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Archivio newsDocente a tempo determinato e indeterminato: stessi diritti nel calcolo dell’anzianità di servizio
La Corte di Giustizia UE nella sentenza del 30 novembre 2023 alla causa C-270/22 dichiara che la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, escluda i periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio.
La Corte di Giustizia UE è stata chiamata a fornire chiarimenti nella causa C‑270/22 relativa ad una controversia tra, da un lato, G.D., A.R. e C.M. e, dall’altro, il Ministero dell’Istruzione (Italia) e l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), in riferimento al calcolo della loro anzianità al momento della loro immissione in ruolo a tempo indeterminato da parte di tale ministero. Il caso I ricorrenti hanno svolto attività di insegnamento in forza di plurimi contratti a termine di varia natura e durata e sono stati poi stabilizzati, mediante una procedura di concorso per soli titoli, rispettivamente, il 1° settembre 2015 nel caso di G.D. e C.M., docenti di scuola dell’infanzia, e il 1° settembre 2011 nel caso di A.R., docente laureato di scuola secondaria di secondo grado. Nell’ambito del riconoscimento dell’anzianità conseguita con i contratti a termine svolti in precedenza, il Ministero dell’Istruzione ha proceduto alla ricostruzione di carriera dei ricorrenti nel procedimento principale ai sensi dell’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, applicando un’anzianità, rispettivamente, di 5 anni e 4 mesi nel caso di G.D., di 8 anni e 8 mesi nel caso di C.M. e di 13 anni e 4 mesi nel caso di A.R. Ritenendo che tale ministero avesse computato un’anzianità inferiore alla loro anzianità effettiva in violazione della clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, i ricorrenti nel procedimento principale hanno adito il giudice del rinvio, il Tribunale ordinario di Ravenna (Italia), con una domanda diretta a ottenere il riconoscimento di un periodo di anzianità, rispettivamente, di 5 anni, 11 mesi e 8 giorni nel caso di G.D., di 10 anni, 5 mesi e 18 giorni nel caso di C.M. e di 18 anni, 6 mesi e 1 giorni nel caso di A.R., con richiesta di differenze retributive conseguenti e di regolarizzazione della posizione contributiva. A sostegno della loro domanda, i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto che, ai fini del calcolo della loro anzianità, fosse computato ogni giorno di lavoro, equiparando ogni giorno lavorato ad un giorno lavorato da un docente a tempo indeterminato, invocando l’applicazione della giurisprudenza risultante dalla sentenza n. 31149 della Corte suprema di cassazione, del 28novembre 2019. La Corte suprema di cassazione ha statuito, che l’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994 si poneva in contrasto con la clausola 4 dell’accordo quadro e che tale articolo doveva, di conseguenza, essere disapplicato, nei casi in cui l’anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato definitivamente stabilizzati, risultante dall’applicazione dei criteri di cui all’articolo 485, unitamente a quello fissato dall’articolo 489 di detto decreto legislativo, come integrato dall’articolo 11, comma 14, della legge n. 124/1999, fosse inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato. Sentenza della Corte La Corte di Giustizia UE nella sentenza del 30 novembre 2023 alla causa C‑270/22, rileva che alcuni dei periodi di servizio prestati dai ricorrenti nel procedimento principale nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato non hanno raggiunto le soglie fissate dalla normativa nazionale, vale a dire aver avuto la durata di 180 giorni in un anno scolastico oppure essere stati prestati ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. In virtù di tale normativa, se le prestazioni fornite dai docenti a tempo determinato raggiungono tali soglie, dette prestazioni sono computate dalla normativa nazionale come annualità complete, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate e anche nel caso in cui il numero di ore settimanali svolte sia inferiore all’orario settimanale del regime di lavoro a tempo pieno o part-time. Per contro, le prestazioni che non raggiungono dette soglie non sarebbero prese inconsiderazione e, in forza dell’articolo 485 del decreto legislativo n. 297/1994, quelle che raggiungono le stesse soglie sarebbero prese in considerazione in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, a concorrenza dei due terzi, mentre il rimanente terzo sarebbe accantonato per un certo numero di anni, poi recuperato una volta decorso tale periodo. Secondo la Corte l’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, in particolare la sua clausola 4, mira a raggiungere l’obiettivo del miglioramento della qualità del lavoro a tempo determinato, mediante la fissazione di requisiti minimi atti a garantire l’applicazione del principio di non discriminazione, e più precisamente al fine di impedire che un rapporto di lavoro di tale natura venga utilizzato da un datore di lavoro per privare questi lavoratori di diritti riconosciuti ai lavoratori a tempo indeterminato. Alla luce degli obiettivi perseguiti dall’accordo quadro, la clausola 4 di quest’ultimo dev’essere intesa nel senso che esprime un principio di diritto sociale dell’Unione che non può essere interpretato in modo restrittivo. Inoltre sancisce il divieto, per quanto riguarda le condizioni di impiego, di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o un rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che un diverso trattamento non sia giustificato da «ragioni oggettive». Il medesimo divieto è sancito per quanto riguarda i criteri di periodi di anzianità relativi a condizioni particolari di impiego. Alla luce di quanto rilevato, per la Corte di Giustizia UE è evidente che una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale istituisce una differenza di trattamento a danno di tali docenti a tempo determinato rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato mediante concorsi generali, ai quali non si applicano tali limitazioni. Il fatto di tener conto dell’anzianità eccedente i quattro anni maturata nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato solo nella misura dei due terzi, combinato con una tale esclusione, che conduce a privare totalmente il docente a tempo determinato della sua anzianità di servizio quando quest’ultima è inferiore alle soglie di rilevanza individuate dal legislatore italiano, va al di là di quanto è necessario per rispecchiare le differenze tra l’esperienza acquisita dai docenti assunti mediante concorso e quelli assunti in base ai titoli nonché per evitare discriminazioni alla rovescia nei confronti dei primi. La circostanza che il numero effettivo di ore lavorate dai secondi, che può essere ridotto e inferiore all’orario settimanale di lavoro del regime a tempo pieno o anche part-time, non sia preso in considerazione ai fini del calcolo della loro anzianità non è tale da mettere in discussione detta constatazione. Alla luce di tutto quanto precede, La Corte di Giustizia UE dichiara che la clausola 4 dell’accordo quadro deve essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che, ai fini del riconoscimento dell’anzianità di un lavoratore al momento della sua nomina come dipendente pubblico di ruolo, escluda i periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato che non raggiungano i 180 giorni in un anno scolastico o non siano svolti con continuità dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale, indipendentemente dal numero effettivo di ore lavorate, e limiti ai due terzi il computo dei periodi che raggiungano tali soglie e che eccedano i quattro anni, con riserva di recupero del rimanente terzo dopo un certo numero di anni di servizio. Copyright © - Riproduzione riservata
Corte di Giustizia UE, Sentenza 30/11/2023, causa C‑270/22