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Redditi di lavoro dipendente: come cambia il regime impositivo

Cambia la tassazione dei redditi di lavoro dipendente. La bozza del decreto legislativo recante interventi ai fini IRPEF e ai fini IRES, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri del 30 aprile 2024, amplia le componenti escluse dalla formazione del reddito di lavoro dipendente. In particolare, sono esclusi i contributi e premi versati dal datore di lavoro per i familiari a carico dei dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie. Quali sono le altre novità? Da quando si applicheranno?

Prosegue l’iter per approdare ad una riforma fiscale e nuovi tasselli si aggiungono alle disposizioni già entrate in vigore in attuazione della legge delega n. 111/2023. Nell’ambito del decreto per la revisione del regime impositivo, approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 30 aprile, rilevano alcune misure che incidono sulla tassazione dei redditi di lavoro dipendente. Somme e prestazioni erogate da enti bilaterali Un’integrazione all’art. 49, comma 2 del TUIR, include tra i redditi di lavoro dipendente le somme, i servizi e le prestazioni erogati dagli enti bilaterali, di cui all’art. 2, lettera h), del D.Lgs. n. 276/2003, che operino sulla base del principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti e che non svolgano attività e funzioni di cui all’art. 9 del D.Lgs. n. 502/1992, ovvero al D.Lgs. n. 252/2005. A riguardo si ricorda che relativamente alle prestazioni erogate dagli enti bilaterali, per il passato, era prevista la tassazione delle sole prestazioni inquadrabili in una delle categorie reddituali previste dall’art. 6 del TUIR (fondiari, di capitale, di lavoro dipendente, di lavoro autonomo, d’impresa o redditi diversi), comprese le erogazioni corrisposte in sostituzione di tali redditi (cfr. Agenzia delle Entrate Risoluzione 4 ottobre 2018, n. 24; circolari 23 dicembre 1997, n. 326 e 4 marzo 1999, n. 55). Contributi versati dall’azienda agli enti bilaterali All’art. 51 comma 2, dopo la lettera a), è prevista l’introduzione della lettera a-bis che prevede la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei contributi assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore agli enti bilaterali indicati all’art. 49, comma 2, lettera b-bis), in conformità a disposizioni dei contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, o di regolamento aziendale, per un importo non superiore complessivamente a 3.615,20 euro. La disposizione, quindi, anche tenuto conto della nuova formulazione dell’art. 10, comma 1, lettera e-ter), descrive una specifica disciplina fiscale in ordine ai contributi e alle prestazioni relativi agli enti bilaterali. Oneri deducibili Una delle misure introdotte interviene sull’art. 10, comma 1, lettera e-ter), nel quale le parole: “che erogano prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con decreto del Ministro della salute da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione” sono sostituite dalle seguenti: “iscritti all’Anagrafe dei fondi sanitari integrativi istituita con il decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008 che operino secondo il principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti”. Ricordiamo che sono deducibili dal reddito complessivo per un importo annuo non superiore a 3.615,20 euro, i contributi versati ai fondi sanitari integrativi del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che erogano prestazioni rientranti tra quelle individuate dai commi 4 e 5 dell’art. 9 del D.Lgs. n. 502/1992. Il sistema di finanziamento privatistico dell’assistenza sanitaria opera in regime di complementarità rispetto al sistema pubblico e, nello specifico, si tratta di prestazioni aggiuntive, non comprese nei livelli essenziali e uniformi di assistenza, erogate da professionisti e strutture accreditate, ovvero di prestazioni erogate dal SSN comprese nei livelli uniformi ed essenziali di assistenza, per la sola quota posta a carico dall'assistito. La deduzione spetta anche in riferimento alle spese sostenute per le persone fiscalmente a carico per la sola parte non dedotta da queste ultime. Tra le prestazioni di natura assistenziale e socio-sanitaria rientranti tra quelle individuate dal D.Lgs. n. 502/1992, a titolo esemplificativo ricordiamo le prestazioni integrative e sostitutive di quelle del Sistema Sanitario Nazionale (ricoveri, visite specialistiche e diagnostiche, cure riabilitative, odontoiatriche, etc.); le prestazioni socio-sanitarie erogate in strutture accreditate residenziali e semiresidenziali oppure in forma domiciliare oppure le prestazioni finalizzate al recupero della salute di soggetti temporaneamente inabili a causa di malattia o infortunio per la parte non garantita dalla normativa vigente. Contributi e premi versati dal datore di lavoro L’art. 51 del TUIR, come noto, dispone le modalità di determinazione del reddito da lavoro dipendente e nell’ambito della riforma in trattazione è interessato da una serie di modifiche. Il secondo comma, lettera a) nella nuova formulazione proposta, comprende tra i valori che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente i contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge e i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a contratti collettivi di cui all’art. 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, o di regolamento aziendale, iscritti all’Anagrafe dei fondi sanitari integrativi istituita con il decreto del Ministro della salute del 31 marzo 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 giugno 2008, n. 141, che operino secondo il principio di mutualità e solidarietà tra gli iscritti. Il riferimento all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, giova ricordarlo, compare ormai in molte disposizioni poiché tale decreto, nel riordino delle tipologie contrattuali, ha previsto un sostanziale criterio di parificazione tra i livelli della contrattazione collettiva, specificando che salvo diversa previsione, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali (RSA o RSU). In altri termini, tale disposizione fornisce una definizione dei contratti collettivi da utilizzare, salvo diversa previsione, in tutti i casi in cui il legislatore rinvia espressamente a tale fonte. La lettera f-quater) dispone la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente dei contributi e dei premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche assicurative, a copertura del rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o aventi ad oggetto il rischio di gravi patologie. Tra le novità proposte, si prevede l’estensione di tale misura anche ai premi versati dal datore di lavoro in favore dei familiari dei lavoratori dipendenti, vale a dire i soggetti indicati nell’art. 12 che si trovano nelle condizioni previste dal secondo comma del medesimo articolo (familiari che possiedono un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro ovvero 4.000 euro se trattasi di figli di età non superiore a ventiquattro anni). È prevista, inoltre, l’abrogazione della successiva lettera i-bis che dispone la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente delle quote di retribuzione derivanti dalla rinuncia all'accredito contributivo presso gli enti previdenziali a partire dalla prima scadenza utile per il pensionamento. Ricordiamo, in estrema sintesi, che tale disposizione si applica alle ipotesi in cui il datore di lavoro, a seguito della predetta facoltà esercitata dal lavoratore, interrompe il versamento dei contributi per corrispondere a quest’ultimo l’importo che avrebbe dovuto versare all’ente previdenziale. Con l’abrogazione della lettera i-bis tali importi non saranno più esclusi dalla concorrenza del reddito ma tassati. Determinazione del valore di beni e servizi L'art. 51, comma 1 TUIR dispone che "il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro" (principio di onnicomprensività). Per effetto di tale disposizione, sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono, generalmente, redditi imponibili e, quindi, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente. L'art. 51, comma 3, individua nel cosiddetto "valore normale" il criterio generale da utilizzare per valutare i compensi in natura, i cui princìpi sono stabiliti dall’art. 9. Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 9 per “valore normale” deve intendersi il “prezzo mediamente praticato per beni della stessa specie o similari in condizione di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni sono acquisiti”. La nuova disposizione intende porre chiarezza sul criterio di quantificazione adottato, distinguendo il caso in cui il bene o il servizio sia ceduto dal produttore dal caso in cui sia, invece, ceduto da terzi. Nello specifico, si interviene sul secondo periodo del comma 3 relativo ai beni o servizi oggetto dell’attività del datore di lavoro, derogando espressamente al criterio del “valore normale” e stabilendo che “in deroga al primo periodo, il valore dei beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro e ceduti ai dipendenti è determinato in base al prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi a favore del lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro.” Un’ultima modifica, invece, riguarda la mera indicazione dell’importo di cui al terzo periodo del medesimo comma, finora espresso in lire, ora adeguato al corrispondente valore in euro.

Art. 51, comma 3, TUIR Art. 51, comma 3, TUIR (nuova formulazione)
Ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell'articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell'articolo 9. Il valore normale dei generi in natura prodotti dall'azienda e ceduti ai dipendenti è determinato in misura pari al prezzo mediamente praticato dalla stessa azienda nelle cessioni al grossista. Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a lire 500.000; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito. Ai fini della determinazione in denaro dei valori di cui al comma 1, compresi quelli dei beni ceduti e dei servizi prestati al coniuge del dipendente o a familiari indicati nell'articolo 12, o il diritto di ottenerli da terzi, si applicano le disposizioni relative alla determinazione del valore normale dei beni e dei servizi contenute nell'articolo 9. In deroga al primo periodo, il valore dei beni e servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività del datore di lavoro e ceduti ai dipendenti è determinato in base al prezzo mediamente praticato nel medesimo stadio di commercializzazione in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi a favore del lavoratore o, in mancanza, in base al costo sostenuto dal datore di lavoro. Non concorre a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d'imposta a euro 258,23; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito.
Documentazione delle trasferte nel territorio comunale Ai fini dell’esclusione dalla concorrenza al reddito di lavoro dipendente delle indennità e dei rimborsi di spese sostenute in occasione di trasferte effettuate nell'ambito del territorio comunale, di cui al comma 5, quarto periodo, del citato art. 51, le parole “di trasporto comprovate da documenti provenienti dal vettore” sono sostituite dalle seguenti: “di viaggio e trasporto comprovate e documentate”. Giova rammentare che il comma 5 disciplina il regime fiscale applicabile alle indennità di trasferta erogate al lavoratore dipendente per la prestazione dell'attività lavorativa fuori dalla normale sede di lavoro, differenziando il trattamento delle indennità a seconda che le prestazioni lavorative siano o meno svolte nel territorio del Comune in cui è ubicata la sede di lavoro del dipendente. Ed infatti, mentre per le trasferte fuori del territorio comunale sono previsti tre distinti sistemi di tassazione in ragione del tipo di rimborso scelto (forfetario, misto e analitico), per le trasferte effettuate all’interno del Comune, le indennità ed i rimborsi di altre spese di viaggio sono da considerarsi imponibili, salvo le spese per gli spostamenti (ora anche senza l’intervento di un vettore) purché comprovate e risultanti dalla documentazione interna conservata dal datore di lavoro (cfr. Agenzia delle Entrate circolare 23 dicembre 1997, n. 326, paragrafo 2.4, risoluzioni 13 dicembre 2000, n. 191, 25 febbraio 2009, n. 53/E). Tutte le novità descritte si applicheranno ai componenti del reddito di lavoro dipendente percepiti dal 1° gennaio 2025. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/05/02/redditi-lavoro-dipendente-cambia-regime-impositivo

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