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Archivio newsLiquidazione controllata: non necessario il limite temporale minimo all’acquisizione dei beni sopravvenuti
La Corte Costituzionale nella sentenza n. 6/2024 del 19 gennaio 2024 evidenzia che la liquidazione giudiziale, così come la liquidazione controllata, è finalizzata a liquidare il patrimonio del debitore a beneficio dei creditori concorsuali, sicché il criterio costituito dal tempo necessario a coprire le spese della procedura non identifica in alcun modo un implicito termine di durata massima della medesima. La durata dell’apprensione dei beni sopravvenuti dipende dall’ammontare delle risorse complessive disponibili e dall’entità dei crediti concorsuali, oltre che delle spese di procedura, fatto salvo il limite temporale desumibile dall’istituto dell’esdebitazione e fermo restando il rispetto della ragionevole durata della procedura.
Con quattro distinte ordinanze, riguardanti altrettanti procedimenti di liquidazione controllata del sovraindebitato il Tribunale di Arezzo ha sollevato questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., dell’art. 142, comma 2, CCII, in quanto applicabile alla liquidazione controllata del sovraindebitato, nella parte in cui non prevede un limite temporale minimo all’acquisizione dei beni sopravvenuti all’apertura della procedura concorsuale. La norma non consentirebbe, infatti, di individuare una durata minima riferita all’apprensione dei beni sopravvenuti, ma solo un limite temporale massimo, identificato nel tempo strettamente necessario alla copertura delle spese della procedura e pertanto determinerebbe, un vulnus agli artt. 3 e 24 Cost. In particolare, da un lato, essa presterebbe «il fianco ad abusi da parte del debitore il quale avrebbe gioco facile a sottrarsi all’esecuzione presso terzi intentata nei suoi confronti dai creditori, con conseguente ed ingiustificabile compressione del diritto di agire di quest’ultimi». Da un altro lato, la medesima norma comporterebbe una irragionevole disparità di trattamento rispetto alla disciplina di cui godono i creditori, nel caso di procedure di liquidazione del sovraindebitato aperte prima dell’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, per le quali trova, invece, applicazione l’art. 14-undecies della legge n. 3 del 2012, che fissa in quattro anni la durata di acquisizione dei beni del debitore sopravvenuti all’apertura della procedura di liquidazione. Sentenza della Corte La Corte Costituzionale con la sua pronuncia n. 6/2024 del 19 gennaio 2024 ritiene che nel merito, le questioni di legittimità costituzionale non sono fondate.I giudici rimettenti censurano la norma secondo cui alla liquidazione controllata si possono ascrivere anche i beni che pervengono al debitore durante la procedura. Il profilo su cui si appuntano i dubbi di legittimità costituzionale attiene alla mancata indicazione della durata del meccanismo acquisitivo.La Corte ritiene anzitutto, che non è corretto ritenere che non si possa colmare l’asserita lacuna concernente la mancata previsione di un termine di acquisizione dei beni, che pervengono al debitore nel corso della procedura, con un criterio idoneo a fornire adeguate garanzie ai creditori. Il parametro di riferimento deve essere, infatti, costituito proprio dal soddisfacimento dei crediti concorsuali e di quelli aventi a oggetto le spese della procedura, coerentemente con la funzione dell’istituto della liquidazione controllata, correlata alla responsabilità patrimoniale del debitore. La Corte evidenzia che ove per adempiere ai debiti relativi ai crediti concorsuali e a quelli concernenti le spese della procedura sia necessario acquisire i beni sopravvenuti del debitore (compresi i crediti futuri o non ancora esigibili), i liquidatori, salvo che riescano a soddisfare integralmente i citati crediti tramite la vendita di beni futuri o la cessione di crediti futuri o non ancora esigibili, sono tenuti a prevedere un programma di liquidazione che sfrutti tutto il tempo antecedente alla esdebitazione e che, dunque, sia di durata non inferiore al triennio.Viceversa, l’ingiustificato sacrificio delle ragioni creditorie tradirebbe la funzione stessa della liquidazione controllata e derogherebbe al criterio di base che deve orientare la durata del meccanismo di apprensione dei beni, costituito dal pagamento dei debiti relativi ai crediti concorsuali, oltre che delle spese della procedura. Pertanto, fintantoché vi siano debiti da adempiere nell’ambito della procedura concorsuale, il termine triennale correlato all’esdebitazione finisce per operare non solo quale termine massimo, ma anche quale termine minimo di apprensione dei beni sopravvenuti del debitore. Inoltre la Corte evidenzia che la liquidazione giudiziale, così come la liquidazione controllata (oggetto nel presente giudizio) è finalizzata a liquidare il patrimonio del debitore a beneficio dei creditori concorsuali, sicché il criterio costituito dal tempo necessario a coprire le spese della procedura non identifica in alcun modo un implicito termine di durata massima della medesima. Alla luce delle considerazioni rilevate la Corte Costituzionale dichiara non fondata la questione di illegittimità costituzionale richiamata in quanto non è corretto ritenere che la mancata previsione di un termine fisso debba essere integrata dal riferimento al tempo strettamente necessario alla copertura delle spese della procedura e, per un altro verso, rientra nella discrezionalità del legislatore sostituire un termine “fisso” con un termine che si plasma sulle concrete esigenze che emergono, nella singola procedura, a tutela dei creditori. La durata dell’apprensione dei beni sopravvenuti dipende, infatti, dall’ammontare delle risorse complessive disponibili e dall’entità dei crediti concorsuali, oltre che delle spese di procedura, fatto salvo il limite temporale desumibile dall’istituto dell’esdebitazione e fermo restando il rispetto della ragionevole durata della procedura.Copyright © - Riproduzione riservata
Corte Costituzionale, Sentenza 19/01/2024, n. 6/24