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Fringe benefit: regole e adempimenti per l’applicazione da parte dei datori di lavoro

La legge di Bilancio (legge n. 207/2024) pone l’attenzione sui fringe benefit confermando per il triennio 2025-2027 l’innalzamento a 1.000 euro della soglia di non imponibilità per l’assegnazione di beni e servizi ai lavoratori dipendenti, con l’innalzamento a 2.000 euro in presenza di figli a carico. Per la fruizione dei limiti maggiorati da parte del lavoratore e per la corretta applicazione da parte delle imprese è necessario che siano rispettati alcuni obblighi. Ad esempio, il datore di lavoro è tenuto ad acquisire ed a conservare la documentazione fornitagli da lavoratore. Inoltre, è tenuto a trasmettere un’informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, laddove presenti, per l’attuazione delle disposizioni previste dalla Manovra 2025. Quali sono i beni che rientrano tra i benefit concessi ai dipendenti? Nel dettaglio quali regole devono rispettare le imprese?

La legge di Bilancio (legge n. 207/2024) conferma per il 2025 e per il biennio successivo l’innalzamento a 1.000 euro della soglia di non imponibilità per l’assegnazione di fringe benefit ai dipendenti, con l’innalzamento a 2.000 euro in presenza di figli a carico.

Fringe benefit

La Manovra 2025 pone nuovamente l’attenzione sui fringe benefit, ossia quei benefici accessori alla retribuzione monetaria che l’azienda riconosce ai propri lavoratori sotto forma di beni e servizi. Si ricorda che a norma dell’art. 2099 del Codice Civile il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura. Tra le forme più diffuse di benefit vi è la concessione di autovetture aziendali, di telefoni cellulari, di prestiti agevolati, di soggiorni a prezzi agevolati in località turistiche, assicurazioni sulla vita, iscrizione a circoli culturali, acquisto di libri, abbonamenti a teatro o al cinema etc.

Sotto il profilo fiscale, l’art. 51, comma 1 del TUIR detta il principio generale di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente ovvero l’assoggettamento a tassazione di tutto ciò che il lavoratore dipendente percepisce in relazione al rapporto di lavoro, salvo le deroghe specifiche contenute nei successivi commi, che stabiliscono la non concorrenza (anche parziale) alla formazione del reddito di alcune forme di retribuzione. Proprio in tale contesto, la disciplina dei fringe benefit negli ultimi anni ha subìto diversi ritocchi allo scopo di allargare la soglia di non imponibilità fiscale e contributiva, per aumentare il potere d’acquisto dei lavoratori.

Ricordiamo che l’art. 1, comma 16 della legge n. 213/2023 (legge di Bilancio 2024) ha introdotto, limitatamente al solo periodo d’imposta 2024 e in deroga all’art. 51, comma 3, prima parte del terzo periodo del TUIR, un particolare regime di non imponibilità del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti, incrementando la soglia che lo stesso art. 51 ordinariamente prevede nella misura di 258,23 euro.

Con la medesima disposizione, il legislatore ha incluso tra i fringe benefit concessi ai lavoratori anche gli interessi sui mutui e le spese per l’affitto relativi alla prima casa (in precedenza erano contemplate solo le somme erogate o rimborsate ai lavoratori per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale). La legge di Bilancio 2025 ripropone tali disposizioni per l’anno d’imposta 2025 e ne estende l’applicazione anche al biennio 2026-2027.

Disciplina applicabile

In deroga all’art. 51 del TUIR, per il triennio 2025, 2026 e 2027 la legge di Bilancio 2025 stabilisce che non concorrono al reddito di lavoro dipendente, entro il limite di 1.000 euro, i beni e i servizi prestati e le somme erogate o rimborsate ai lavoratori; tale soglia sale a 2.000 euro se il dipendente ha figli fiscalmente a carico.

La norma, in tutta evidenza, ripropone i criteri di non imponibilità previsti già per l’anno d’imposta 2024, confermandone sia gli importi che i criteri di determinazione e spettanza.

Come anticipato, tra i fringe benefit possono rientrare non solo le somme per il pagamento delle utenze domestiche (energia elettrica, acqua e gas), ma anche quelle per l’affitto o gli interessi sul mutuo dell’abitazione principale del lavoratore, anche se il contratto di affitto o il mutuo sono intestati al coniuge o a un altro familiare del dipendente. In merito alla definizione di “prima casa” si richiamano i chiarimenti forniti con la circolare n. 5/E/2024 (si ricordano anche le circolari n. 23/E/2023, e n. 35/E/2022, laddove compatibili) in cui l’Agenzia delle Entrate afferma che occorre riferirsi alla nozione di “abitazione principale” prevista per l’applicazione delle detrazioni di cui agli articoli 15, comma 1, lettera b) (interessi passivi per mutui), e 16 (canoni di locazione) del TUIR.

In particolare, l’Agenzia ha precisato che le spese sostenute devono riguardare immobili ad uso abitativo posseduti o detenuti, sulla base di un titolo idoneo, dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, nei quali il dipendente o i suoi familiari (di cui all’art. 12 del TUIR) dimorino abitualmente, a condizione che ne sostengano effettivamente le relative spese. In altri termini, per l’Amministrazione finanziaria, ancorché parte contrattuale sia il coniuge o altro familiare, fra quelli indicati nell’art. 12 del TUIR, del lavoratore dipendente, sono rimborsabili, nei limiti precedentemente indicati, sia le spese sostenute per un contratto di affitto sia quelle relative agli interessi sul mutuo, a condizione che l’immobile locato o su cui grava il mutuo costituisca l’abitazione principale del lavoratore ai sensi dei predetti articoli 15, comma 1, lettera b), o 16, comma 1-quinquies, del TUIR.

In merito alle “spese per l’affitto”, il contribuente deve far riferimento al canone risultante dal contratto di locazione regolarmente registrato e pagato nell’anno. Si ricorda che applicando la disciplina in commento, il contribuente non potrà beneficiare nella dichiarazione dei redditi delle agevolazioni previste per le medesime spese, quali, ad esempio, la detrazione calcolata per l’abitazione principale, oppure per gli interessi passivi per mutui o dei canoni di locazione, in quanto si tratta di somme rimborsate dal datore di lavoro, quindi non effettivamente sostenute.

Adempimenti del lavoratore

Anche per il triennio 2025-2027, il limite maggiorato di 2.000 euro sarà applicabile previa dichiarazione di spettanza da parte del lavoratore dipendente al datore di lavoro, indicando il codice fiscale dell’unico figlio o dei figli fiscalmente a carico. In assenza di tale dichiarazione la maggior soglia di non imponibilità non è applicabile e il lavoratore soggiace al limite ordinario di 1.000 euro.

Per quanto concerne la forma della dichiarazione del lavoratore, non essendo prevista alcuna forma specifica, l’Agenzia delle Entrate nei precedenti documenti di prassi si è espressa in favore di una dichiarazione libera, con indicazione dei figli fiscalmente a carico, da effettuarsi secondo modalità concordate fra datore di lavoro e lavoratore.

Riguardo alla corretta applicazione del maggior limite di 2.000 euro e alla verifica delle condizioni di spettanza, si ricorda che con circolare n. 23/E/2023 l’Agenzia ha precisato che per l’individuazione dei figli fiscalmente a carico il contribuente deve fare riferimento all’art. 12, comma 2 del TUIR, che considera fiscalmente a carico i figli che abbiano un reddito non superiore a euro 2.840,51, al lordo degli oneri deducibili. Per i figli di età non superiore a ventiquattro anni, tale limite di reddito è elevato a euro 4.000.

In base al principio dell’unitarietà del periodo d’imposta, la condizione di figlio fiscalmente a carico deve essere verificata con riferimento al 31 dicembre di ogni anno; pertanto, sotto il profilo pratico-operativo, i lavoratori per i quali sono venuti meno i presupposti per il riconoscimento del beneficio (ad esempio perché i figli hanno conseguito redditi di ammontare superiore ai limiti previsti, successivamente alla predetta dichiarazione) sono tenuti a darne prontamente comunicazione al datore di lavoro. Quest’ultimo, in qualità di sostituto d’imposta, recupererà il beneficio non spettante dagli emolumenti corrisposti nei periodi di paga successivi a quello nel quale è resa la comunicazione e, comunque, entro i termini per l’effettuazione delle operazioni di conguaglio di fine anno o di fine rapporto, nel caso in cui quest’ultimo venga a cessare nel corso dell’anno. In tal caso, giova ribadire che il datore di lavoro assoggetterà a tassazione e contribuzione l’intero valore dei fringe benefit riconosciuti se superiore a 1.000 euro.

Adempimenti del datore di lavoro

Il datore di lavoro è tenuto ad acquisire ed a conservare la documentazione, anche nel caso in cui sia stata firmata digitalmente, per i successivi controlli. La conservazione è finalizzata a giustificare la somma spesa e la sua inclusione nei limiti di cui all’art. 51, comma 3 del TUIR e deve essere effettuata nel rispetto del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, e del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (codice in materia di protezione dei dati personali), e, in particolare, dei principi applicabili al trattamento dei dati personali previsti dall’art. 5 del predetto regolamento.

In alternativa, il datore di lavoro può acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti il ricorrere, in capo al dichiarante, dei presupposti previsti dalla norma, da conservare per eventuali verifiche da parte degli organi di controllo. Si ricorda, inoltre, che al fine di evitare che il lavoratore fruisca più volte del beneficio in relazione alle medesime spese, è necessario acquisire anche una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà che attesti la circostanza che le stesse non siano già state oggetto di richiesta di rimborso, totale o parziale, non solo presso il medesimo datore di lavoro, ma anche presso altri (è il caso di quei lavoratori che intrattengono più rapporti di lavoro nel corso dell’anno con diversi datori di lavoro).

Anche la legge di Bilancio 2025 conferma l’obbligo del datore di lavoro di trasmettere un’informativa alle rappresentanze sindacali unitarie, laddove presenti, per l’attuazione delle disposizioni in esame. A riguardo si rammenta che il predetto obbligo deve essere assolto in via preventiva rispetto all’attuazione dell’agevolazione; tuttavia, come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella citata circ. n. 23/E/2023, par. 3, il datore di lavoro può effettuare l’informativa al più tardi entro la chiusura del periodo d’imposta.

In merito alla contribuzione previdenziale, si ricorda il principio di unificazione dell’imponibile fiscale e contributivo stabilito dall’art. 6 del D.Lgs. n. 314/1997, pertanto il sostituto d’imposta è tenuto a considerare escluso dal reddito di lavoro dipendente, anche ai fini contributivi, il valore normale dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore, nel periodo d’imposta, alle soglie indicate.

Ai soli fini previdenziali, in caso di superamento del limite previsto, il datore di lavoro che opera il conguaglio provvede al versamento dei contributi solo sul valore dei fringe benefit da lui erogati, diversamente da quanto avviene ai fini fiscali, dove sarà trattenuta anche l’IRPEF sul fringe benefit erogato dal precedente datore di lavoro (cfr. circolare INPS, 23 dicembre 2024, n. 108). In attesa di nuove indicazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate si ricorda che le disposizioni in commento si applicano ai titolari di redditi di lavoro dipendente e di redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente; il maggior limite si applica per intero a ogni genitore, titolare di reddito di lavoro dipendente e/o assimilato, anche in presenza di un unico figlio, purché a carico di entrambi. Hanno diritto all’agevolazione anche i genitori lavoratori che non possono beneficiare della detrazione per figli fiscalmente a carico in quanto beneficiari dell’Assegno Unico e Universale per i figli a carico e, infine, entrambi i genitori hanno diritto al beneficio nel caso in cui si accordino per attribuire la detrazione per i figli a carico interamente al genitore con il reddito più elevato (circ. n. 23/E/2023).

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2025/01/09/fringe-benefit-regole-adempimenti-applicazione-parte-datori-lavoro

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