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Direttiva CSDDD: quali sono gli obblighi di diligenza delle imprese (e le relative sanzioni)

Nella gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 5 luglio è stata pubblicata la Direttiva (UE) 2024/1760 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024, relativa al dovere di diligenza delle imprese, ai fini della sostenibilità (Corporate Sustainability Due Diligence Directive, anche “CS3D” o “CSDDD”). Tale Direttiva rientra nel novero delle iniziative normative previste nell’ambito del Green Deal e del pacchetto “Fit for 55” tendenti a creare un'Europa più equa e con un'economia moderna e sostenibile. In estrema sintesi, la direttiva CSDDD introduce obblighi e responsabilità per le grandi imprese, in merito agli impatti negativi delle loro attività sul rispetto dei diritti umani e sulla protezione dell’ambiente. La stessa Direttiva tende a garantire che le imprese contribuiscano allo sviluppo sostenibile attraverso l’identificazione di potenziali o effettivi impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente connessi alle attività degli operatori economici. Più in dettaglio, tale Direttiva si pone l’obiettivo di istituire regole per le grandi imprese volte a renderle responsabili di tutte le attività che possono generare un impatto ambientale o un impatto sociale non solo nei casi di responsabilità diretta ma anche nel contesto dell’intera “catena delle attività” (o “catena del valore”) sotto la loro supervisione. La “catena del valore” è definibile come l’insieme delle attività dell’impresa stessa e di tutte le altre attività esterne all’impresa inerenti alla produzione di beni ed all’erogazione di servizi, sia a monte sia a valle (es. attività di partner commerciali, clienti e fornitori), salve talune deroghe. In concreto, le grandi imprese dovranno implementare il proprio assetto organizzativo ed il sistema di gestione e controllo dei rischi per tenere conto non solo dei propri rischi ma anche di quelli delle altre imprese che appartengono alla medesima catena del valore, con l’obiettivo di indentificare (e possibilmente prevedere) tali rischi, minimizzando e rimediando a potenziali o effettivi impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente. Tali imprese dovranno preoccuparsi di modificare conseguentemente le proprie strategie ed i propri modelli organizzativi e rendicontare le attività ed i risultati nei reporting di sostenibilità e nei reporting sugli impatti sociali delle proprie attività. La CSDDD prende in considerazione tutte le operazioni delle imprese e della catena del valore, così ampliando la prospettiva del concetto di sostenibilità già trattato nell’ambito della CSRD. A chi si applica La CSDDD si applicherà progressivamente, a partire dal 2026, fino a coprire tutte le imprese europee con oltre 1.000 addetti e con un fatturato mondiale superiore a 450 milioni di euro. Le previsioni della Direttiva si applicheranno anche alle: a) società capogruppo di un gruppo che ha oltre 1.000 addetti e con un fatturato mondiale superiore 450 milioni nell’ultimo esercizio e per il quale si è adottato o avrebbe dovuto essere adottato il bilancio consolidato annuale; b) società che hanno stipulato accordi di franchising (o licenza) nell’UE con società terze indipendenti in cambio di royalties (se questi accordi garantiscono l’applicazione di metodi aziendali uniformi e se le royalties ammontano a più di 22,5 milioni nell’ultimo esercizio e se le società madre hanno un fatturato netto mondiale superiore ad 80 milioni di euro, queste società sono interessate dalla normativa CSDDD). Inoltre, la normativa si applica anche a tutte le imprese non UE che hanno un fatturato mondiale superiore a 450 milioni di euro. In tutti questi casi, la CSDDD si applicherà solamente se le condizioni che abbiamo indicato si realizzano in due esercizi finanziari consecutivi (non è sufficiente siano presenti in un unico esercizio finanziario).Sono escluse le PMI in modo diretto, al contrario della Direttiva CSRD nella quale le PMI quotate sono coinvolte. Quali sono i nuovi doveri per le imprese Vengono introdotti tre nuovi concetti di “dovere”: a) il “dovere di diligenza” nei confronti dell’ambiente e dei diritti umani, ovvero il dovere delle imprese di effettuare la corretta due diligence sia delle proprie operazioni sia di tutte le imprese della catena del valore; tale due diligence si sviluppa in un approfondito studio di tutti i rischi connessi all’ambiente ed alle persone potenzialmente derivanti dalle attività dell’impresa e della sua catena del valore; b) il “dovere di prevenzione”, che si concretizza nell’obbligo di prevenire tutti i potenziali rischi individuati dalla due diligence, utilizzando ogni strumento a disposizione per realizzare piani di azione per prevenire potenziali danni ambientali o ai diritti umani; c) il “dovere di verifica” secondo cui le imprese devono verificare che la propria catena del valore (e ovviamente le proprie attività) sia rispondente alla normativa oltre che prendere azioni per la rettifica della non adeguatezza di potenziali partner della catena del valore. Più in dettaglio, il processo di attuazione del dovere di diligenza previsto dalla presente direttiva dovrebbe comprendere le sei fasi definite dalle linee guida per la condotta d’impresa responsabile, che comprendono le misure relative al dovere di diligenza che le società devono applicare al fine di individuare e affrontare gli impatti negativi sui diritti umani e gli impatti ambientali negativi. La Direttiva prevede alcuni obblighi per le imprese target e, tra questi: 1) l’integrazione del dovere di diligenza nelle politiche di gestione del rischio, attraverso la descrizione dell’approccio aziendale in materia: codice di condotta, procedure aziendali, una descrizione delle procedure predisposte per l’integrazione del dovere di diligenza nelle pertinenti politiche della società e per l’esercizio del dovere di diligenza, comprese le misure adottate per verificare il rispetto del predetto codice di condotta e per estenderne l’applicazione ai partner commerciali; 2) l’istituzione di misure adeguate per: i) mappare le proprie attività, quelle delle loro “filiazioni” e quelle dei loro partner commerciali, al fine di individuare i settori generali in cui è più probabile che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità, ii) sulla base dei risultati della mappatura, effettuare una valutazione approfondita delle proprie attività, di quelle delle loro “filiazioni” e di quelle dei loro partner commerciali, nei settori in cui è stata individuata una maggiore probabilità che gli impatti negativi si verifichino e siano di maggiore gravità; 3) prevenire ed attuare gli impatti negativi e potenziali ed arrestare gli impatti negativi effettivi e minimizzare le relative entità. In particolare, la società è tenuta a adottare le seguenti misure adeguate: a) se la natura o la complessità delle necessarie misure di prevenzione lo esige, predisporre e attuare senza indebito ritardo un piano d’azione in materia di prevenzione che preveda scadenze ragionevoli e precise per l’attuazione di misure adeguate e indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi; le società possono elaborare i loro piani d’azione in collaborazione con iniziative di settore; b) chiedere a un partner commerciale diretto garanzie contrattuali quanto al rispetto del codice di condotta della società e, se necessario, di un piano d’azione in materia di prevenzione, anche chiedendogli di ottenere a sua volta dai partner garanzie contrattuali equivalenti per quanto le loro attività rientrino nella catena di attività della società; c) effettuare gli investimenti finanziari o non finanziari, gli adeguamenti o gli aggiornamenti necessari, ad esempio, degli impianti, dei processi e delle infrastrutture di produzione o di altri processi e infrastrutture operativi; d) apportare le modifiche o i miglioramenti necessari al piano aziendale, alle strategie generali e alle attività della società stessa, comprese le pratiche di acquisto, la progettazione e le pratiche di distribuzione; e) offrire sostegno mirato e proporzionato alla PMI che è partner commerciale della società, se necessario alla luce delle risorse, delle conoscenze e dei vincoli della PMI, anche fornendo o consentendo l’accesso allo sviluppo delle capacità, alla formazione o al potenziamento dei sistemi di gestione e, qualora il rispetto del codice di condotta o del piano d’azione in materia di prevenzione ne comprometta la sostenibilità economica, offrendo sostegno finanziario mirato e proporzionato (ad esempio finanziamenti diretti, prestiti a tasso agevolato, garanzie di approvvigionamento continuo o assistenza nell’ottenere finanziamenti); f) collaborare con altri soggetti, se del caso anche al fine di aumentare la propria capacità di prevenire o attenuare l’impatto negativo, in particolare se nessun’altra misura risulta idonea o efficace. g) consultare i portatori di interessi raccogliendo delle informazioni necessarie sugli impatti negativi effettivi o potenziali, al fine di individuare e valutare gli impatti negativi e attribuire loro priorità, in fase di elaborazione di piani d’azione in materia di prevenzione e correttivi, in fase di elaborazione di piani d’azione in materia di prevenzione e correttivi rafforzati, in fase di assunzione della decisione di cessare o sospendere un rapporto d’affari, in fase di adozione di misure adeguate per fornire riparazione agli impatti negativi e, se del caso, in fase di elaborazione di indicatori qualitativi e quantitativi per il monitoraggio; qualora non sia ragionevolmente possibile dialogare in modo efficace con i portatori di interessi nella misura necessaria per conformarsi agli obblighi della presente direttiva, le società si consultano anche con esperti in grado di fornire informazioni credibili sugli impatti negativi effettivi o potenziali; h) valutare le attività e misure proprie, di quelle delle sue “filiazioni” e di quelle dei suoi partner commerciali, per valutare l’attuazione e per monitorare l’adeguatezza e l’efficacia degli interventi di individuazione, prevenzione, attenuazione, arresto e minimizzazione nell’entità degli impatti negativi; la valutazione si basa su indicatori qualitativi e quantitativi ed è effettuata senza indebiti ritardi dopo il verificarsi di un cambiamento significativo e in ogni caso almeno ogni dodici mesi, nonché ogniqualvolta vi siano fondati motivi di ritenere che possano presentarsi nuovi rischi di manifestazione di tali impatti negativi (ove opportuno, la politica relativa al dovere di diligenza, gli impatti negativi individuati e le misure adeguate che ne sono derivate sono aggiornati in base all’esito di tali valutazioni e tenendo debitamente conto delle informazioni pertinenti fornite dai portatori di interessi); i) comunicare la politica e le misure di due diligence in conformità alle disposizioni della Direttiva CSRD, applicando i principi ESRS. Quali sono le attività di vigilanza e le sanzioni Per rendere effettive le norme relative alla due diligence CSDDD, sono state previste attività di vigilanza e sanzioni specifiche. Ogni Stato dell’Unione Europea dovrà istituire un’autorità di vigilanza in materia che effettui verifiche ed indagini sulle imprese residenti nello Stato, con il potere di avviare indagini e imporre sanzioni fino al 5% del fatturato globale. Tali Autorità collaboreranno tra di loro tramite la Rete Europea delle Attività di Vigilanza, così da creare una rete europea di indagine. Inoltre, la Direttiva introduce la responsabilità civile per le imprese inadempienti, con la conseguenza che le persone colpite (sia in caso di danni ambientali sia in caso di lesioni di diritti umani), così come i sindacati e le organizzazioni della società civile potranno intentare azioni legali (con prescrizione di cinque anni). Le potenziali sanzioni potrebbero essere: a) sanzioni pecuniarie fino al 5% del fatturato globale; b) strumenti di denuncia pubblica delle società inadempienti, con conseguenti effetti reputazionali; c) strumenti per l'interruzione delle attività e/o dei comportamenti che stanno causando il danno sociale o danno ambientale; d) dazi e proibizioni sui prodotti, sospensione della possibilità di esportare i prodotti negli Stati EU. Come prepararsi all’applicazione delle regole della direttiva CSDDD La concreta applicazione della Direttiva in commento necessità anche di un cambio culturale nella gestione delle proprie attività e della propria catena del valore, oltre che di una serie di attività prodromiche. Intanto, le imprese dovranno verificare se sussistono i requisiti soggettivi ed oggettivi di applicabilità, tenendo conto delle rispettive caratteristiche dimensionali. Sarà poi necessario verificare la rispondenza delle attuali politiche di due diligence con le previsioni della Direttiva in esame, individuando eventuali margini, più o meno ampi, di modifica per adeguarsi a tali previsioni coinvolgendo anche altre parti interessate. Occorre quindi formulare una strategia ed aggiornare il model business alle indicazioni della Direttiva, con conseguente adeguamento delle politiche e delle procedure aziendali, eventualmente rivedendo ruoli e responsabilità della governance e dell’organizzazione. Non dimenticando che la Direttiva pone vincoli e responsabilità ma offre opportunità: la sostenibilità. Copyright © - Riproduzione riservata

Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2024/07/09/direttiva-csddd-obblighi-diligenza-imprese-e-relative-sanzioni

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