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Previdenza complementare: un tema sempre più in fuga dalle nuove generazioni?

Nel dibattito parlamentare che ha preceduto l’approvazione della legge di Bilancio 2025, era unanimemente condivisa la necessità di mettere mano ad una riforma della previdenza complementare che avrebbe dovuto coinvolgere i giovani. Al contrario, nelle norme contenute nella legge di Bilancio è ravvisabile una sorta di miopia nei confronti dei giovani lavoratori, che avrebbero meritato di esaminare la questione della previdenza e delle possibili riforme in ben altri termini. Tanto che acquista un senso interrogarsi sulle “riforme mancate”, considerate che queste possono dire assai più delle riforme approvate. Tuttavia, tale amara constatazione non deve offuscare il giudizio sulle novità che il legislatore ha introdotto a favore dei lavoratori (e non) che già aderiscono ad una forma di previdenza complementare.

Allorché ci si affacci sul grande (e scomodo) tema dell’oggi, quello della sicurezza sociale, si ha la sensazione di trovarsi dinanzi a due mondi, sempre più staccati e differenti: quello dei giovani che si affacciano al mondo del lavoro e quello dei meno giovani lavoratori che da quel mondo aspettano di allontanarsi definitivamente.

Diversi i temi in discussione, diversi i paradigmi e i valori evocati, diverse le strategie proposte, diversi gli strumenti immaginati e sperimentati.

Semplificando, si potrebbe dire che entrambe le categorie hanno in comune, da un lato, la tensione verso “un futuro migliore”, dall’altro, la fatale attrazione per la retorica; da un lato, l’ineludibile e mai sopita aspirazione ad una “coscienza previdenziale”, dall’altro, il costante rischio del suo esatto contrario. D’altra parte, l’evidenza che il diritto previdenziale degli ultimi decenni si è incaricato di rendere schiacciante è, infatti, ormai sotto gli occhi di tutti, come dimostrano la convergenza e l’interdisciplinarietà della letteratura demografica, economica, sociologica e statistica.

Mentre i discorsi sulle “grandi” riforme della previdenza pubblica obbligatoria sembrano puntualmente tornare indietro, dimenticando un principio costituzionale ancora inattuato (l’adeguatezza dei mezzi necessari alle esigenze di vita in caso di vecchiaia, alla stregua dell’art. 38, secondo comma, Cost.) e appiattendo il tema sull’anticipazione del trattamento pensionistico obbligatorio, a livello di previdenza complementare si tenta di andare faticosamente avanti, discutendo, di come essa possa diffondersi tra i giovani, ripercorrendo sentieri (in parte) tracciati, ma mai compiutamente seguiti (silenzio assenso per i lavoratori già in forza, conferimento del trattamento di fine rapporto ai fondi pensione, educazione previdenziale, trattamento fiscale incentivante, primo prodotto pensionistico individuale paneuropeo, diffusione della previdenza contrattuale). In altri termini, si prova a discutere di una “società decente”, per dirla con efficace espressione del filosofo israeliano Avishai Margalit. Una società imperfetta, certo; forse, persino, ingiusta che tuttavia non umilia quanti si trovano a viverci e a lavorarci.

Il dibattito politico, che ha preceduto l’entrata in vigore delle nuove disposizioni della legge di Bilancio 2025, si era sviluppato, specie negli ultimi mesi, sotto i migliori auspici, dal momento che era unanimemente condivisa la necessità di mettere mano ad una riforma della previdenza complementare che avrebbe dovuto coinvolgere i giovani. Si chiedeva a gran voce di uscire dalle secche dellʼinattuazione, e di allestire un più robusto corredo di garanzie, di tutele e, finanche, di sottoscrivere un nuovo patto di sicurezza sociale a favore delle nuove generazioni. Al contrario, nelle norme contenute nella legge di Bilancio 2025 (art. 1, commi 181-185 della legge 30 dicembre 2024, n. 207) è ravvisabile una sorta di miopia (se non vera e propria cecità) nei confronti dei giovani lavoratori che avrebbero meritato di esaminare la questione della previdenza e delle possibili riforme in ben altri termini. Tanto che acquista un senso interrogarsi sulle “riforme mancate”, considerate che queste possono dire assai più delle riforme approvate.

Tuttavia, tale amara constatazione non deve offuscare il giudizio sulle novità che il legislatore ha introdotto nella legge di Bilancio 2025 a favore dei lavoratori (e non) che già aderiscono ad una forma di previdenza complementare. Perché se, da un lato, le previsioni normative introdotte contribuiranno in misura pressoché marginale alla diffusione della previdenza complementare tra i giovani lavoratori; dall’altro lato, consentiranno alla previdenza di secondo pilastro - alla luce del monito della Corte Costituzionale (n. 393/2000) -, in quanto afferente all'art. 38, comma 2, Cost., di essere finalmente coerente alla previdenza obbligatoria, così da costituire un sistema unitario e fungibile di tutele.

Per essere più chiari, a noi sembra che le nuove disposizioni trovino corretta motivazione costituzionale nella funzionalizzazione della previdenza complementare alla realizzazione dello stesso interesse pubblico di cui alla previdenza obbligatoria. E ciò differentemente dagli strumenti, introdotti negli anni passati (ad esempio, la rendita integrativa temporanea anticipata), nei quali era possibile ravvisare una deviazione di siffatta funzionalizzazione, considerato che sebbene si presentassero (e si presentano) orientati al perfezionamento del requisito pensionistico del trattamento pubblico obbligatorio, per effetto del progressivo innalzamento dell’età pensionabile, ricadevano sul quantum della posizione individuale maturata dall’iscritto nella forma pensionistica complementare.

Di ciò si ha consapevolezza dalla lettura del comma 181 dell’art. 1, legge 30 dicembre 2024, n. 207, dal momento che soccorre il lavoratore (o la lavoratrice), privo di anzianità contributiva al 31.12.1995, il quale - pur in possesso dell’anzianità di contribuzione minima (20 anni) e dell’età anagrafica per accedere alla pensione di vecchiaia (67 anni) o di vecchiaia anticipata (64 anni) - non ha accesso al trattamento pensionistico pubblico qualora l’importo della prima rata di pensione di vecchiaia è inferiore al valore soglia dell’assegno sociale (nel 2024 pari a euro 534,41) oppure è inferiore all’importo della prima rata di pensione di vecchiaia anticipata al valore soglia di 3 volte l’assegno sociale (ridotto a 2,8 o 2,6 per le donne con minori a carico).

Riscontrando tali sfavorevoli condizioni, la nuova previsione normativa riconosce la possibilità per il predetto lavoratore, iscritto ad una forma pensionistica complementare, di computare ai fini dei predetti valori soglia dell’assegno sociale, unitamente all’ammontare mensile della prima rata di pensione di base, anche il valore di una o più prestazioni di rendita complementare, sempreché il lavoratore opti per la prestazione complementare in forma di rendita.

Il presupposto per beneficiare di tale opportunità è rappresentato dall’obbligo in capo alla forma di previdenza complementare di rilasciare, in aggiunta a quanto stabilito dagli artt. da 13-bis a 13-septies nel d.lgs. n. 252/2005, una proiezione certificata attestante il valore della rendita, calcolabile secondo gli schemi in uso nella singola forma di previdenza complementare.

Quanto all’individuazione dei criteri di computo, delle modalità di richiesta e di certificazione della proiezione della rendita complementare, essa è demandata ad uno specifico decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze (comma 182).

Si aggiunga che, a decorrere dal 1° gennaio 2030, il comma 183 dell’art. 1 eleva a 3,2 volte rispetto all’assegno sociale il valore degli importi soglia mensili necessari alla liquidazione della pensione di vecchiaia anticipata e il requisito contributivo, allo stato attuale di 20 anni di contribuzione effettiva, è incrementato di cinque anni a decorrere dal 1° gennaio 2025 e di ulteriori cinque anni decorrere dal 1° gennaio 2030 per i lavoratori che si avvalgono della facoltà di computare anche il valore di una o più prestazioni di rendita di forme pensionistiche di previdenza complementare, ai fini del conseguimento degli importi soglia mensili.

Si può allora ben dire, in un paradosso solo apparente, che se la norma non avesse contemplato la possibilità della previdenza obbligatoria e della previdenza complementare di ricongiungersi e di alimentarsi ora reciprocamente, essa si presenterebbe francamente infelice, dal momento che esige requisiti non facilmente raggiungibili per i lavoratori più vulnerabili. Tanto più che con riferimento a tali lavoratori, interessati ad avvalersi di tale facoltà, la pensione di vecchiaia anticipata non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l'accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

Peraltro, va anche detto, alla stregua del comma 184, che qualora dall’attività di monitoraggio relativa agli effetti derivanti dalle nuove richiamate disposizioni di previdenza complementare, con specifico riferimento all’agevolazione per l’accesso al pensionamento anticipato, vengano riscontrati maggiori oneri rispetto a quelli previsti, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, si provvede, ai fini compensativi, a stabilire un limite percentuale dell’ammontare mensile della prima rata della pensione di base ai fini del conseguimento degli importi soglia nonché ad elevare ulteriormente gli importi soglia ovvero a prevedere ulteriori periodi di posticipo della prima decorrenza utile per il pensionamento anticipato.

L’individuazione delle risorse necessarie per dare copertura finanziaria a siffatte disposizioni è operata ricorrendo alla riduzione delle spese già autorizzate per l'anticipo del pensionamento per talune categorie di lavoratori impegnati in particolari lavori o attività o in lavorazioni particolarmente faticose e pesanti (comma 185).

Nel complesso, l’aspetto che maggiormente interessa di queste norme, aldilà dei possibili benefici che esse produrranno per i lavoratori interessati, risiede non tanto nel carattere promozionale per le nuove generazioni, quanto piuttosto nel loro profilo metodologico a farsi almeno in parte carico di contribuire a realizzare l'interesse pubblico alla garanzia di una esistenza libera e dignitosa dei lavoratori, privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995, al momento del loro collocamento a riposo, anche al fine di evitare che gli stessi vengano ad essere inghiottiti nel sistema assistenziale per i cittadini in disagiate condizioni economiche.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2025/01/11/previdenza-complementare-tema-fuga-nuove-generazioni

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