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Archivio newsDisinvestimento del socio di spa: recesso consensuale e recesso ad nutum
Con il caso n. 3/2024 dal titolo “Recenti sviluppi sulle tecniche di disinvestimento del socio di spa: il recesso consensuale e il recesso ad nutum”, Assonime analizza due modalità di disinvestimento del socio dalla società per azioni emerse dalla prassi e dalla recente giurisprudenza. Assonime evidenzia che in caso di “recesso consensuale” i soci possono consentire l’uscita del singolo dalla società con un accordo che preveda la liquidazione della partecipazione utilizzando il patrimonio sociale, attraverso l’acquisto di azioni proprie o la riduzione reale del capitale sociale non proporzionale. In tale ultimo caso, i creditori possono proporre opposizione che, se accolta, non comporta lo scioglimento della società, ma l’impossibilità di liquidare il socio. Inoltre nel documento viene indagata la possibilità di introdurre una clausola statutaria che consente il recesso ad nutum dalle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, e viene analizzata nel dettaglio una recente sentenza con cui la Corte di Cassazione ha accolto la possibilità di prevedere questa forma di recesso, da esercitare con un congruo termine di preavviso.
Assonime ha pubblicato il caso n. 3/2024 dal titolo “Recenti sviluppi sulle tecniche di disinvestimento del socio di spa: il recesso consensuale e il recesso ad nutum” con cui analizza due modalità di disinvestimento del socio dalla società per azioni emerse dalla prassi e dalla recente giurisprudenza. Il documento analizza in primo luogo, il tema del cd. “recesso consensuale” vale a dire della possibilità di consentire al socio l’uscita dalla società in forza del consenso unanime manifestato da tutti gli altri soci, in assenza di previsione statutaria. I soci possono consentire l’uscita del singolo dalla società con un accordo che preveda la liquidazione della partecipazione utilizzando il patrimonio sociale, attraverso l’acquisto di azioni proprie o la riduzione reale del capitale sociale non proporzionale. In tale ultimo caso, i creditori possono proporre opposizione che, se accolta, non comporta lo scioglimento della società, ma l’impossibilità di liquidare il socio. È poi indagata la possibilità di introdurre una clausola statutaria che consente il recesso ad nutum dalle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, ai sensi dell’art. 2437, comma 4, c.c. Al riguardo, la Corte di Cassazione, superando un contrario orientamento, ha recentemente accolto la possibilità di prevedere questa forma di recesso, da esercitare con un congruo termine di preavviso. Recesso consensuale Assonime evidenzia che se il recesso consensuale si considera una modalità di disinvestimento e liquidazione della partecipazione del socio astrattamente ammissibile, l’attenzione deve essere rivolta alle modalità della sua realizzazione che devono tenere in considerazione due potenziali aspetti problematici:- la tutela dei soci, - la tutela dei terzi. Per quanto riguarda la tutela dei soci e, in particolare, il principio della parità di trattamento tra soci, è da sottolineare come esso, essendo disposto nell’esclusivo interesse degli stessi, può essere soggetto a rinuncia. L’interesse dei soci è quindi tutelato nel momento in cui la liquidazione del singolo socio è concessa con il consenso unanime di tutti gli altri soci. Per quanto riguarda invece il profilo di tutela dei terzi, l’operazione deve essere realizzata nel rispetto delle regole societarie sulla distribuzione del patrimonio sociale ai soci, senza che rilevi, per i terzi, che la distribuzione avvenga a favore di un singolo socio. In concreto, nelle spa, la liquidazione della partecipazione del socio uscente può essere realizzata attraverso due procedimenti: - l’acquisto di azioni proprie, - la riduzione volontaria reale del capitale sociale, con alcune specificità. Nel caso di acquisto azioni proprie troverà applicazione la relativa disciplina contenuta negli artt. 2357 ss. c.c. In assenza di riserve disponibili, si dovrà procedere con una riduzione reale non proporzionale del capitale sociale, ammessa in presenza del consenso unanime di tutti i soci, con possibile opposizione dei terzi creditori che sono quindi tutelati dall’applicazione della disciplina prevista dall’art. 2445 c.c. In particolare, trova infatti applicazione la disciplina generale sull’opposizione prevista dall’art. 2445 c.c. 13 che impedisce l’efficacia della delibera di riduzione, salvo che il tribunale disponga che l’operazione abbia luogo, previa prestazione di un’idonea garanzia o qualora reputi infondato il pericolo di pregiudizio per i creditori. Recesso ad nutum Assonime rileva che il recesso convenzionale ad nutum non sarebbe ammissibile nelle società chiuse contratte a tempo determinato sulla base di una serie di argomenti. Innanzitutto, l’esercizio del diritto di recesso, in quanto diritto al disinvestimento del socio, richiederebbe sempre la precisa indicazione della fattispecie legittimante il recesso e quindi di presupposti obiettivamente riscontrabili. In questo senso, deporrebbe anzitutto il tenore letterale dell’art. 2437 c.c., comma 4, c.c. secondo cui lo statuto può prevedere “le ulteriori cause di recesso”. Questa formulazione implicherebbe sempre la preventiva e necessaria specificazione in statuto delle cause legittimanti l’esercizio del recesso. In secondo luogo, non appare possibile estendere in via analogica alle società a tempo determinato la possibilità prevista dall’art. 2437, comma 3, c.c., che ammette il recesso ad nutum nelle società chiuse contratte a tempo indeterminato, in quanto si tratta di una previsione eccezionale giustificata dalla indeterminatezza della durata della società. Il secondo orientamento, sostenuto dalla prassi notarile e da parte della dottrina, si esprime invece nel senso che lo statuto di spa possa attribuire il diritto di recesso, oltre che nelle ipotesi di legge, anche per il mero volere del socio recedente, salva la necessità di un preavviso di almeno 180 giorni. Se, infatti, è sufficiente non stabilire un termine di durata della società perché la legge vi ricolleghi la possibilità di recedere liberamente, “nulla si oppone al recesso libero introdotto dai soci pur in presenza di un termine di durata”. La Corte di Cassazione, in una recente sentenza (Sent. n. 2629 del 29 gennaio 2024) ha ritenuto legittima la clausola statutaria che consente al socio di recedere liberamente dalla società per azioni contratta a tempo determinato, che non accede al mercato del capitale di rischio. Secondo il giudice di legittimità, il tenore letterale dell’art. 2347, comma 4, c.c. non depone in modo univoco nel senso che le “ulteriori cause di recesso”, previste nello statuto, debbano essere anche singole e specifiche né che debbano tendere necessariamente a tutelare il dissenso dei soci rispetto specifiche deliberazioni assunte dall’assemblea. Secondo la Corte, le linee di indirizzo della riforma del 2003, infatti, non impongono che il recesso debba sempre trovare giustificazione in singole deliberazioni, ma è possibile ammettere anche un più generico diritto a “dissentire” del socio rispetto agli interessi e ai comuni intendimenti espressi dal resto della compagine sociale. La riforma ha, infatti, inteso ampliare l’istituto del recesso per favorire la competitività delle imprese, abbandonando i principi della tassatività delle cause di recesso e del favor per l’integrità del capitale sociale e per la prosecuzione dell’impresa, eliminando il trattamento economico di sfavore riservato al socio recedente e ampliando le ipotesi in cui è assicurato al socio un rapido disinvestimento. L’intento di favorire l’autonomia negoziale dei soci e della società unita all’intenzione di agevolare il finanziamento delle imprese sono gli interessi posti a fondamento della possibilità di recedere ad nutum nelle società a tempo indeterminato e della facoltà di introdurre forme di recesso convenzionale. Secondo Assonime, con la sentenza richiamata, la Corte di legittimità compie un definitivo e significativo passo per aprire alla possibilità del recesso ad nutum statutario delle società per azioni a tempo determinato che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, recependo le istanze di mercato e rendendo più appetibile l’investimento di rischio nelle spa.Copyright © - Riproduzione riservata