• Home
  • News
  • Massimale annuo contributivo e procedura PRISMA: il datore di lavoro ha la certezza di non commettere errori?

Massimale annuo contributivo e procedura PRISMA: il datore di lavoro ha la certezza di non commettere errori?

Cn la circolare n. 48 del 2024, l’INPS fa un passo avanti fornendo strumenti di tutela per il datore di lavoro al fine di evitare errori nel versamento dei contributi che possano esporlo a pesanti esborsi per regolarizzare le situazioni non corrette. L’Istituto ha, infatti, comunicato il rilascio della procedura PRISMA, che consente al datore di lavoro di controllare se il lavoratore ha o meno contributi ante 1996. Tuttavia, la procedura presenta ancora rischi per il datore di lavoro in quanto l’INPS ha dichiarato che l’esito della verifica non ha valore certificativo. Inoltre, l’esito del controllo potrebbe essere non corretto a causa di circostanze non rinvenibili dagli archivi informatici dell’INPS. Come deve comportarsi il datore di lavoro?

La riforma del regime pensionistico, attuata con la Legge n. 335/1995, ha introdotto per i lavoratori neoassunti un limite al versamento dei contributi pensionistici prevedendo un massimale annuo, al raggiungimento del quale per il lavoratore interessato non sono più dovuti i contributi per il finanziamento del Fondo pensionistico ma solo quelli destinati al finanziamento delle prestazioni non pensionistiche. Le regole sul massimale si applicano ai lavoratori che non possono far valere, anteriormente al 1.1.1996 alcuna anzianità contributiva maturata in gestioni pensionistiche obbligatorie e per coloro che esercitano l’opzione al sistema contributivo (si veda l’art. 1 comma 23 L. n. 335/1995). Per Gestioni pensionistiche obbligatorie si intendono quelle dei lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi, Casse per liberi professionisti, anche se diversa da quella di attuale iscrizione del lavoratore (circolare n. 42/2009). Non sono utili i versamenti ante 1996 effettuati all’ENASARCO, stante la natura integrativa del fondo pensionistici (Messaggio n. 730/2023). Negli anni scorsi si è assistito a un contenzioso tra l’INPS e le aziende sull’errata applicazione del massimale contributivo dovuto sia alla mancata applicazione del massimale a coloro che non avevano anzianità assicurativa prima del 1.1.1996 sia all’applicazione del massimale per coloro che invece erano in possesso di anzianità assicurativa ante 1.1.1996. Da cosa ha origine il contenzioso con l’INPS Il contenzioso nasceva dal fatto che i datori di lavoro non avevano modo di poter accertare se effettivamente i lavoratori avessero o meno anzianità contributiva ante 1.1.1996 in quanto non erano autorizzati a interrogare le banche dati dell’INPS riguardo alla carriera assicurativa dei propri dipendenti. Per l’applicazione del massimale dovevano quindi fondare il loro operato sulla dichiarazione che i lavoratori prossimi al raggiungimento del massimale sono tenuti a presentare al datore di lavoro. L’obbligo di presentazione della dichiarazione è stato previsto dalla circolare n. 177/1996 e ribadito con il messaggio n. 4412/2021. Tuttavia, anche con il rilascio della dichiarazione, il datore di lavoro non può avere la certezza che il suo comportamento sia corretto sotto il profilo previdenziale. La circolare n. 177/1996 stabilisce che il datore di lavoro deve conformare il proprio comportamento in base al contenuto della dichiarazione rilasciata dal lavoratore: “Agli effetti degli adempimenti contributivi si osserveranno i seguenti criteri. a) Per i lavoratori assunti dopo il 31.12.1995, nel momento in cui il loro livello retributivo si attesti al di sopra del massimale annuo …. i datori di lavoro dovranno acquisire una dichiarazione del lavoratore attestante l'esistenza o meno di periodi utili o utilizzabili ai fini dell’anzianità contributiva anteriori al 1° gennaio 1996. In caso affermativo sottoporranno a contribuzione pensionistica l'intera retribuzione senza, cioè, applicare il massimale. b) In caso di dichiarazione negativa ed in assenza di diverse risultanze eventualmente rilevate da altra fonte in possesso del datore di lavoro, quest'ultimo sottoporrà al prelievo contributivo ai fini pensionistici la sola quota di retribuzione sino al massimale annuo…”. Ma cosa accade se la dichiarazione non trova riscontro con le informazioni in possesso dell’INPS? Il datore di lavoro, come accaduto negli anni scorsi, anche se in possesso della dichiarazione del lavoratore sulla mancanza di contributi ante 1996 ha dovuto regolarizzare la situazione pregressa nella quale ha versato i contributi pensionistici fino al massimale versando la differenza di contributi oltre alle sanzioni civili ridotte nella misura degli interessi legali (si veda il messaggio n. 4412/2021). Si badi che questa situazione di errata comunicazione da parte del lavoratore potrebbe essere accaduta anche involontariamente. Si pensi al caso di lavoratori che hanno effettivamente iniziato un rapporto di lavoro continuativo dopo il 1996 ma che da giovani abbiano fatto delle prestazioni lavorative di piccola entità prima del 1.1.1996, ad esempio, facendo assistenza in mostre e convegni, servizio d’ordine ai concerti oppure la comparsa in qualche spettacolo anche in giovanissima età, a fronte delle quali sono stati assicurati previdenzialmente anche solo per qualche giorno. È plausibile ritenere che i lavoratori che hanno avuto queste esperienze lavorative in passato potessero non essere consapevoli del versamento dei contributi da parte dei soggetti che ne avevano utilizzato la prestazione e avessero dichiarato di non avere contributi precedenti al 1.1.1996. In tal caso, i datori di lavoro erano tenuti a versare i contributi sulla base della dichiarazione del lavoratore. Questa situazione li esponeva al rischio di ricevere da parte dell’INPS richieste di regolarizzazione con pagamento di consistenti somme per la contribuzione arretrata calcolata senza applicazione del massimale e alle sanzioni civili, seppur nella misura degli interessi legali, pur a fronte della dichiarazione rilasciata dal lavoratore alla quale la circolare del 1996 li obbligava ad attenersi. La procedura PRISMA fornisce un rimedio… ma non la sicurezza di non sbagliare Questa situazione di incertezza è stata parzialmente sanata con la messa in produzione da parte dell’INPS della procedura PRISMA illustrata dall’INPS con la circolare n. 48 del 25 marzo 2024 con la quale l’Ente di previdenza ha comunicato il rilascio di una procedura che consente al datore di lavoro di controllare se il lavoratore ha o meno contributi ante 1996, ovvero se ha presentato domanda di riscatto o di accredito figurativo di contributi che si collocano temporalmente prima del 1.1.1996. La procedura fa un passo avanti nel fornire strumenti di tutela per il datore di lavoro nell’evitare errori nel versamento dei contributi che possano esporlo a pesanti esborsi per regolarizzare le situazioni non corrette. Tuttavia, la procedura dell’INPS presenta ancora rischi per il datore di lavoro in quanto l’INPS ha dichiarato che l’esito della verifica non ha valore certificativo. La procedura può essere utilizzata dal 10 aprile da tutti i datori di lavoro privati (successivamente sarà estesa anche alla Gestione pubblica) per sapere se per il dipendente sono presenti contributi ante 1996 oppure domande di riscatto o accredito figurativo. L’interrogazione potrà essere effettuata solo dopo il primo invio del flusso UniEmens del lavoratore che collega funzionalmente il datore di lavoro interrogante al lavoratore. In caso di verifica per lavoratori non più in forza, l’accertamento dovrà essere richiesto direttamente alle sedi dell’INPS. In particolare, la procedura emette un prospetto informativo sulla base dei dati presenti nell’archivio dell’INPS e nel casellario dei lavoratori attivi alla data dell’interrogazione, nel quale è riportata la data in cui risulta presente il primo contributo obbligatorio riferito a forme pensionistiche obbligatorie, se precedente al 1° gennaio 1996 oppure l’informazione della presenza di una domanda di accredito figurativo o riscatto relativo a periodi antecedenti il 1° gennaio 1996. Riporta, inoltre la data della eventuale opzione per il sistema contributivo per i lavoratori con contributi ante 1.1.1996, anche con riferimento a casse pensionistiche professionali obbligatorie. Riguardo a queste ultime si segnala che l’eventuale presenza di contributi ante 1.1.1996 in casse professionali che applicano il solo sistema di calcolo contributivo, non è utile a far acquisire al lavoratore la qualifica di “vecchio iscritto” ai fini del massimale, così come non sono utili eventuali periodi riscattati nella Gestione separata che si collocano prima del 1.1.1996. L’area di incertezza che permane dopo il rilascio di PRISMA Come abbiamo visto, la procedura rilascia un esito alla data dell’interrogazione ma la situazione potrebbe modificarsi anche solo dopo qualche giorno perché, ad esempio, il lavoratore decide di inviare una domanda di riscatto o di accredito figurativo dopo la consultazione da parte del datore di lavoro. Inoltre, la posizione assicurativa del lavoratore potrebbe essere modificata in relazione all’iscrizione a forme pensionistiche diverse da quelle gestite dall’INPS. Per intercettare questi casi, è opportuno che il datore di lavoro che ha dipendenti prossimi al raggiungimento del massimale ricordi ai lavoratori l’obbligo di comunicare la presentazione di eventuali domande di riscatto o accredito figurativo che possano modificare lo status rispetto al possesso di contributi ante 1.1.1996, evidenziando che si tratta di un punto delicato da valutare nell’ambito della correttezza comportamentale del lavoratore in quanto la mancata comunicazione espone il datore di lavoro a far fronte ad addebiti consistenti, oltre al pagamento di interessi legali per omesso versamento della contribuzione. L’art. 1, comma 280, della Legge n. 208/2015 ha infatti chiarito, con norma di interpretazione autentica, che nel caso di domanda di accredito figurativo o di riscatto, l’esclusione dell’applicazione del massimale contributivo decorre a partire dal mese successivo a quello di presentazione della domanda, a condizione che si verifichi l’accredito della contribuzione figurativa o l’assolvimento dell’onere economico e la comunicazione in ritardo da parte del lavoratore non consente al datore di lavoro di assolvere correttamente al versamento dei contributi alle scadenze previste. Infine, l’INPS comunica che l’esito del controllo potrebbe essere non corretto a causa di circostanze non rinvenibili dagli archivi informatici dell’INPS. A tal fine l’INPS cita il caso di contributi per lavoro prestato all’estero e delle domande di accredito di contribuzione figurativa o di riscatto relative a periodi in cui il processo di gestione delle stesse non risulta automatizzato o le domande presentate nella Gestione pubblica, non disponibili negli archivi informatici dell’Ente. Per queste domande non rilevabili dal controllo, si tratta di una mancanza alla quale l’INPS avrebbe potuto porre rimedio, in quanto si tratta di domande di riscatto presentate prima dell’automazione delle procedure allo stesso Ente e la cui esistenza dovrebbe essere già nota. Qualora fossero state presentate in modalità cartacea e non ancora registrate nelle procedure informatiche, l’INPS avrebbe potuto dare indicazioni alle proprie sedi di registrare le domande in procedura in tempi brevi modo da poter essere intercettate anche se non ancora lavorate. Non avendo dato indicazioni in tal senso alle sedi, le domande potrebbero evidenziarsi in un futuro anche lontano accreditando contributi ante ’96 con l’obbligo di regolarizzazione del pregresso da parte del datore di lavoro e richieste di pagamento di somme ingenti. In queste situazioni sarebbe stato, perlomeno opportuno che l’INPS si fosse pronunciato esonerando il datore di lavoro almeno dal pagamento di interessi visto che non sarebbe a lui imputabile la colpa dell’omesso versamento della contribuzione. Versamenti effettuati in eccesso rispetto al massimale A completamento della trattazione, si ritiene utile ricordare di effettuare il controllo anche per coloro ai quali il massimale non è applicato in quanto si può correre il rischio di versare inutilmente contribuzione previdenziale priva di efficacia. In ambito previdenziale esiste l’istituto della “convalida” dei contributi versati in eccesso il quale prevede che i contributi versati indebitamente nell’assicurazione generale obbligatoria, sono annullabili da parte dell’INPS se, all’atto dell’accertamento, non è decorso un quinquennio dalla data del versamento e sono rimborsabili al datore di lavoro se la domanda perviene entro il termine di prescrizione ordinaria (art. 8 del D.P.R. 26.4.1957, n. 818). Sono invece suscettibili di convalida e produttivi di effetti i contributi versati da oltre il quinquennio considerato (circolare INPS n. 282/1995). Riguardo al rapporto tra massimale contributivo e convalida, si ricorda che con l’art. 2, comma 18, Legge n. 335/1995 il legislatore ha inteso fissare, per i lavoratori iscritti post 31.12.1995, un “massimale annuo” che costituisce un tetto inderogabile sia ai fini della base contributiva sia ai fini della base pensionabile. Pertanto, i versamenti pensionistici che eccedono il massimale non assumono alcuna rilevanza né sul piano contributivo né su quello pensionabile e per essi non è applicabile l’istituto della convalida. Ciò in quanto con il suo comportamento il datore di lavoro non commette un mero errore nel calcolo della contribuzione dovuta, ma realizza una trasformazione del rapporto previdenziale trasferendo il lavoratore dalla categoria “nuovi iscritti” a quella di “vecchi iscritti”. La convalida dei contributi versati oltre il massimale, infatti, ricondurrebbe la contribuzione ad una tipologia di rapporto previdenziale che non si è realizzato. La fattispecie appare assimilabile, in relazione all’accredito ed al relativo rimborso, all’assenza del presupposto assicurativo, riferendosi ad una qualificazione del rapporto previdenziale, nella categoria “vecchi iscritti” che non si è mai verificata. Il controllo effettivo del versamento di contributi eccedenti il massimale da parte dell’INPS avviene al momento del pensionamento del lavoratore quando, in fase di calcolo della pensione, le procedure dell’INPS non applicano l’istituto della convalida e abbattono all’importo del massimale le retribuzioni dei lavoratori nuovi iscritti, anche se il versamento è stato effettuato sulle retribuzioni effettive oltre il quinquennio. L’annullamento della contribuzione accreditata oltre il massimale sarà fatto sull’intero periodo, relativamente alla parte di imponibile eccedente il massimale, indipendentemente dal momento in cui avviene l’accertamento. Può quindi interessare anche periodi molto remoti. Il rimborso della contribuzione versata in eccesso, priva di effetti, può essere richiesto dal datore di lavoro, entro i limiti di prescrizione decennale. Le somme che si collocano oltre il periodo di prescrizione decennale restano acquisite alla gestione pensionistica dell’INPS quantunque prive di effetti previdenziali (circolare n. 63/2019). È importante, quindi, effettuare il controllo per evitare di versare inutilmente contribuzione previdenziale che non sarà utile per accrescere il trattamento pensionistico del lavoratore. Schema riepilogativo

A chi si applicaIl massimale si applica ai lavoratori non aventi anzianità contributiva anteriore al 1.1.1996
FrazionabilitàIl massimale non è frazionabile a mese e opera anche se l'anno solare risulta retribuito solo parzialmente.
Più rapporti di lavoro contestuali o successiviIn caso di diversi rapporti di lavoro, ai fini dell’applicazione del massimale, le retribuzioni si cumulano e ciascun datore di lavoro, per determinare il raggiungimento del massimale, deve tenere conto della retribuzione corrisposta dall'altro datore di lavoro.
Accredito contributi figurativiSe si collocano prima del 1.1.1996 fanno acquisire lo status di “vecchio iscritto” senza applicazione del massimale dal mese successivo alla domanda.
RiscattoSe i contributi da riscattare si collocano per almeno una settimana prima del 1.1.1996 fanno acquisire lo status di “vecchio iscritto” senza applicazione del massimale dal mese successivo alla domanda. Se il riscatto non è perfezionato con il pagamento della prima rata, la domanda è ininfluente ai fini dell’applicazione del massimale.
Opzione per il sistema contributivoDal mese successivo all’opzione, si applica il massimale
Lavoro all’estero in paesi della U.E. o convenzionati con l’ItaliaI contributi sono equiparati al lavoro in Italia e devono essere tenuti in considerazione ai fini del massimale
Lavoro all’estero in paesi non convenzionatiI contributi sono ininfluenti per l’applicazione del massimale
PreavvisoIl preavviso che si colloca a cavallo d’anno entra nel calcolo del massimale per la parte di preavviso di competenza di ciascun anno
Gestione separataAi fini del massimale non sono utili i periodi di riscatto ante 1.1.1996. I compensi non si sommano alle retribuzioni da lavoro dipendente.
Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/04/11/massimale-annuo-contributivo-procedura-prisma-datore-lavoro-certezza-non-commettere-errori

Iscriviti alla Newsletter




È necessario aggiornare il browser

Il tuo browser non è supportato, esegui l'aggiornamento.

Di seguito i link ai browser supportati

Se persistono delle difficoltà, contatta l'Amministratore di questo sito.

digital agency greenbubble