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Archivio newsRichiedenti protezione internazionale: quali sono i nuovi obblighi UE per l’accesso al mercato del lavoro
Garantire l’accesso al mercato del lavoro, in maniera paritetica alle garanzie previste per i propri cittadini, allo straniero richiedente protezione internazionale, entro sei mesi dalla domanda. E’ quanto previsto dalla direttiva UE 2024/1346, in vigore dall’11 giugno 2024. Inoltre, gli Stati membri saranno tenuti a fornire le prestazioni di sicurezza sociale (pensioni, disoccupazione) ai richiedenti protezioni internazionale che hanno un impiego o in ragione di un precedente impiego, alle medesime condizioni cui vi accedono i cittadini dello Stato membro. In particolare, nell’ordinamento italiano per la richiesta di protezione internazionale occorre seguire una procedura amministrativa ben precisa. Come si svolge?
L’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale è tema caro alle istituzioni internazionali ed europee che nel corso dei decenni hanno dedicato alla materia un prolifico dettato normativo: Convenzione di Ginevra del 1951 (dove viene data una definizione di rifugiato ampliata poi dal Protocollo sottoscritto a NY 04 ottobre 1967), direttiva 2011/95UE (ove si delineano i requisiti per il riconoscimento dello status di rifugiato e o di protezione sussidiaria, e vengono individuati i diritti dei beneficiari di tale status), direttiva 2013/32UE (con cui si stabiliscono procedure comuni per la concessione e la revoca della protezione internazionale), direttiva 2013/33 (con cui si fissano i requisiti minimi per l’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale), regolamento sulle procedure di asilo del 26/4/2024, regolamento sulle procedure di rimpatrio alla frontiera del 26/4/2024 e da ultimo la direttiva UE 2024/1346 inerente lavoro, pensioni e prestazioni sociali ai cittadini extra UE, pubblicata sulla GUCE del 20 maggio 2024 che entra in vigore l’11 giugno 2024 e dovrà essere recepita dagli Stati Membri entro il 12 giugno 2026. Con tale ultima direttiva gli Stati membri dell’Unione Europea saranno tenuti a garantire l’accesso al mercato del lavoro, in maniera paritetica alle garanzie previste per i propri cittadini, allo straniero richiedente protezione internazionale, entro sei mesi dalla domanda nonché saranno tenuti a fornire le prestazioni di sicurezza sociale (pensioni, disoccupazione etc ...) ai richiedenti protezioni internazionale che hanno un impiego o in ragione di un precedente impiego, alle medesime condizioni cui vi accedono i cittadini dello Stato membro. I richiedenti la protezione internazionale e i nuovi obblighi previsti dall’UE con la direttiva 2024/1346 La protezione internazionale non è automatica. A parte la sottoscrizione per adesione della Convenzione di Ginevra del 1951 e del successivo Protocollo di NY del 1967 e la normativa UE di settore, cui il nostro Stato è tenuto al rispetto in ragione dell’appartenenza stessa alla UE, nel nostro Ordinamento la protezione internazionale è prevista dal comma tre dell’art. 10 della Costituzione per il quale uno straniero a cui nel suo paese sia impedito di esercitare le libertà democratiche garantite dalla nostra stessa Carta Costituzionale ha diritto d’asilo nel territorio italiano secondo le condizioni stabilite dalla legge. Sono previsti tre livelli di protezione: lo status di rifugiato, la protezione sussidiaria e la protezione speciale. Solitamente lo status di rifugiato viene concesso a coloro i quali fuggono dal proprio Paese perché perseguitati per motivi politici, di credo religioso, per discriminazioni legate all’orientamento sessuale o alla propria etnia, etc ... . La protezione sussidiaria viene concessa se esistono fondati motivi di rischio di un danno grave. È il caso di chi, nel proprio Paese, rischia di essere sottoposto ad una condanna a morte, a torture o a qualsiasi trattamento degradante; oppure nel caso in cui nel proprio Paese vi sia un conflitto, che crea un pericolo generale e oggettivo per tutti, quindi anche non proprio a sé stessi. La protezione speciale è il tipo di protezione concessa con più frequenza agli stranieri che si trovano in particolari situazioni e condizioni di sfruttamento lavorativo, di salute, ed economico Nel nostro ordinamento la richiesta di protezione internazionale va richiesta e c’è una procedura amministrativa ben precisa. Se concessa viene sempre seguita da un colloquio (audizione), che si tiene presso la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale, che ha sede in tutte le Regioni. L’istanza di protezione internazionale deve essere presentata dal richiedente non appena giunge sul territorio italiano. Il richiedente protezione internazionale ottiene per tutta la durata del procedimento amministrativo e fino a che non si conclude tutto l’iter amministrativo/giudiziario un permesso di soggiorno provvisorio della durata di sei mesi, rinnovabile di volta in volta, fintanto che non sia concluso anche l’eventuale iter giudiziario Ottenuto il permesso di soggiorno provvisorio i cittadini extra UE saranno i diretti beneficiari delle nuove norme di protezione previste dalla direttiva 1346 ovverosia avranno diritto di accesso al mercato del lavoro, alle pensioni e alle prestazioni sociali legate all’occupazione e al versamento dei contributi. Possibili criticità applicative Indubbiamente la finalità della direttiva in questione è sottesa a dare massima dignità al soggetto richiedente ed a garantirne l’effettivo inserimento nello Stato di prima accoglienza o di destinazione richiesta, tuttavia si intravedono degli “scogli” in relazione alla corretta esecuzione della stessa atteso che da una parte non si stabilisce cosa accade (ad esempio se è egualmente dovuto il trattamento sociale) nel caso in cui la domanda del richiedente sia in ultima istanza respinta, come anche la relativa impugnazione del provvedimento amministrativo de quo dall’autorità giudiziaria competente e dall’altra, le disposizioni in questione, da un punto di vista economico finanziario potrebbero impattare in maniera negativa sui conti dello Stato UE di accoglienza, che dovrebbe “auto finanziarsi” nel caso di esaurimento delle risorse del Fondo asilo, migrazione e integrazione o aumentando il gettito fiscale o diminuendo le risorse dirette all’esecuzione della politiche sociali a favore dei propri cittadini. 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