Il lavoratore in trasferta ha diritto, oltre all’ordinaria retribuzione per l’attività svolta, al rimborso delle spese sostenute per vitto, alloggio e trasporto, secondo quanto previsto dal relativo CCNL o dalle eventuali consuetudini aziendali o accordi individuali. Da un punto di vista previdenziale e fiscale, in caso di utilizzo dell’autovettura personale, l’esenzione viene riconosciuta solo nel caso di trasferta effettuata al di fuori del territorio comunale, mentre il rimborso per spostamenti nel territorio comunale costituisce reddito imponibile. Quali sono nel dettaglio le regole previste per le trasferte ed i corrispondenti rimborsi spese? Operativamente, come si calcolano e come devono essere trattati fiscalmente i rimborsi chilometrici? Quali altri obblighi sono stabiliti per il datore di lavoro in questo ambito?
Per lo svolgimento della trasferta, il lavoratore può utilizzare come mezzo di trasporto l’aereo, il treno, i mezzi pubblici o l’autovettura aziendale o anche personale.
Nel caso di trasferta che preveda l’utilizzo di vettori, la norma prevede l’esenzione fiscale e previdenziale dei rimborsi spese riconosciuti al lavoratore sia qualora la trasferta sia al di fuori o entro il territorio comunale. In caso di utilizzo dell’autovettura personale, l’esenzione viene riconosciuta solo nel caso di trasferta effettuata al di fuori del territorio comunale, mentre il rimborso per spostamenti nel territorio comunale rientra nel principio di reddito imponibile sia da un punto di vista previdenziale che fiscale.
Risulta pertanto fondamentale indicare, all’atto di assunzione, ma anche successivamente, in caso di modifica, il luogo di svolgimento del lavoro come elemento fondamentale per la corretta gestione fiscale e previdenziale per l’uso auto personale. |
Disciplina generale delle trasferte
Mancando una definizione di legge, la trasferta, secondo l’orientamento prevalente della Cassazione, viene definita come il mutamento temporaneo del luogo di esecuzione della prestazione, nell'interesse e su disposizione unilaterale del datore di lavoro, con previsione certa di rientro nella sede di lavoro di provenienza e la relativa indennità eventualmente riconosciuta costituisce una somma di natura risarcitoria a favore del lavoratore e non retributiva.
Da un punto di vista contrattuale, il lavoratore inviato in trasferta ha diritto alla ordinaria retribuzione per l’attività prestata nonché ha diritto al rimborso delle spese sostenute per vitto, alloggio e trasporto, secondo quanto previsto dal
contratto collettivo o da eventuali
consuetudini aziendali o
accordi individuali.
Norme su trasferte e rimborsi spese
La disciplina fiscale delle trasferte e delle indennità ad esse collegate è contenuta nel D.P.R. n. 917/1986 (Testo Unico Imposte sui Redditi), mentre la disciplina previdenziale è contenuta nel D.Lgs. n. 314/1997, che ha armonizzato gli imponibili retributivi ai fini fiscali e previdenziali.
La norma oggi riconosce tre diverse modalità di rimborso delle trasferte:
- il
metodo analitico prevede il rimborso al lavoratore di tutte le spese documentate e riferite a vitto, alloggio, viaggio e trasporto. Da un punto di vista fiscale e contributivo, gli importi rimborsati sono esenti per il lavoratore e non sono soggetti a contribuzione/oneri aggiuntivi a carico dell’azienda;
- con il
rimborso forfetario, al lavoratore inviato in trasferta al di fuori del territorio comunale ove ha sede l’azienda viene erogato, in sostituzione del rimborso di vitto e alloggio, una indennità giornaliera omnicomprensiva esente da contributi e IRPEF fino a
€ 46,48 (trasferta Italia) e
77,47 (trasferta estero), oltre al rimborso delle spese di viaggio e trasporto;
- con il
rimborso misto, al lavoratore inviato in trasferta al di fuori del territorio comunale ove ha sede l’azienda, vengono rimborsati o il vitto o l’alloggio (o uno o l’altro) e in aggiunta viene riconosciuta una indennità giornaliera che è esente fino a
€ 30,99 per trasferte Italia e
51,65 per trasferte estero.
In alternativa, al lavoratore vengono rimborsate analiticamente vitto e alloggio (entrambi) e viene riconosciuta una indennità di trasferta che è esente fino a
€ 15,49 giornalieri per Italia e
€ 25,82 estero.
Rimborso delle spese di trasporto
Indipendentemente dalla modalità prescelta per il rimborso, la norma prevede il diritto del lavoratore al rimborso delle spese di trasporto, secondo un principio di indifferenza nella scelta del mezzo e dalla modalità utilizzata.
Fermo restando quanto appena detto, il rimborso del viaggio assume impatti diversi in termini fiscali e previdenziali a seconda che la trasferta sia effettuata entro o al di fuori del territorio comunale.
In particolare, la norma prevede che qualora la trasferta sia effettuata al di fuori del territorio comunale, il lavoratore ha diritto all’esenzione dei rimborsi per tutte le spese di viaggio e trasporto sostenute; qualora, invece, la trasferta sia effettuata entro il territorio comunale, viene prevista l’esenzione per le sole spese di viaggio e trasporto documentate dal vettore (autobus, treno, aereo, taxi, metropolitana, ecc.). |
Risulta pertanto fondamentale individuare, al fine della
corretta gestione fiscale e
previdenziale dei rimborsi, il
luogo di svolgimento dell’
attività lavorativa.
La sede di lavoro risulta essere un elemento essenziale del contratto di lavoro anche alla luce degli obblighi di informazione e trasparenza previsti dal D.Lgs. n. 104/2022, che è andato a modificare e integrare il D.Lgs. n. 152/1997.
In particolare, la norma prevede l’obbligo in capo al datore di lavoro, pubblico e privato, di comunicare al lavoratore “b) il luogo di lavoro”. In mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, il datore di lavoro comunica che il lavoratore è occupato in luoghi diversi o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro.
L’assegnazione della
sede di
lavoro assume, pertanto, un ruolo
fondamentale anche per delineare gli
impatti fiscali e
previdenziali o meno dell’eventuale rimborso spese chilometriche sostenute dal lavoratore in occasione della trasferta.
Infatti, gli eventuali rimborsi percepiti in relazione all’utilizzo dell’auto nel territorio comunale in cui è stabilita la sede di lavoro del dipendente sono per questi interamente imponibili, mentre, se la trasferta è al di fuori del territorio comunale, assume rilievo la modalità di erogazione del rimborso.
Sul tema si segnala la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 232/2002, con la quale l’Agenzia ha fornito alcuni chiarimenti in merito al regime fiscale del rimborso chilometrico per trasferte nel Comune della sede di lavoro. Secondo l’Agenzia delle Entrate “i rimborsi spese oggetto del quesito concorrono alla formazione della base imponibile IRPEF, ai sensi dell'art. 51, comma 5 ultimo periodo del TUIR, (…). Ciò in quanto le trasferte in relazione alle quali vengono erogati i rimborsi spese si realizzano nell'ambito del territorio comunale in cui si trova la sede di lavoro e non si versa nell'ipotesi di spese di trasporto comprovate da documento rilasciato dal vettore, che consentirebbe l'esclusione del rimborso dal concorso al reddito imponibile”.
Per quanto riguarda la modalità di rimborso, in relazione a quest’ultimo aspetto, nella circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 326/E/97 è stato precisato come:
-
non sia necessaria un’autorizzazione preventiva da parte del datore di lavoro alla trasferta del dipendente, con indicazione dei dati relativi a tragitto e tipologia di autovettura;
- è invece
fondamentale che la liquidazione del rimborso sia certificata sulla base di percorrenza, tipo di auto utilizzata e relativo costo chilometrico.
Calcolo e trattamento fiscale dei rimborsi chilometrici
Il costo chilometrico è determinato prendendo come
riferimento le
tariffe ACI, ufficialmente riconosciute dall’Amministrazione finanziaria e dall’INPS.
Le tariffe sono determinate in base ai seguenti parametri:
- categoria del veicolo utilizzato;
- marca automobilistica;
- tipo di alimentazione (es. benzina, gasolio, etc.);
- chilometri percorsi annualmente.
Le tariffe ACI, calcolate in euro per km., sono stabilite per
fasce di percorrenza (5.000, 10.000, 15.000 Km., etc.).
La fascia chilometrica di riferimento deve essere individuata sulla base della percorrenza media annua totale del veicolo, comprensiva quindi anche dell’uso personale da parte del proprietario. |
Provando a sintetizzare, i rimborsi spese per l’uso privato del dipendente sono esenti da imposizione fiscale:
- per i viaggi effettuati al di fuori del comune ove avviene normalmente la prestazione lavorativa;
- se l’ammontare sia determinato entro i valori stabiliti dalle tabelle annuali ACI (marca e modello veicolo, alimentazione, percorrenza media annua, etc.);
- quando riepilogati in un “piè di lista” attestante i viaggi e la percorrenza;
- quanto l’utilizzo del veicolo sia strettamente correlato con la prestazione lavorativa.
Sempre con riferimento all’utilizzo dell’autovettura personale durante la trasferta, è da prestare attenzione al
regime fiscale e
previdenziale relativo ai
parcheggi. Sul tema, l’Agenzia delle Entrate, con la Ris. istanza consulenza giuridica n. 5/2019, ha chiarito che nel caso di trasferta fuori dal comune:
a) il rimborso delle spese di parcheggio ai dipendenti è assoggettabile interamente a tassazione nell’ipotesi in cui il datore di lavoro abbia adottato i sistemi del rimborso forfettario e misto;
b) rientra, invece, tra le spese escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente fino all’importo massimo di 15,49 euro giornalieri (25,82 euro per le trasferte all’estero) nei casi di rimborso analitico.
Danno causato all’autovettura personale
Qualora il lavoratore provochi un danno alla propria autovettura, o se questo viene causato da un terzo, il
datore di
lavoro non dovrà erogare alcun indennizzo a compensazione del danno subito e nemmeno accollarsi il costo della riparazione.
Questo perché se l’incidente è determinato dalla negligenza del lavoratore, non vi è alcuna norma che preveda l’addebito al datore di lavoro dei danni subiti, mentre se il danno è provocato da un terzo, il rimborso verrà liquidato dalla compagnia assicurativa. |
A ciò si aggiunga il fatto che il rimborso chilometrico determinato dall’ACI, in base alla tipologia di autovettura utilizzata, è determinato considerando i complessivi costi di esercizio del veicolo, pari all’insieme delle spese che l’automobilista sostiene per l’uso dell’autovettura oltre alle quote di ammortamento del capitale necessario all’acquisto.
Essenzialmente, l’ACI valorizza i costi annui fissi corrispondenti alla quota di ammortamento del veicolo, l’importo della tassa automobilistica e l’assicurazione R.C.A., cui aggiunge, in relazione alla percorrenza annua, il costo del carburante, l’usura dei pneumatici e le manutenzioni o riparazioni ordinarie (tra le quali vengono ricomprese anche le spese di carrozzeria dovute all’uso cittadino dell’autovettura, come i piccoli tamponamenti, le graffiature, ecc.).
Trattamento fiscale dell’indennità chilometrica: caso particolare
Con la risposta a interpello n. 405/2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che nell'ipotesi in cui sia riconosciuta un'indennità chilometrica calcolata sul tragitto dalla residenza del lavoratore alla località di missione, qualora la distanza percorsa dal dipendente risulti inferiore rispetto a quella calcolata dalla sede di servizio, con la conseguenza che al lavoratore è riconosciuto, in base alle tabelle ACI, un
rimborso chilometrico di
minor importo, quest'ultimo è da considerare
non imponibile.
Sanzioni per violazione del Codice della strada
In caso di violazione delle norme del Codice della strada, l’eventuale
onere è
in capo al
lavoratore trasgressore,
fermo restando che eventuali accordi individuali o policy aziendali possono prevedere come condizione migliorativa l’
accollo, totale o parziale, della sanzione da parte del
datore di lavoro.
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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/01/04/trasferte-utilizzo-auto-personale-fini-previdenziali-fiscali-rileva-sede-lavoro