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Archivio newsIntelligenza Artificiale: l’UE costruisce la cornice giuridica. Anche a beneficio del mercato del lavoro
Con il nuovo regolamento europeo sull’intelligenza artificiale, l’Unione europea ha voluto costruire un’importante cornice giuridica di regolamentazione in un ambito così importante dell’innovazione tecnologica. Si legge, infatti, nelle premesse del regolamento che l’AI può fornire vantaggi competitivi fondamentali alle imprese; al contempo, se ne ravvisano i rischi. In particolare, l’evoluzione dell’AI nell’ambito del diritto del lavoro sarà legata alla valutazione delle implicazioni che una materia così tecnica potrà avere in termini di competenze sul lavoro e all’applicazione e interpretazione del tutto nuova delle stesse tradizionali norme giuslavoristiche. Qual è il vero carattere innovativo di tale regolamento?
Stiamo forse diventando tutti più stupidi (M. Spitzer, 2013)? Stiamo abdicando alle nostre qualità umane più importanti: fantasia e intelligenza creativa? Le stiamo forse regalando (e relegando) alle macchine e ai sistemi di intelligenza artificiale? Strumenti sempre più sofisticati in grado di effettuare anche valutazioni della personalità più accurate rispetto a quelle svolte dagli esseri umani come ad esempio apertura mentale, coscienziosità e stabilità emotiva. Certamente no. L’interrogativo è volutamente provocatorio e serve a metterci in guardia dai rischi di una delega definitiva alla tecnologia ed alla IA di tutti quei compiti che non solo sono ripetitivi e faticosi (e in questo caso ben venga la tecnologia), ma anche di quelli che richiedono uno sforzo intellettivo e analitico più sofisticato demandato all’uomo. I sistemi di intelligenza artificiale applicati ai più svariati settori presentano, infatti, molti vantaggi. Ma attenzione anche ai rischi. Senza entrare qui nel merito delle implicazioni sul mercato del lavoro, che sono comunque rilevanti e non tutte negative (per un approfondimento si veda CNEL Quaderno n. 21/2024), i rischi maggiori in questo momento sono quelli legati alle nostre facoltà cognitive più importanti: la fantasia, la conoscenza fondata sull’esperienza, la creatività, il pensiero critico e analitico, l’intelligenza emotiva. Per non parlare delle implicazioni etiche. Vero punto di partenza per la gestione consapevole di questa rivoluzione. Il primo e più preciso passo in questa direzione è certamente il nuovo IA Act ossia il regolamento europeo sull’Intelligenza Artificiale. Con tale atto l’Unione europea ha voluto costruire un’importante cornice giuridica di regolamentazione e soprattutto di tutela, in un ambito così importante dell’innovazione tecnologica, che non solo è sempre più pervasivo di ogni ambito dell’economia e della società, ma che è anche in costante, dinamica e a volte imprevedibile evoluzione, come insegnano i casi più eclatanti scoppiati negli ultimi anni da Facebook ad Amazon. Ciò che colpisce, leggendo il regolamento, è innanzitutto, la consapevolezza del regolatore europeo dell’ampiezza e della pervasività di questo strumento e con essa, il riconoscimento dell’importanza di definire alcuni fondamentali limiti. Limiti che non vogliono frustrare la ricerca scientifica (e questo è detto molto chiaramente), ma che devono ricondurci verso le qualità umane più importanti. Quelle che caratterizzano la vita sociale di ogni individuo e quelle sulle quali è costruito tutto l’impianto giuridico della nostra società civile. Innovazione e tecnologia non devono farci allontanare dai valori fondanti della nostra storia sociale e giuridica. Sembra dirci questo il nuovo regolamento. O, almeno, è questo che è possibile leggere nell’obiettivo - unico per ora nel quadro globale - di identificare i confini tra umano e tecnologico, pur nella consapevolezza delle enormi potenzialità che in tutti i campi dell’economia, del diritto e delle professioni derivano dalla rivoluzione in atto. Si legge, infatti, nelle premesse del regolamento che “l'IA consiste in una famiglia di tecnologie in rapida evoluzione che contribuisce al conseguimento di un'ampia gamma di benefici a livello economico, ambientale e sociale nell'intero spettro delle attività industriali e sociali. L'uso dell'IA, garantendo un miglioramento delle previsioni, l'ottimizzazione delle operazioni e dell'assegnazione delle risorse e la personalizzazione delle soluzioni digitali disponibili per i singoli e le organizzazioni, può fornire vantaggi competitivi fondamentali alle imprese e condurre a risultati vantaggiosi sul piano sociale e ambientale”. E qui passa ad elencare i relativi ambiti: ad esempio, in materia di assistenza sanitaria, agricoltura, sicurezza alimentare, istruzione e formazione, media, sport, cultura, gestione delle infrastrutture, energia, trasporti e logistica, servizi pubblici, sicurezza, giustizia, efficienza dal punto di vista energetico e delle risorse, monitoraggio ambientale, conservazione e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento ad essi. Al contempo, se ne ravvisano i rischi, perché l'IA “può, a seconda delle circostanze relative alla sua applicazione, al suo utilizzo e al suo livello di sviluppo tecnologico specifici, comportare rischi e pregiudicare gli interessi pubblici e i diritti fondamentali tutelati dalla legislazione dell'Unione. Tale pregiudizio può essere sia materiale sia immateriale, compreso il pregiudizio fisico, psicologico, sociale o economico”. In ragione di ciò, il regolamento si pone quale obiettivo principale quello della definizione di un insieme di regole utili alla salvaguardia dei diritti fondamentali riconosciuti a livello europeo, per creare quel substrato di norme necessarie a sostenere l’operato di tutti gli attori pubblici e privati coinvolti nella creazione e nello sviluppo - anche a livello transfrontaliero - dei sistemi di IA in linea con i valori dell’Unione europea, sia quelli tradizionali, sia quelli che la stessa Unione europea sta implementando per supportare la trasformazione digitale in tutti i suoi territori. Da qui il richiamo che il regolamento fa anche alla normativa vigente dell'Unione europea in materia di protezione dei dati, tutela dei consumatori, diritti fondamentali, occupazione e protezione dei lavoratori e sicurezza dei prodotti. Tutele in relazione alle quali il regolamento si pone come disciplina complementare. Forse è proprio questo il vero carattere innovativo di tale regolamentazione: il regolamento non è, infatti, un provvedimento isolato, ma si configura come uno dei tasselli fondamentali del sistema di regole che l’Unione europea sta implementando da tempo per una gestione più responsabile delle attività economiche e sociali all’interno del territorio degli Stati membri e nel mercato comune. Regole che si pongono anche come scudo normativo per tutti gli operatori transfrontalieri con sede al di fuori del territorio dell’UE. In tale contesto il regolamento parte proprio dal riconoscimento dei principi etici elaborati nel 2019 dall'AI HLEG (High-Level Expert Group on AI), organismo indipendente nominato dalla Commissione europea con l’incarico di fornire consulenza sulla sua strategia europea in materia di intelligenza artificiale. Tale organismo ha, infatti, elaborato sette principi etici non vincolanti per l'IA che sono intesi a contribuire a garantire che l'IA sia affidabile ed eticamente valida. Essi comprendono: i) intervento e sorveglianza umani; ii) robustezza tecnica e sicurezza; iii) vita privata e governance dei dati; iv) trasparenza, v) diversità̀, non discriminazione ed equità; vi) benessere sociale e ambientale; vii) responsabilità̀. In particolare, secondo gli orientamenti dell'AI HLEG con "intervento e sorveglianza umani" si intende che i sistemi di IA sono sviluppati e utilizzati come strumenti al servizio delle persone, nel rispetto della dignità umana e dell'autonomia personale e funzionano in modo da poter essere adeguatamente controllati e sorvegliati dagli esseri umani. Al di là dei molteplici contenuti specifici e tecnici di tale nuova regolamentazione - cui si accompagna già per l’ordinamento interno la previsione di un disegno di legge di iniziativa governativa presentato il 23 aprile scorso, attualmente all’esame del Senato (A.S. 1146) - quello che emerge con grande vigore è sempre il richiamo ad alcuni fondamentali principi etici nella consapevolezza delle molteplici implicazioni trasversali di tale disciplina con i sistemi di raccolta, conservazione e trattamento dei dati, con il diritto d’autore, con l’ingegnerizzazione dei processi produttivi, con il diritto dei consumatori, con i processi di marketing e comunicazione, come messo in evidenza anche nelle premesse del regolamento. Da questo punto di vista, l’evoluzione dell’AI nell’ambito del diritto e, in particolare, nell’ambito del lavoro, sarà legata non solo alla valutazione delle implicazioni che una materia così tecnica potrà avere in termini di competenze e mercato del lavoro (si veda, sul punto, la recente Analisi sulle competenze digitali 2024 svolta dai Consulenti del Lavoro) e in materia di regolazione e di gestione del rapporto di lavoro, ma, soprattutto, in merito all’applicazione e interpretazione del tutto nuova delle stesse tradizionali norme di diritto del lavoro. Un fenomeno, questo, che abbiamo già iniziato a conoscere negli ultimi venti anni, dettato proprio dalla sempre più rilevante influenza del diritto comunitario sul diritto interno, ma che coinvolge oggi ambiti che una volta erano molto più marginali rispetto agli ambiti tradizionali del diritto del lavoro.
Esempio 1Si pensi alla normativa giuridica (ma soprattutto tecnica) sulla protezione dei dati che influenza non solo i sistemi di controllo a distanza di cui all’art. 4 Statuto del Lavoratori, ma anche gli aspetti tecnici di gestione del rapporto di lavoro che coinvolgono i dati ricavabili dagli strumenti di lavoro, quando questi siano integrati da sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati (ossia che utilizzano sistemi di AI), come la nuova disciplina di cui alla direttiva UE sul lavoro attraverso piattaforma (di prossima pubblicazione sulla GUCE) che è in stretta correlazione con la Direttiva UE n. 2019/1152, da cui è scaturito il D.Lgs. n. 104/2022 (decreto Trasparenza), che ha introdotto rilevanti modifiche al D.Lgs. n. 152/1997 sugli obblighi di informazione relativi ai contratti di lavoro.Esempio 2Si pensi anche alla normativa antidiscriminatoria e di genere che sta ampliando enormemente il proprio ambito di applicazione per effetto delle implicazioni sull’uso di strumenti che utilizzano i dati raccolti per elaborare output finalizzati alla gestione di alcune specifiche attività, come nel campo della logistica, delle vendite on line, della ricerca e selezione. In molte di queste attività, l’apporto umano nella materiale esecuzione della prestazione costituisce già oggi solo l’ultimo passaggio di un più complesso processo tecnico di elaborazione dei dati. Ad esempio, in alcune attività agricole che già si avvalgono di macchinari che sono in grado di orientare l’operato dell’uomo mediante un’analisi integrata del clima e del terreno, indicando i momenti migliori per semina, raccolto e concimazione. |