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Archivio newsDisabilità: verso nuove procedure per migliorare la qualità di vita e l’accesso al lavoro
Cambiamento culturale, organizzativo e nuova definizione della condizione disabilità. E’ quanto previsto dai decreti legislativi approvati, in esame preliminare, dal Consiglio dei Ministri per l’attuazione della legge delega sulla disabilità. Con il primo provvedimento vengono semplificate le procedure per l’accertamento iniziale della disabilità, passando ad una valutazione multidimensionale che guarda non alla condizione ma alla persona, nella relazione con l’ambiente. Il secondo schema di decreto individua il procedimento per la determinazione dei livelli essenziali della protezione in favore delle persone con disabilità, istituendo un’apposita cabina di regia. L’obiettivo degli interventi è prevedere misure efficaci e pratiche destinate a realizzare gli obiettivi e le esigenze della persona con disabilità, anche sul lavoro, in una visione esistenziale unitaria.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato, in esame preliminare, due decreti legislativi fondamentali di attuazione della legge delega sulla disabilità (Legge n. 227/2021), la norma che complessivamente andrà a ridefinire in forma radicale l’attuale sistema normativo della disabilità. Disabilità: i due decreti legislativi Il primo decreto riguarda la definizione della condizione di disabilità, con novità riguardanti l’accertamento di invalidità, la revisione e la valutazione di invalidità e disabilità. Vengono semplificate le procedure per l’accertamento iniziale della disabilità, si passa a una valutazione multidimensionale che guarda non alla condizione ma alla persona, nella relazione con l’ambiente. Si tratta dell’intero impianto della definizione e certificazione della condizione di disabilità, dalla valutazione di base agli accomodamenti ragionevoli fino alla valutazione multidimensionale che sarà la premessa per l’elaborazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato. L’altro decreto istituisce la cabina di regia per la determinazione dei livelli essenziali (LEPS) delle prestazioni in favore delle persone con disabilità. Valutazione di base e multimediale della disabilità Il decreto sulla valutazione di base e sulla valutazione multidimensionale prevede innanzitutto la riunificazione e la semplificazione degli accertamenti esistenti (tra cui quello per l’accertamento dell’invalidità civile, dell’handicap e della disabilità ai fini lavorativi) entro una definizione omnicomprensiva di condizione di disabilità. Viene quindi definita la valutazione multidimensionale della disabilità per la realizzazione del progetto di vita individuale, processo caratterizzato da una netta distanza concettuale rispetto a quello primario della valutazione di base. Mentre la valutazione di base ha come oggetto proprio l’oggettiva considerazione della condizione di disabilità, la valutazione effettuata dalle unità multidisciplinari, in un approccio multidimensionale, radica la centralità della persona con disabilità nel quadro del sistema dei sostegni, attraverso una valutazione che coinvolge la persona a tutto tondo, nella sua proiezione relazionale con l’ambiente e la comunità sociale e politica di riferimento. Per dare effettiva attuazione e concretezza al progetto individuale è prevista la figura del “referente per l’attuazione del progetto individuale”, che avrà il compito di curare la realizzazione del progetto e dare impulso all’avvio dei servizi, degli interventi e delle prestazioni in esso previsti. Determinazione dei livelli essenziali - LEPS L’altro schema di decreto legislativo individua il procedimento per la determinazione dei livelli essenziali (LEPS) della protezione in favore delle persone con disabilità, istituendo a tale scopo un’apposita cabina di regia. Fanno parte della cabina di regia, quali componenti permanenti, oltre al Ministro per le disabilità con funzioni di Presidente, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, il Ministro dell’istruzione e del merito, il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro degli affari regionali e delle autonomie o loro delegati, un delegato della Commissione tecnica per i fabbisogni standard, il Presidente della Conferenza delle Regioni, il Presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani, o loro delegati, e i Presidenti delle Federazioni maggiormente rappresentative delle Associazioni in materia di disabilità. Sperimentazione dal 2025 Il 2025 sarà dedicato alla fase di sperimentazione della valutazione di base e del nuovo modello di valutazione multidimensionale e dell’elaborazione del progetto individuale con connesso budget di progetto. La sperimentazione parte dal 1° gennaio 2025, per dodici mesi, anche in previsione della possibilità di intervenire con un correttivo entro i successivi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo. Vengono stanziati 50 milioni di euro per l’anno 2025, quali risorse integrative ed aggiuntive rispetto alle risorse già destinate a legislazione vigente per sperimentare prestazioni e servizi personalizzati, che confluiscono nel budget di progetto. La delega sancisce il principio di non regressione a protezione dei diritti acquisiti e a questo proposito per quanto riguarda la delicata questione degli alunni disabili il 19 ottobre scorso è stato firmato il decreto di assegnazione delle risorse del “Fondo per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità”. Il decreto stabilisce il trasferimento ai Comuni del contributo di 100 milioni di euro per l'anno 2023, risorse che serviranno a potenziare i servizi di assistenza all'autonomia e alla comunicazione degli alunni con disabilità fisiche e sensoriali della scuola dell'infanzia e delle scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. I criteri di riparto del contributo di cento milioni di euro in favore delle Regioni a statuto ordinario per l'anno 2023 e le modalità di monitoraggio del fondo sono contenuti nel decreto 10 agosto 2023, pubblicato in Gazzetta il 4 ottobre scorso. Nuova definizione di disabilità Tornando ai due decreti in oggetto viene introdotto così un cambiamento culturale organizzativo e una definizione nuova della condizione disabilità, passando per l’individuazione della persona con disabilità: quindi non più condizione di disabilità ma persona con disabilità, aggiungendo anche il termine di accomodamento ragionevole. Ricordiamo che il concetto di “reasonable accommodation”, cioè accomodamento o soluzione ragionevole, nato negli Stati Uniti quale riconoscimento giuridico (Civil Rights Act) dell’obbligo per i datori di lavoro di favorire le pratiche religiose dei dipendenti, a condizione che ciò non comporti gravi disagi all’attività lavorativa, si è poi diffuso all’ambito della disabilità. Infatti, successivamente, oltre che negli Stati Uniti (Rehabilitation Act; American with Disabilities Act) ed in Canada (Canadian Charter of rights and freedoms), è soprattutto nella Direttiva 2000/78/CE e nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (2006) che, con tale concetto, sono stati affermati i principi di uguaglianza e di non discriminazione per i lavoratori con disabilità. Tale Direttiva, riprendendo concettualmente la Raccomandazione 86/379 relativa all'occupazione dei disabili nella Comunità, stabilisce “un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro” ed introduce, all’art. 5, il concetto di “soluzioni ragionevoli per i disabili”. Il considerando 20) della Direttiva 2000/78/CE tenta una definizione di “ragionevole accomodamento” con “misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione della disabilità, ad esempio, sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento”. Successivamente, nel Codice di buone prassi per l’occupazione delle persone con disabilità, elaborato dall’Ufficio di Presidenza del Parlamento Europeo per garantire parità di accesso all’occupazione nelle istituzioni pubbliche europee, vengono riportati esempi di “ragionevoli accomodamenti”. A fronte della constatazione dell’inadeguata efficacia, in quanto giuridicamente non vincolanti, delle “Regole Standard per la Parità di Opportunità per le persone con disabilità”, le Nazioni Unite hanno intrapreso i lavori che hanno portato all’adozione, nel 2006, della “Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”. Tale Convenzione rappresenta il completamento di un elaborato processo di evoluzione culturale che, partendo dal riscontro che i disabili nel mondo sono soggetti a violazioni continue dei diritti umani sanciti già nel 1948, giunge a sostenere e ad assicurare, attraverso un trattato internazionale globale e vincolante, il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti e libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità ed il rispetto della loro dignità, anche attraverso la promozione di politiche per l’inclusione e l’accessibilità al lavoro. La Convenzione non riporta la definizione di “disabilità”, bensì il riconoscimento (Preambolo, lett. e) “che la disabilità è un concetto in evoluzione e che la disabilità è il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri”; pertanto, indipendentemente dall’evoluzione della definizione stessa di “disabilità”, il documento resta sempre attuale. Relativamente all’ambito “Lavoro e occupazione”, l’art. 27 invita al riconoscimento del “diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri; segnatamente il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità. Gli stati parti devono garantire e favorire l’esercizio del diritto al lavoro, anche a coloro i quali hanno subìto una disabilità durante l’impiego…”. A differenza della Direttiva 2000/78/CE, la Convenzione fornisce una definizione più generica di “accomodamento ragionevole”, riportando (art. 2), come già visto, “le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati…” e non esplicita esempi concreti per dettagliare il concetto. Per l’identificazione dei ragionevoli accomodamenti, si può fare riferimento alle “Regole Standard per la Parità di Opportunità per le persone con disabilità”. Per quanto concerne, invece, la “ragionevolezza” degli accomodamenti stessi, tale termine, in origine, era da ricondurre alla sua “effettività” cioè alla sua idoneità a consentire ai disabili di accedere ad un lavoro o di mantenerlo. Solo successivamente viene considerato l’aspetto relativo ai “costi”, in particolare per quanto concerne la verifica di una sproporzione degli stessi. Durante i lavori preparatori della Convenzione è stato rilevato che tali “accomodamenti”, diretti a soddisfare le esigenze specifiche del disabile, dovrebbero comunque tener conto degli interessi sia della persona con disabilità sia del datore di lavoro. La “ragionevolezza” dell’accomodamento è da riferire, quindi, sia alla sua effettività, cioè alla sua idoneità a consentire alla persona con disabilità di svolgere un lavoro, sia al suo costo che non deve costituire un carico sproporzionato per il datore di lavoro. Nel 2015 la Legge n. 68/99, è stata integrata con l’introduzione del D.Lgs. n. 151/2015, che assegna all’accomodamento ragionevole il ruolo di misura per colmare l’assenza di azioni dedicate all’integrazione lavorativa delle persone con disabilità. L’accomodamento ragionevole diventa quindi uno strumento prezioso per mettere la professionalità dei recruiter e delle agenzie per il lavoro, al servizio dell’inclusione e delle aziende rendendo possibile ad un lavoratore con disabilità, qualificato per una determinata posizione lavorativa, di superare lo svantaggio derivante dal suo stato di salute, dandogli l’opportunità di ambire al posto di lavoro e di svolgere l’attività lavorativa in condizioni di uguaglianza con gli altri lavoratori dipendenti. La disabilità sempre più diviene l’interazione tra le persone con compromissioni e le barriere comportamentali e ambientali che impediscono o limitano la partecipazione della stessa persona: è quel cambiamento culturale che si pone al centro del confronto con la politica nazionale. L’accomodamento ragionevole, la valutazione di base, la valutazione multidimensionale e il concetto finalmente di progetto di vita della persona con disabilità sono finalizzati a realizzare gli obiettivi e le esigenze della persona con disabilità in una visione esistenziale unitaria, che tenga conto degli interventi dei servizi, dei sostegni formali e informali per consentire alla persona stessa di migliorare la propria qualità di vita, di sviluppare tutte le sue potenzialità, di poter scegliere i contesti di vita, di partecipare in condizioni di pari opportunità rispetto agli altri. C’è in altre parole un richiamo sostanziale all’impegno che il nostro Paese deve portare a compimento con la deistituzionalizzazione, ossia con la possibilità anche per una persona con disabilità di vivere dove si vuole. Questo deve essere l’obiettivo da perseguire. Si prevede il cosiddetto “budget di progetto” che è l’insieme delle risorse umane, professionali, tecnologiche, strumentali ed economiche, pubbliche e private, attivabili insieme ad una comunità territoriale in maniera tale da dare quei supporti necessari a far sì che il progetto di vita possa essere realmente perseguito. Disabilità e accesso al lavoro Il nostro ordinamento assicura alle persone con disabilità canali preferenziali nell’accesso al lavoro. In base alle dimensioni aziendali, ossia al numero dei lavoratori occupati, le società sono obbligate ad assumere dei lavoratori con disabilità. La disciplina sul cosiddetto “collocamento obbligatorio” è contenuta nella legge n. 68/1999, che regola tutta la materia: dall’individuazione delle categorie protette alle modalità di assunzione, fino alle sanzioni per le ditte che non rispettano l’obbligo di assunzione. Non tutte le aziende sono obbligate ad assumere dei lavoratori con disabilità. Il legislatore, infatti, ha previsto quest’obbligo solo per le aziende medio-grandi. Il numero di dipendenti assunti che fa scattare l’obbligo di assunzione delle categorie protette è 15: questo è il numero a partire dal quale scatta l’obbligo per l’azienda con meno di 15 dipendenti: nessun obbligo, dai 15 in su almeno un’assunzione, da 36 a 50 almeno due assunzioni, oltre 50 almeno il 7% di lavoratori con disabilità e 1% di persone che rientrano nella categoria degli orfani e coniugi superstiti. L’art. 5 della legge n. 66/1998 fornisce i criteri per conteggiare il totale dei dipendenti che fa nascere l’obbligo di assunzione di persone con disabilità. Ad esempio: i lavoratori part time si computano pro quota, gli assunti con contratto inferiore ai 6 mesi non si calcolano, i lavoratori a domicilio non rientrano nel computo, i lavoratori interinali dell’azienda di somministrazione. Sanzioni Il Legislatore ha previsto pesanti sanzioni per le aziende che non rispettano l’obbligo di assumere i lavoratori disabili. Innanzitutto, una sanzione pecuniaria: la mancata assunzione per cause imputabili al datore di lavoro, trascorsi i 60 giorni dall’insorgenza dell’obbligo, dei soggetti disabili, comporta l’applicazione di una sanzione di 153,20 euro al giorno per ogni soggetto disabile non assunto. Inoltre, è prevista l’esclusione dagli appalti e dai bandi pubblici per le imprese che omettono di presentare la dichiarazione di conformità alla legge sul collocamento obbligatorio. Copyright © - Riproduzione riservata