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Archivio newsSicurezza sociale: ritiro del modello A1 anche senza avviamento preliminare della procedura di dialogo
L’istituzione emittente di un certificato A1, la quale, a seguito di un riesame d’ufficio degli elementi che sono alla base del rilascio di tale certificato, constati l’inesattezza di tali elementi, può ritirare detto certificato senza avviare preliminarmente la procedura di dialogo e di conciliazione prevista dalla normativa relativa al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale con le istituzioni competenti degli Stati membri interessati al fine di determinare la legislazione nazionale applicabile. A deciderlo la Corte di Giustizia UE nella sentenza del 16 novembre 2023 relativa alla causa C-422/22.
È stato chiesto alla Corte di Giustizia UE di fornire chiarimenti, nella causa C-422/22 in merito ad una controversia tra l’Istituto della previdenza sociale della Polonia (ZUS) e TE in merito alla decisione dello ZUS di ritirare il certificato A1 rilasciato a TE attestante l’assoggettamento di quest’ultimo alla normativa polacca in materia di sicurezza sociale per il periodo compreso tra il 22 agosto 2016 e il 21 agosto 2017. Il caso TE è un imprenditore iscritto nel registro delle imprese polacco e che esercita un’attività autonoma i cui redditi sono tassati in Polonia, ha firmato, l’11 agosto 2016, un contratto con una società con sede a Varsavia (Polonia) in forza del quale egli doveva fornire talune prestazioni di servizi in Francia, nell’ambito di un progetto determinato, a partire dal 22 agosto 2016 e fino alla fine di tale progetto. Sulla base di tale contratto, lo ZUS ha rilasciato un certificato A1 il quale attestava, in applicazione dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 987/2009, che TE rientrava nell’ambito di applicazione della normativa polacca in materia di sicurezza sociale per il periodo compreso tra il 22 agosto 2016 e il 21 agosto 2017. A seguito di un riesame d’ufficio, lo ZUS ha constatato che, nel corso del periodo controverso, TE esercitava la sua attività in un solo Stato membro, vale a dire la Repubblica francese. Pertanto, con decisione del 1º dicembre 2017 lo ZUS, da un lato, ha ritirato detto certificato A1 e, dall’altro, ha constatato che TE non era soggetto alla legislazione polacca durante detto periodo. Lo ZUS ha adottato tale decisione senza seguire preliminarmente la procedura prevista al fine di un coordinamento con l’istituzione francese competente quanto alla determinazione della legislazione applicabile a TE. A seguito di tale contestazione, sono state sottoposte quindi alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: 1) Se l’istituzione di uno Stato membro che ha emesso un certificato A1 e che, d’ufficio, senza richiesta dell’istituzione competente dello Stato membro interessato, intende annullare/revocare o dichiarare nullo il certificato emesso, sia tenuta a svolgere una procedura di coordinamento con l’istituzione competente di un altro Stato membro, in analogia con le norme applicabili ai sensi degli articoli 6 e 16 del regolamento n. 987/2009; 2) Se la procedura di coordinamento debba essere svolta ancora prima dell’annullamento/della revoca o della dichiarazione di nullità del certificato emesso, oppure se tale decisione di annullamento/revoca o di dichiarazione di nullità sia preliminare e provvisoria e diventi definitiva nel caso in cui l’istituzione dell’altro Stato membro interessato non sollevi obiezioni o non esprima un parere divergente al riguardo». Sentenza della Corte La Corte di Giustizia UE nella sentenza del 16 novembre 2023, rileva che il certificato A1 corrisponde a un formulario rilasciato, conformemente al titolo II del regolamento n. 987/2009, dall’istituzione designata dall’autorità competente dello Stato membro la cui legislazione in materia di sicurezza sociale è applicabile per attestare, secondo i termini, segnatamente, dell’articolo 19, paragrafo 2, di tale regolamento, l’assoggettamento dei lavoratori che si trovano in una delle situazioni di cui al titolo II del regolamento n. 883/2004 alla legislazione di tale Stato membro. La Corte precisa che un certificato A1 può essere ritirato d’ufficio dall’istituzione emittente, vale a dire senza che la medesima sia investita di una domanda di riesame e di ritiro presentata dall’istituzione competente di un altro Stato membro. Infatti, da un lato, poiché l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 987/2009 si riferisce ai certificati A1 «ritirati», senza precisare o limitare le ipotesi di un siffatto ritiro, si deve ritenere che tale disposizione riguardi qualsiasi ipotesi di ritiro di siffatti certificati. Dall’altro lato, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, il carattere vincolante dei certificati A1 nei confronti delle istituzioni degli Stati membri diversi dallo Stato membro emittente si fonda sul principio di leale cooperazione, enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, il quale presuppone anche il principio di fiducia reciproca. In forza di tali principi, l’ente emittente deve procedere ad una corretta valutazione dei fatti che sono alla base del rilascio di tali certificati e ad un esame diligente dell’applicazione del proprio regime previdenziale al fine di garantire l’esattezza delle indicazioni figuranti in detti certificati e, pertanto, la corretta applicazione del regolamento n. 883/2004, e le istituzioni degli altri Stati membri hanno il diritto di attendersi che l’istituzione emittente si conformi a tale obbligo. Tuttavia, sebbene, in forza dell’articolo 5 del regolamento n. 987/2009, la decisione dell’istituzione emittente di revocare un certificato A1, a seguito di una domanda di riesame e di ritiro presentata dall’istituzione competente di un altro Stato membro, debba essere adottata nell’ambito della procedura di dialogo e di conciliazione tra le istituzioni interessate, conformemente alle modalità di applicazione precisate ai paragrafi da 2 a 4 di tale articolo 5, detto articolo non contiene, per contro, alcuna disposizione relativa alle modalità procedurali che devono essere rispettate dall’istituzione emittente che intende revocare d’ufficio un certificato A1. In particolare, l’articolo 5 del regolamento n. 987/2009 non prevede, in un caso del genere, l’obbligo per l’istituzione emittente di adottare la decisione di ritiro rispettando detta procedura di dialogo e di conciliazione. Tenuto conto dell’assenza di previsione specifica di un siffatto obbligo procedurale nel caso in cui l’istituzione emittente intenda ritirare d’ufficio un certificato A1, si deve ritenere che la procedura prevista all’articolo 5, paragrafi da 2 a 4, del regolamento n. 987/2009 non costituisca un presupposto obbligatorio ai fini del ritiro d’ufficio di un certificato A1 da parte dell’istituzione emittente che ha constatato l’inesattezza degli elementi che sono alla base del rilascio di tale certificato. La Corte ricorda inoltre che, col rilascio di un siffatto certificato, l’istituzione competente di uno Stato membro si limita a dichiarare che il lavoratore interessato è soggetto alla normativa di tale Stato membro. Pertanto, poiché il certificato A1 non è un atto costitutivo di diritti, bensì un atto dichiarativo, il suo ritiro non può comportare la perdita di tali diritti. Infine la Corte evidenzia che il buon funzionamento del sistema istituito dal regolamento n. 883/2004 richiede una cooperazione efficace e stretta sia tra le istituzioni competenti dei diversi Stati membri sia tra tali istituzioni e le persone che rientrano nell’ambito di applicazione di tale regolamento. Tale cooperazione è necessaria per determinare i diritti e gli obblighi delle persone interessate e per consentire a queste ultime di far valere i loro diritti nel più breve tempo possibile e nelle migliori condizioni possibili. Detta cooperazione impone all’insieme di tali istituzioni e persone lo scambio delle informazioni necessarie all’accertamento e alla determinazione dei diritti e degli obblighi di dette persone, come risulta dagli articoli 2 e 3 del regolamento n. 987/2009, che delimitano la portata e le modalità degli scambi tra tali istituzioni e tra queste ultime e le persone interessate, nonché dall’articolo 20 di tale regolamento, che precisa il dovere di cooperazione tra le istituzioni competenti dei diversi Stati membri. Alla luce di quanto rilevato la Corte di Giustizia UE dichiara nella sua sentenza alla causa C-422/22 che le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come modificato dal regolamento (UE)n. 465/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2012, devono essere interpretati nel senso che: “l’istituzione emittente di un certificato A1, la quale, a seguito di un riesame d’ufficio degli elementi che sono alla base del rilascio di tale certificato, constati l’inesattezza di tali elementi, può ritirare detto certificato senza avviare preliminarmente la procedura di dialogo e di conciliazione prevista dall’articolo 76, paragrafo 6, del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, come modificato dal regolamento n. 465/2012, con le istituzioni competenti degli Stati membri interessati al fine di determinare la legislazione nazionale applicabile”. 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Corte di Giustizia UE, sentenza 16/11/2023, causa C-422/22