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Archivio newsServizio di noleggio con conducente: non necessaria l'assenza di carichi pendenti
Con la sentenza n. 8/2024 del 23 gennaio 2023 la Corte Costituzionale dichiara fondata la questione di illegittimità costituzionale della disposizione regionale che condiziona all’assenza di carichi pendenti l’ammissione all’esame d’idoneità professionale, il cui superamento è funzionale all’iscrizione nel ruolo dei conducenti e al conseguimento della licenza per l’esercizio del servizio di taxi e dell’autorizzazione all’esercizio del servizio di NCC. Qualsiasi ipotesi di reato, infatti, impedirebbe, contrassegnando la persona con un abnorme stigma sociale, la possibilità di svolgere un’attività lavorativa quale quella in oggetto. Applicando la norma regionale, inoltre si finirebbe per comprimere irragionevolmente la libertà di iniziativa economica introducendo «una indebita barriera all’ingresso nel mercato».
Con la sentenza n. 8/2024 del 23 gennaio 2023 la Corte Costituzionale ha dichiarato fondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 3, della legge della Regione dichiara Puglia 3 aprile 1995, n. 14 (Modalità di attuazione della legge 15 gennaio 1992, n. 21 «Legge-quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea»), nella parte in cui prevede che la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà che deve essere allegata alla domanda di ammissione all’esame d’idoneità all’esercizio dei servizi di taxi e di noleggio con conducente attesti «l’assenza di carichi pendenti».In sostanza, la disposizione regionale sospettata, condiziona all’assenza di carichi pendenti l’ammissione all’esame d’idoneità professionale, il cui superamento è funzionale all’iscrizione nel ruolo dei conducenti e al conseguimento della licenza per l’esercizio del servizio di taxi e dell’autorizzazione all’esercizio del servizio di NCC. In questi termini, essa impedisce la partecipazione al suddetto esame in virtù della mera pendenza di un qualsiasi carico penale: ogni ipotesi di reato prevista dalla legislazione, una volta oggetto d’imputazione, finisce, quindi, per determinare tale effetto ostativo. La Corte Costituzionale ritiene che il vulnus al principio di proporzionalità, in tal caso, non attiene alla legittimità del fine che il legislatore regionale sembra essersi prefissato, che, in astratto, potrebbe apparire funzionale a garantire un adeguato svolgimento di servizi pubblici, quali quelli di taxi e di NCC, che si svolgono a stretto contatto con gli utenti. Riguarda, piuttosto, il macroscopico difetto, in concreto, di una connessione razionale tra il mezzo predisposto dal legislatore pugliese e il fine che questi intende perseguire, perché la disposizione censurata finisce per intercettare, con effetto ostativo, una vastissima gamma di possibili violazioni alla legislazione penale che nulla hanno a che vedere con l’affidabilità dei soggetti che ambiscono ad essere ammessi all’esame in questione. Qualsiasi ipotesi di reato, infatti, impedisce, contrassegnando la persona con un abnorme stigma sociale, la possibilità di svolgere un’attività lavorativa quale quella in oggetto.Il legislatore statale ha chiarito in via generale, all’art. 335- bis cod. proc. pen., che «[l]a mera iscrizione nel registro di cui all’articolo 335 non può, da sola, determinare effetti pregiudizievoli di natura civile o amministrativa per la persona alla quale il reato è attribuito». In definitiva, omettendo di delimitare, all’interno dell’intera area del diritto penale, gli eventuali reati ostativi pertinenti rispetto all’attività da espletare e addirittura prescindendo da qualsiasi vaglio dell’imputazione da parte del giudice, la disposizione in esame non può superare il test di proporzionalità. Inoltre, la Corte evidenzia che l’art. 8, comma 3, censurato, prescrivendo il requisito dell’insussistenza di carichi pendenti, per quanto esposto finisce anche per comprimere irragionevolmente la libertà di iniziativa economica privata di cui all’art. 41, primo comma, Cost., perché si traduce in «una indebita barriera all’ingresso nel mercato» (sentenza n. 7 del 2021) dei servizi in questione, già, peraltro, caratterizzato, come più volte ha rimarcato l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (da ultimo, mediante segnalazione del 3 novembre 2023, rif. n. S4778), da una inadeguata apertura all’ingresso di nuovi soggetti. Copyright © - Riproduzione riservata
Corte Costituzionale, sentenza 23/01/2024, n. 8/2024