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Archivio newsI principi di attestazione per il risanamento d’impresa interessano anche la valutazione d’azienda
L’aggiornamento dei principi di attestazione per il risanamento d’impresa genera interesse anche per l’esperto in valutazione d’azienda. Infatti, tra turnaround e valutazione di azienda sussiste una sorta di corrispondenza biunivoca: il valore dipende dalle attese di risanamento ed al contempo l’azienda potrà dirsi risanata solo ove all’esito di un organico e sistemico processo di turnaround, formalizzato e sintetizzato, appunto, mediante il piano, il valore finale dell’equity, compiuto il percorso, risulti superiore a quello esistente nella situazione ex ante. Principi di attestazione per il risanamento d’impresa e Principi italiani di valutazione presentano quindi diversi punti di contatto. Quali?
Dopo la prima versione del 2014 e le successive revisioni, il CNDCEC ha recentemente pubblicato la nuova edizione dei principi di attestazione dei piani di risanamento (curata in collaborazione con AIDEA, APRI, OCRI, FNC-Ricerca) al fine di tenere conto delle novità introdotte dal Codice della crisi e dell’insolvenza. Tali standard sono complementari e vanno ad integrare i principi di redazione dei piani di risanamento, approvati dal CNDCEC nel 2017 e revisionati nel 2022. Quella dei piani di risanamento costituisce una materia che, anche solo per la prospettiva forward looking in cui si pone, presenta plurimi punti di contatto con la valutazione di azienda, come di seguito si cercherà di evidenziare. L’aggiornamento dei principi di attestazione genera quindi interesse anche per l’esperto in business valuation. In un contesto di crisi, infatti, tra turnaround e valutazione di azienda sussiste una sorta di corrispondenza biunivoca, nel senso che il valore dipende dalle attese di risanamento, ed al contempo l’azienda potrà dirsi in qualche misura risanata solo ove all’esito di un organico e sistemico processo di turnaround, formalizzato e sintetizzato, appunto, mediante il piano, il valore finale dell’equity, compiuto il percorso, risulti superiore a quello esistente nella situazione ex ante. Parimenti, si ritiene che la concreta declinazione di taluni principi di attestazione, si pensi ai casi nei quali viene richiesto all’attestatore un giudizio comparativo tra diverse configurazioni di valore, trovi naturale complemento nei principi di valutazione. Nell’attuale impianto del Codice della crisi, ad esempio, qualora per ottenere il risanamento si intenda ricorrere ad una procedura di concordato preventivo, ai fini dell’omologazione occorrerà tenere in considerazione, tra l’altro, sia i criteri di cui agli artt. 112 e 84, c. 5, CCII, per la distribuzione tra le classi di creditori del valore di liquidazione e del plusvalore da continuità, sia il dettato dell’art. 120-quater CCII in ordine alla ripartizione tra creditori e soci del valore risultante dalla ristrutturazione. Ai fini della corretta determinazione di tali valori, sovvengono senz’altro in ausilio i principi di valutazione. Non solo: affinché possa dirsi completato il risanamento ed eseguito il piano, considerato anche che talune poste del passivo quali, tipicamente, il TFR e le indennità di fine mandato degli agenti, in caso di concordato in continuità permangono normalmente anche oltre il termine previsto per l’adempimento della proposta, non sarà sufficiente che al termine del periodo di piano l’azienda presenti un patrimonio netto positivo, sia in utile e con sufficientemente liquidità, ma sarà altresì necessario accertarsi che a tale data sia stata recuperata la capacità dell’impresa di generare risultati superiori al costo del capitale, classico aspetto di valutazione d’azienda. Accettazione dell’incarico dell’attestatore e del valutatore La fase di accettazione dell’incarico è caratterizzata da talune analogie che si rinvengono nelle previsioni dei principi di attestazione rispetto a quelle dei principi italiani di valutazione (PIV): in entrambi gli standard, ad esempio, viene indicata la necessità di un esame preliminare da parte del professionista prescelto (in un caso attestatore, nell’altro valutatore) circa la propria competenza specifica e la conoscenza del contesto settoriale in cui opera l’impresa, la compatibilità dei tempi richiesti per l’esecuzione dell’incarico rispetto alle attività da svolgere ed alle capacità della propria struttura organizzativa, l’adeguatezza dei compensi rispetto alle attività da compiere ad ai rischi connessi. Altresì rimarcata in entrambi i set di principi è l’importanza del profilo di indipendenza del professionista, ancorché nel caso della valutazione di azienda i PIV consentano in talune situazioni (ad esempio nelle valutazioni di parte) il venir meno della condizione di indipendenza, purché ciò sia esplicitato nella relazione di valutazione, mentre tale requisito è sempre irrinunciabile per l’attestatore per espressa previsione normativa. Utilizzo del lavoro di terzi esperti Quello del risanamento aziendale è un campo nel quale le professionalità di revisore, valutatore e attestatore si compenetrano, completano ed alimentano vicendevolmente, ed il loro simultaneo coinvolgimento, nonché lo scambio informativo fra di essi, oltre che opportuno, sarebbe molto importante per il raggiungimento dell’obiettivo finale. Si pensi all’utilità per il professionista chiamato ad attestare la veridicità dei dati su cui si fonda il piano di risanamento, di poter disporre delle verifiche contabili già svolte dal revisore, sia esso interno o esterno. Una base informativa non affidabile rischia infatti di rendere inattendibile il piano costruito su di essa e quindi di falsare sia la valutazione sulla fattibilità, sia la stima del valore dell’azienda basato sulle informazioni previsionali contenute nel piano medesimo. Allo stesso modo, è facile intuire la connessione tra il giudizio dell’attestatore sulla fattibilità del piano e quello del revisore sulla continuità aziendale, o ancor di più con attività di revisione conformi al principio ISAE 3400 emesso dall’IFAC. Analogamente, il soggetto incaricato di stimare il valore dell’azienda, da una parte sarà agevolato dal confronto con il giudizio del revisore sui dati prospettici e con quello dell’attestatore sulla fattibilità del piano, dall’altro fornirà determinazioni quantitative di valore che rappresentano elementi utili proprio ai fini della formazione del rispettivo convincimento di revisore e attestatore, potendosi creare un vero e proprio circolo virtuoso. In tale ottica, occorre ricordare che sia i PIV, sia i principi di revisione (nella specie, ISA Italia 620), sia i principi di attestazione, consentono al professionista di recepire le risultanze del lavoro di terzi esperti, sia pur adottando opportune cautele e verificandone comunque la coerenza complessiva rispetto a finalità e criteri di fondo dell’incarico da svolgere. Il tutto, ovviamente, da attuare cum grano salis, e quindi compatibilmente con le dimensioni e la complessità dell’azienda e con l’entità dei valori coinvolti. Individuazione delle cause della crisi e delle discontinuità del piano di risanamento Come evidenziano anche dalle linee guida per la valutazione di aziende in crisi pubblicate nel 2016 da CNDCEC-SIDREA, la comprensione delle cause della crisi e l’individuazione dei profili di discontinuità del piano previsionale rispetto al passato, rappresentano fondamentali aspetti che il valutatore di azienda deve affrontare nel processo di analisi fondamentale propedeutico alla stima, anche al fine di potersi esprimere sulla ragionevolezza delle ipotesi che sottendono al piano di risanamento. Nei medesimi termini si esprimono i principi di attestazione quando, ad esempio, prevedono che “L’Attestatore deve verificare che l’estensore del Piano abbia individuato le presumibili cause della crisi al fine di appurare se e in quale misura le ipotesi di intervento previste siano ragionevolmente in grado di rimuovere le criticità che hanno provocato la crisi stessa” (5.1.1) o che “L’Attestatore verifica unicamente se il Piano in continuità sia ragionevolmente in grado di intervenire sulle cause della crisi, permettendo il superamento della stessa” (5.2.5) o, ancora, che “L’Attestatore deve verificare che la strategia di risanamento presenti una significativa discontinuità rispetto ai fattori che hanno determinato la situazione di crisi e che sia rivolta a superarli” (6.2.1). Giudizio di ragionevolezza del piano I principi italiani di valutazione (PIV, III.1.24), richiedono all’esperto valutatore l’espressione di un giudizio di ragionevolezza sui dati prospettici, e ciò soprattutto nel caso di incarichi definiti di “valutazione piena”, tra i quali si annoverano senz’altro le valutazioni legali. A tal fine, il Discussion Paper OIV n. 1/2021, “L’uso di informazione finanziaria prospettica nella valutazione d’azienda”, ha poi fornito in modo più esplicito le linee guida da seguire e le verifiche di coerenza da compiere per l’espressione di tale giudizio, indicando altresì gli accorgimenti da adottare qualora fosse riscontrata una ragionevolezza limitata, facendo attenzione alla distinzione tra previsioni e proiezioni ed alla presenza di eventuali condizionamenti dei flussi prospettici al verificarsi di un particolare evento o scenario. Analogo giudizio di ragionevolezza viene richiesto al professionista attestatore da parte dei principi di attestazione dei piani di risanamento, che riservano al tema una ampia trattazione al par. 6, con indicazioni che ben si coniugano con quelle fornite da OIV, spesso sovrapponibili. Particolarmente utili, semmai, anche al lavoro dell’attestatore dei piani di risanamento, appaiono le linee guide fornite dal Discussion Paper OIV n. 1/2021, agevolmente impiegabili anche ai fini in discorso, con riferimento ai rimedi da porre in essere in caso di piano economico-finanziario non pienamente ragionevole, nonché i casi esemplificativi contenuti sempre nel medesimo documento, che evidenziano le analisi da svolgere ed i punti di attenzione avuto riguardo a piani pienamente ragionevoli, parzialmente ragionevoli, oppure non ragionevoli. Evidenzia, infine, la Linea Guida n. 3 del Discussion Paper OIV n. 2/2021, “Linee guida per l’impairment test dopo gli effetti della pandemia da Covid 19” che “In condizioni di crisi è più probabile che si manifesti il rischio di management bias. L’esperto deve assumere un atteggiamento professionalmente critico (professional skepticism) nei confronti dell’informazione prospettica fornita dal management senza tuttavia coltivare la presunzione che si tratti necessariamente di informazione distorta. Dal processo valutativo seguito dovrebbe emergere come il management ha “sfidato” l’informazione di fonte manageriale con riguardo alla ragionevolezza”. Orizzonte temporale del piano di continuità aziendale Per quanto concerne la durata del piano, i principi di attestazione, nel solco della consolidata dottrina aziendalistica, ricordano che, in linea generale, difficilmente potrà valutarsi la ragionevolezza di piani che si estendano per un arco temporale superiore a cinque anni, salvo che si fondino su concreti elementi di certezza (ad esempio contratti ultraquinquennali con controparti affidabili). Analisi di sensitività, prove di resistenza (stress test) e analisi per scenari Come suggeriscono tutte le linee guida in materia aziendalistica che affrontano il tema delle valutazioni prospettiche, per loro natura incerte, anche i principi di attestazione (6.6), nonché i PIV (commento al PIV III.1.2 e III.1.24), raccomandano l’impiego di analisi di sensitività e di analisi per scenari, al fine di stimare gli effetti di modifiche alle assumptions relative alle variabili chiave o agli scenari di riferimento e di testare le capacità del piano di conservare una propria tenuta. A tal riguardo si osserva un disallineamento nella previsione del principio di attestazione 6.9.1 rispetto alla dottrina in materia estimativa e di bilancio, nel punto in cui, nell’analisi per scenari, il citato principio ritiene possibile “assumere come scenario di riferimento quello ritenuto più probabile o, quantomeno, meno improbabile” e non, invece, lo scenario medio atteso, come invece raccomandato, in altro contesto ma per finalità sostanzialmente analoghe, dal Discussion Paper OIV n. 2/2021, nonché dal PIV III.1.24, lett. f). Considerare lo scenario più probabile comporta infatti il recepimento di flussi conditional, ovvero flussi condizionati al verificarsi di uno specifico scenario, al contrario dello scenario medio atteso che contempla invece flussi unconditional, ovvero non condizionati al verificarsi di uno scenario specifico. Nell’ottica del rilascio dell’attestazione di fattibilità, ciò è più prudente solo ove lo scenario più probabile sia anche quello meno aggressivo. Tale discrasia risulta comunque in concreto mitigata dal Principio di attestazione 6.6.4, secondo cui “La sensitività dei risultati è valutata modificando lo scenario di base in funzione di assunti maggiormente conservativi rispetto ai valori del Piano”. Per quanto riguarda le analisi multiscenario, in presenza di correlazione tra più variabili chiave di valore potrebbe essere opportuno l’impiego di una simulazione multivariata, ad esempio con il c.d. metodo Montecarlo, come suggerito sia dai Discussion Paper di OIV, che da ESMA e CONSOB. Conclusioni Come si è visto, la materia dei piani di risanamento fornisce un interessante terreno di incontro e contaminazione fra diritto della crisi, turnaround management, revisione aziendale e, non ultima, valutazione d’azienda. Gli standard elaborati principalmente per una disciplina, trovano pertanto spazio per essere recepiti anche nell’ambito di campi affini. Copyright © - Riproduzione riservata