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Archivio newsCasse di previdenza e fondi pensione: come si applica la detassazione degli investimenti qualificati
Con la risposta a interpello n. 105 del 2024, l’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni in materia di investimenti qualificati da parte delle Casse di previdenza e dei fondi pensione. In particolare, il caso verte sull’applicazione delle regole sulla detassazione dei redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine, detenuti con vincolo temporale di almeno 5 anni. Nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria ritiene che i rimborsi parziali di capitale di OICR che non determinano l'annullamento delle quote o delle azioni, ma ne riducano semplicemente il valore unitario, non comportano l'obbligo di reinvestimento ai fini del computo del vincolo di 5 anni di detenzione degli investimenti qualificati. Il disinvestimento non riduce quindi l'importo limite del 10% dell'attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell'esercizio precedente cui occorre far riferimento ai sensi della normativa vigente in materia di investimenti qualificati.
L’ Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello n. 105/2024, ha fornito specifici chiarimenti sul tema degli investimenti qualificati da parte delle Casse di previdenza e dei fondi pensione. Il caso era quello di una Cassa di previdenza che ha sottoscritto quote di un fondo di investimento alternativo mobiliare di diritto lussemburghese di private debt, istituito in forma chiusa come Sicav. L’Ente previdenziale intende mantenere le quote del FIA nel lungo periodo, per non meno di 5 anni per soddisfare pienamente i requisiti temporali previsti dalla normativa sugli investimenti qualificati. Il quesito riguardava il se, in caso di rimborsi “pro quota” di capitale operati dal FIA in conformità al regolamento, quali ad esempio disinvestimenti realizzativi di attivi del fondo, vi sia l’obbligo di reinvestimento contemplato dalla normativa fiscale. Investitori previdenziali e sostegno all’economia reale Va ricordato come il tema degli investimenti qualificati assume particolare rilevanza nel contesto economico attuale in cui si ragiona sul possibile sostegno da parte degli investitori previdenziali allo sviluppo economico. E’ anche in corso una specifica indagine conoscitiva sugli investimenti finanziari e sulla composizione del patrimonio degli Enti previdenziali e dei fondi pensione anche in relazione allo sviluppo del mercato finanziario e al contributo fornito alla crescita dell'economia reale. da parte della Commissione parlamentare bicamerale di controllo sull’attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. Come sottolineato da Febaf (Federazione Banche, Assicurazioni e finanza) quello degli investitori istituzionali italiani (in particolare Casse privatizzate, fondi pensione, compagnie di assicurazione) è un mercato che pesa per circa il 50% del PIL, con un patrimonio che si aggira intorno ai 1.200 miliardi (al 31/12/2022). In particolare, le Casse di previdenza e i fondi previdenziali, secondo le varie forme esistenti (negoziali, preesistenti, PIP) presentano un patrimonio di quasi 310 miliardi (quasi 104 le prime e 206 miliardi i secondi). Tra le diverse posizioni espresse, nel ricordare come la legge sulla competitività dei capitali abbia esteso agli Enti previdenziali privati e privatizzati la qualifica di controparti qualificate ai fini della prestazione dei servizi di investimento, vi è la richiesta di ridurre la tassazione oggi gravante sui rendimenti degli investimenti dei fondi di primo e secondo pilastro, rispettivamente al 26% e al 20%, e di perseguire l’armonizzazione a livello europeo del livello impositivo. Con specifico riferimento alle Casse va superato poi l’attuale sistema di doppia tassazione delle rendite dal momento che il prelievo fiscale avviene sia in fase di maturazione delle rendite finanziarie, ottenute dalla gestione, che in fase di erogazione delle prestazioni individuali. La variabile fiscale potrebbe, inoltre, costituire una leva rilevante per favorire impieghi a lungo termine e quindi l’afflusso di risorse verso l’economia reale, sia con riferimento agli investitori istituzionali, sia con riferimento allo sviluppo dei risparmi dei cittadini, in analogia e in un’ottica di complementarità rispetto a strumenti già esistenti. E’ utile ricordare, con specifico riferimento ai fondi pensione, come un recente Paper The European House Ambrosetti e Perseo Sirio “il ruolo dei fondi pensione negoziali nel rinnovato contesto macroeconomico e sociale del sistema-paese” evidenzi la attuale bassa incidenza di investimenti in economia reale da parte dei fondi negoziali, e delle forme di previdenza complementare in generale, che derivano anche dal fatto che le risorse gestite dalla previdenza complementare in Italia sono pari solo al 12,7% del PIL, un valore 10 volte inferiore la media dei Paesi OECD. Come sottolineato da Assogestioni vi è allora l’esigenza di introdurre delle misure volte a incrementare la partecipazione alla previdenza complementare sia per garantire pensioni adeguate ai lavoratori sia per far crescere le dimensioni dei fondi pensione italiani. Se si guarda infatti ai Paesi europei nei quali si registra una maggiore partecipazione ai mercati di capitali, ci si accorge che uno dei principali fattori che determina tale dinamica è proprio la presenza di fondi pensione di dimensioni rilevanti Stati come la Svezia, i Paesi Bassi e la Danimarca presentano elevati tassi di partecipazione ai fondi pensione, spesso determinati da meccanismi di adesione obbligatoria, e bassi livelli di depositi, al contrario di quanto avviene in quei Paesi, come l’Italia, nei quali la previdenza complementare è ancora poco diffusa. Pertanto, lo sviluppo del mercato dei capitali e, quindi, la possibilità di offrire al tessuto produttivo del Paese fonti di finanziamento alternative al canale bancario, sono strettamente correlati alla presenza e al contributo di fondi pensione caratterizzati da patrimoni rilevanti. Cosa prevede la normativa: le regole per la tassazione L'art. 1, commi da 88 a 96, della legge n. 232/2016 (legge di Bilancio 2017) prevede la detassazione per i redditi derivanti dagli investimenti a lungo termine (almeno 5 anni) nel capitale delle imprese effettuati dalle Casse previdenziali o da fondi pensione fino al 10 per cento dell’attivo patrimoniale. Casse di previdenza e fondi pensione possono destinare fino al 10 per cento del loro attivo patrimoniale agli investimenti qualificati nonché ai piani di risparmio a lungo termine (Pir). Come ricorda l’Agenzia delle Entrate l’investimento qualificato può avvenire direttamente, attraverso la sottoscrizione di azioni o quote di imprese residenti in Italia o in altri Stati membri dell’UE o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) con stabile organizzazione in Italia o, indirettamente, mediante la sottoscrizione o l’acquisto di quote o azioni di investimento collettivo del risparmio (OICR) residenti nel territorio dello Stato che investano prevalentemente in azioni o quote prima evidenziate. La verifica della condizione della ''prevalenza'' degli investimenti qualificati deve risultare dal relativo regolamento di gestione dell’OICR italiano oppure, in caso di OICR estero, dalla documentazione di offerta. E’ necessario poi per potere beneficiare dell’agevolazione fiscale che gli investimenti qualificati siano detenuti per almeno 5 anni. Se vengono, invece, ceduti in anticipo rispetto al periodo minimo di detenzione, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo minimo di investimento sono soggetti ad imposta sostitutiva in misura corrispondente a quella prevista dalle norme ordinarie, unitamente agli interessi, senza applicazione di sanzioni, e il relativo versamento deve essere effettuato dai soggetti di cui al comma 88 entro il giorno 16 del secondo mese successivo alla cessione. In caso di rimborso o di scadenza dei titoli oggetto di investimento prima dei 5 anni le somme conseguite devono essere reinvestite negli strumenti finanziari individuati dalla normativa come “qualificati” entro 90 giorni, pena l’applicazione del meccanismo della “recapture” fiscale con ripresa a tassazione dei redditi percepiti in regime di agevolazione fiscale. La risposta dell’Agenzia delle Entrate Per quel che riguarda il caso prospettato dei “rimborsi parziali”, l’Agenzia delle Entrate richiama la circolare n. 19/E/2021 in materia di PIR secondo cui assume rilievo la circostanza che non avvengono su iniziativa dell’investitore ma sono disposti dal gestore a fronte di disinvestimenti in relazione ai quali non sono previsti nell’interesse degli investitori ulteriori investimenti (in linea con le disposizioni regolamentari del fondo). Per l'investitore, tali rimborsi non comportano l'annullamento delle quote o azioni detenute ma ne riducono semplicemente il relativo valore unitario e, pertanto, non costituiscono ''disinvestimenti'' ai fini della normativa PIR né incidono sull'ammontare del plafond utilizzato. Anche per Casse di previdenza e fondi pensione l’Amministrazione finanziaria ritiene allora che i rimborsi parziali di capitale di OICR che non determinano l'annullamento delle quote o delle azioni, ma ne riducano semplicemente il valore unitario, non comportano l'obbligo di reinvestimento ai fini del computo del vincolo temporale di 5 anni di detenzione degli investimenti qualificati, a condizione che il rimborso anticipato avvenga a fronte di disinvestimenti operati dall'OICR in relazione ai quali non sono previsti, nell'interesse degli investitori, ulteriori investimenti (in linea con le disposizioni regolamentari dell'organismo di investimento). In particolare, il disinvestimento non riduce l'importo limite del 10 per cento dell'attivo patrimoniale risultante dal rendiconto dell'esercizio precedente cui occorre far riferimento ai sensi della normativa vigente in materia di investimenti qualificati. Copyright © - Riproduzione riservata