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CIG, somministrazione, periodo di prova e dimissioni: come si applicano le novità del Collegato Lavoro

Il Collegato Lavoro (legge n. 203/2024), che entrerà in vigore dal 12 gennaio, ha già trovato una prima valutazione da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nella nota n. 9740 del 2024. Tra le misure adottate ci sono alcune novità attese dalle imprese, che impattano fortemente sulla gestione dei contratti e dei rapporti di lavoro. Quali sono? Come si applicano?

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha pubblicato la nota n. 9740 del 30 dicembre 2024 a commento delle previsioni disposte dal Collegato Lavoro (L. n. 203/2024). Il documento di prassi si sofferma in particolare sulle novità, in vigore dal prossimo 12 gennaio, in materia di contratti a termine, somministrazione, CIG e dimissioni di fatto.

Cassa integrazione e attività lavorativa

Cambiano le regole di compatibilità con lo svolgimento di attività lavorativa da parte di chi percepisce trattamenti di integrazione salariale (art. 8 D.Lgs. n. 148/2015). Dal 12 gennaio 2025 il lavoratore che svolge attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo durante il periodo di integrazione salariale perde il diritto a percepire l’indennità unicamente per le giornate di lavoro effettuate.

La decadenza dal diritto al trattamento di integrazione salariale resta prevista quindi soltanto nel caso in cui il lavoratore non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale dello svolgimento di una nuova attività.

Le comunicazioni a carico dei datori di lavoro obbligatorie in caso di assunzione, cessazione, trasformazione e proroga dei rapporti di lavoro autonomo, subordinato, associato, dei tirocini e di altre esperienze professionali (art.4 - bis D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181 come modificato dal decreto Trasparenza n. 104/2022) sono considerate valide al fine dell’assolvimento dell’obbligo di comunicazione e dunque preservano dal rischio di decadenza.

Somministrazione di lavoro

In materia di somministrazione di lavoro viene soppressa la possibilità di non computare, nella durata massima dei contratti a tempo determinato, i lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia per il Lavoro e poi somministrati a termine. Questa disposizione, ad oggi, è prevista sino al 30 giugno 2025.

Inoltre, si prevede che non rientrino nei limiti quantitativi di utilizzo dei lavoratori in somministrazione a termine i soggetti assunti:

- nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;

- da imprese start-up innovative (art. 25, commi 2 e 3, Legge n. 221 del 2012), per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società;

- per lo svolgimento delle attività stagionali;

- per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive;

- per sostituzione di lavoratori assenti;

- aventi età superiore a 50 anni.

Inoltre, non rientrano nei limiti di utilizzo anche i seguenti soggetti:

- assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

- disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;

- lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati.

La terza modifica prevista in materia riguarda il fatto che nei contratti di somministrazione a termine non è obbligatoria la causale, anche quando il contratto abbia una durata superiore ai 12 mesi, qualora il lavoratore somministrato sia:

- un disoccupato che gode da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di un ammortizzatore sociale;

- un lavoratore svantaggiato o molto svantaggiato.

Ciò vuol dire che, qualora si dovesse attivare un rapporto di somministrazione a termine, per una durata superiore ai 12 mesi, con uno di questi soggetti, l’utilizzatore non dovrà subordinare l’attivazione del rapporto di lavoro alla presenza di una motivazione da indicare all’interno del contratto di assunzione sottoscritto tra l’Agenzia per il Lavoro ed il lavoratore.

E’ utile ricordare che si definiscono lavoratori svantaggiati i soggetti:

- privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;

-con un’età compresa tra i 15 e i 24 anni;

- che non possiedono un diploma di scuola media superiore o professionale (livello ISCED 3) o abbiano completato la formazione a tempo pieno da non più di due anni e non abbiano ancora ottenuto il primo impiego regolarmente retribuito;

- abbiano superato i 50 anni di età;

- vivano soli con una o più persone a carico;

- siano occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato;

- appartengano a una minoranza etnica di uno Stato membro UE e abbiano la necessità di migliorare la propria formazione linguistica e professionale o la propria esperienza lavorativa per aumentare le prospettive di accesso ad un’occupazione stabile.

Sono ritenuti invece lavoratori molto svantaggiati coloro che sono:

- privi da almeno 24 mesi di un impiego regolarmente retribuito;

- privi da almeno 12 mesi di un impiego regolarmente retribuito e appartengono alla categoria dei lavoratori svantaggiati.

Individuazione delle attività stagionali

Il testo di legge contiene una norma di interpretazione autentica riguardo le esclusioni alla regola dello “stop and go” (art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015).

Sono considerate attività stagionali, e come tali escluse dalla regola che prevede l’obbligo di una vacanza contrattuale tra due contratti a termine:

- le attività stagionali indicate dal D.P.R. n. 1525 del 1963,

- le attività organizzate per fare fronte ad una intensificazione dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico produttive o collegate a cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data del 12 gennaio 2025, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’articolo 51, del decreto legislativo 81 del 2015.

Durata del periodo di prova

Viene modificato l’art. 7 del D.Lgs. n. 104/2022, inserendo un limite di durata della prova nei rapporti di lavoro a termine. Qualora sia instaurato un contratto di lavoro a tempo determinato che preveda un periodo di prova, la durata di tale periodo dovrà essere stabilita in un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro.

Vengono previsti anche un limite minimo e un limite massimo in base alla durata del contratto di lavoro:

- nei rapporti fino a 6 mesi la durata minima è pari a 2 giorni e quella massima a 15 giorni;

- nei rapporti di durata superior a 6 mesi e inferiore a 12 mesi: il periodo di prova non può durare più di 30 giorni.

N.B. Ne deriva che, nei rapporti di durata pari ad almeno 12 mesi, si applica il periodo di prova previsto dal CCNL per i contratti a tempo indeterminato.

Resta vietata la reiterazione del periodo di prova per lo svolgimento delle stesse mansioni.

Lavoro agile

L’art. 14 della L. n. 203/2024, modificando l'art. 23, comma 1, primo periodo, della L. n. 81/2017, fissa il termine per le comunicazioni obbligatorie in materia di lavoro agile, prima non individuato espressamente dalla legge. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare in via telematica al Ministero del lavoro e delle politiche sociali i nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile entro 5 giorni dalla data di avvio del periodo oppure entro i cinque giorni successive alla data in cui si verifica l’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile.

Unico contratto di apprendistato duale

L’art. 18 riformula il comma 9 dell’art. 43 del D.Lgs. n. 81/2015 prevedendo che, successivamente al conseguimento della qualifica o del diploma professionale ai sensi del D.Lgs. n. 226/2005 nonché del diploma di istruzione secondaria superiore o del certificato di specializzazione tecnica superiore, è possibile la trasformazione del contratto, previo aggiornamento del piano formativo individuale, in:

- apprendistato professionalizzante, allo scopo di conseguire la qualificazione professionale ai fini contrattuali. In tale caso, la durata massima complessiva dei due periodi di apprendistato non può eccedere quella individuata dalla contrattazione collettiva;

- apprendistato di alta formazione e di ricerca e per la formazione professionale regionale, nel rispetto dei requisiti dei titoli di studio richiesti per l’accesso ai percorsi.

Dimissioni di fatto

L’Ispettorato del Lavoro, nella stessa nota n. 9740 del 2024, si è riservato di fornire indicazioni dettagliate rispetto alle attività di verifica poste dal legislatore in capo agli Ispettorati territoriali del lavoro, con riferimento alla veridicità della comunicazione effettuata dai datori di lavoro concernente l’assenza ingiustificata del lavoratore. In caso di assenza ingiustificata protratta oltre i termini previsti dal CCNL o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni il datore di lavoro può:

- trasmettere adeguata comunicazione all’Ispettorato territoriale del Lavoro che ha facoltà di effettuare accertamenti;

- considerare il rapporto risolto per volontà del lavoratore, senza necessità di applicare la procedura telematica.

N.B. Il lavoratore può dimostrare l’impossibilità di comunicare il motivo dell’assenza per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro.

Le dimissioni per fatti concludenti comportano:

a) l’esclusione del datore di lavoro dall’obbligo di versare il contributo NASpI;

b) la facoltà per il datore di lavoro di trattenere dalle competenze di fine rapporto l’indennità di mancato preavviso;

c) l’impossibilità per il lavoratore di fruire della NASpI.

Conciliazione in materia di lavoro

La possibilità di ricorrere a strumenti di comunicazione da remoto, già previste in relazione alla procedura di convalida prevista dall'art. 55, comma 4, del D.Lgs. n. 151/2001 (dimissioni dei neogenitori), è estesa anche ai procedimenti di conciliazione in materia di lavoro previsti dagli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile che potranno svolgersi in modalità telematica e mediante collegamenti audiovisivi.

A tal fine è necessaria però l’emanazione di un decreto interministeriale che dovrà dettare le regole tecniche per l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Fino alla adozione di questo decreto, nulla cambia per quanto concerne le attività poste a carico dell’Ispettorato.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2025/01/07/cig-somministrazione-periodo-prova-dimissioni-applicano-novita-collegato-lavoro

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