili per entrambe le parti. Ad esempio, per il lavoratore/datore di lavoro la penale può essere stabilita pari a tutte le mensilità mancanti al termine del patto (questo criterio è un criterio favorito dalla giurisprudenza che considera l’avvicinamento al limite stabilito come progressivo riduttivo del danno), mentre per il datore di lavoro la penale può essere pari alle spese di formazione sostenute o ad altri esborsi sostenuti.
Straordinario forfettizzato
L’ambito nel quale è inserito lo straordinario forfettizzato è quello del superamento dell’orario di lavoro normale (
40 ore, ovvero quello stabilito dalla contrattazione collettiva), che ricordiamo non può superare le
48 ore (compreso lo straordinario). L’uso dello straordinario forfettizzato può essere utile per la gestione di talune figure che svolgono attività ove è complesso controllare l’orario di lavoro (ad esempio, installatori o manutentori termoidraulici), oppure di quelle figure che non hanno un orario predeterminato (ad esempio, personale con funzioni direttive o in taluni casi i quadri).
Quali vantaggi può dare l’uso di tale strumento per le aziende dal punto di vista soft? Sicuramente la
motivazione e la
fidelizzazione (le persone non si sentono controllate e non debbono rendicontare costantemente la loro attività), l’
abbattimento dei
costi dovuti alla messa in atto dei sistemi di monitoraggio e controllo, nonché la riduzione del costo del lavoro.
Passando agli aspetti operativi, ricordiamo che la giurisprudenza pone
due limiti al suo uso. Il primo legato al
totale delle
ore previste dalla forfettizzazione ed al compenso, che, se superato, darebbe diritto, secondo i giudici, al pagamento delle ore che eccedono le ore previste dal patto. Il secondo limite posto dalla giurisprudenza è quello che prevede che, se il lavoratore ha un patto di forfettizzazione e
non fa
straordinari per
lungo tempo, il compenso del patto possa essere assimilato ad un
superminimo. Per questo motivo, è importante fissare un termine, anche se distante come scadenza, al patto.
Dal punto di vista pratico, l’accordo (ovviamente scritto) deve contenere la
definizione del
compenso in
maniera analitica (a quante ore di lavoro corrisponde lo straordinario) e, se possibile, si deve determinare la quantità delle ore corrispondenti sulla media di un periodo congruo (ad esempio, dei 2 anni precedenti) dello straordinario effettuato.
Sul libro unico, la presenza del lavoratore va comunque inserita e, al riguardo, è ipotizzabile l’utilizzo della “P” per indicare detta presenza, secondo quanto previsto dal punto 22, lettera B, del vademecum del 2008, ove si legge che la disciplina vigente riferisce al Libro Unico la identica previsione contenuta nell'abrogato art. 20, comma 2, del DPR n. 1124/1965, deve pertanto ritenersi che i soggetti per i quali non si devono registrare analiticamente le ore di lavoro sono i medesimi del previgente regime e, in specie, quei lavoratori che non sono assoggettati ai limiti orari di cui al D.Lgs. n. 66/2003: personale con mansioni direttive, capi reparto, dirigenti, quadri, e simili. Per questi lavoratori, si potrà registrare, dunque, solo l’orario contrattuale più le eventuali assenze, ovvero indicare solo la “P” di presenza più le assenze. Vanno invece registrate analiticamente le ore di lavoro dei lavoratori “standard”, cioè di quelli comunque soggetti alla normativa in materia di orario di lavoro, pure sé retribuiti con retribuzione mensile anziché oraria. |
Un punto di criticità è rappresentato dalla questione inerente al
corrispettivo economico, ossia se quest’ultimo debba essere incluso nelle
mensilità aggiuntive. Al riguardo occorre evidenziare che in dottrina ci sono delle differenziazioni, posto che la giurisprudenza ha più volte affermato che lo straordinario forfettario deve intendersi come
elemento continuativo della
retribuzione.
La soluzione potrebbe essere quella di considerare lo straordinario annuo (quindi su 11 mensilità, escludendo teoricamente il mese in cui per legge si deve godere delle ferie), dividendo la somma che si ottiene per il numero di mensilità previste dal contratto (quindi ordinarie e aggiuntive), andando, infine, ad inserire il risultato ottenuto nella testata del Libro Unico del lavoro.
EsempioStraordinario forfettizzato previsto: 502,73 euro mese. Totale annuo: euro 502,73 x 11mesi =
euro 5.530,00.
Somma da indicare nella testata del Libro Unico del lavoro: euro. 5.530,00 diviso 14 (mensilità previste dal CCNL) =
euro 395,00.
Ultimo tema da affrontare è quello del TFR, ovvero se lo straordinario forfettizzato sia utile per il calcolo del TFR. Stante il tenore dell’art. 2120, c.c., salvo che la contrattazione non dica qualcosa di diverso, il compenso previsto per lo straordinario forfettizzato va
incluso nel
calcolo del TFR. In tal senso, pertanto, non paiono difendibili eventuali clausole contenute nell’accordo che vedano incluso il TFR nella somma indicata come compenso per straordinario forfettizzato. Una buona soluzione potrebbe, quindi, essere quella di stipulare un contratto di secondo livello che escluda dal calcolo il compenso derivante dallo straordinario forfettizzato.
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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2023/11/06/patto-stabilita-straordinario-forfettizzato-vantaggi-modalita-utilizzo-imprese