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Archivio newsSomministrazione di lavoro: modifiche dal Collegato Lavoro, in attesa degli sviluppi dalla UE
Il legislatore del Collegato Lavoro ha introdotto alcune modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro, che sembrerebbero dare una oggettiva prevalenza alla somministrazione di lavoro a tempo determinato. Modifiche minime, ma che in realtà possono rivestire una notevole importanza per la portata indiretta sulla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, anche in attesa degli sviluppi che potrebbero aversi da parte della giurisprudenza comunitaria.
Con il Collegato Lavoro alla legge di Bilancio per il 2025 - art. 10 della legge n. 203/2024 - il legislatore ha voluto introdurre alcune modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro. Le modifiche sembrano minime, ma in realtà rivestono una notevole importanza per la portata indiretta che possono avere sulla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, anche in attesa degli sviluppi che potrebbero aversi da parte della giurisprudenza comunitaria. Vediamo in che termini.
Il primo aspetto che emerge significativamente dopo le modifiche è la volontà del legislatore di precisare meglio - allargandone però la previsione - le fattispecie nei confronti delle quali non trova applicazione il limite quantitativo previsto dalla legge nei casi di contemporanea presenza presso l’utilizzatore di lavoratori assunti a tempo determinato e di lavoratori inviati in missione a tempo determinato. Qui l’intento pare proprio quello di privilegiare - soprattutto per certe categorie - il ricorso alla somministrazione a tempo determinato.
Si tratta della previsione contenuta nell’art. 31, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2015 il quale prevede espressamente che “salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore e fermo restando il limite disposto dall'articolo 23” (ossia il limite del 20% riguardante le assunzioni con contratto a tempo determinato), “il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al 1° gennaio dell'anno di stipulazione dei predetti contratti, con arrotondamento del decimale all'unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5”.
Tale norma risulta integrata come segue, prevedendo che i limiti quantitativi appena indicati (il 30%) non debbano trovare applicazione quando la somministrazione a tempo determinato riguardi:
- i lavoratori ai sensi dell’art. 23, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015 (previsione aggiunta a decorrere dal 12 gennaio 2025 dall’art. 10 della legge n. 203/2024): si tratta del rinvio alla norma che prevede già, nell’ambito del contratto a tempo determinato l’esclusione di alcune categorie di lavoratori dai limiti di contingentamento previsti per il contratto a tempo determinato - pari al 20% - e che riguarda, per esempio, i contratti conclusi nella fase di avvio di nuove attività, quelli conclusi da start-up innovative, quelli conclusi per lo svolgimento di attività stagionali (come definite dall’art. 21, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015 anch’esso integrato dal Collegato Lavoro con una norma di interpretazione autentica), quelli per specifici spettacoli, per la sostituzione lavoratori assenti, quelli riguardanti i lavoratori di età superiore a 50 anni;
- lavoratori di cui all'art. 8, comma 2, della legge n. 223/1991 (norma peraltro abrogata dalla Legge Fornero a decorrere dal 1° gennaio 2017);
- soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o ammortizzatori sociali;
- lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dell'art. 2, n. 4) e 99), Reg. UE n. 651/2014 come individuati dal D.M. 17 ottobre 2017;
- soggetti assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato (previsione anch’essa aggiunta a decorrere dal 12 gennaio 2025 dall’art. 10 della legge n. 203/2024).
Appare, come detto, una precisazione - considerato che già prima di tale disposizione si teneva comunque conto delle esclusioni ai limiti di contingentamento previsti per i contratti a tempo determinato. Tuttavia, la precisazione riveste grande rilevanza con riguardo proprio ai lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’agenzia che possono essere somministrati a tempo determinato presso l’utilizzatore (ma anche a tempo indeterminato, sebbene entro il limite del 20% previsto dal comma 1 dell’art. 31 del D.Lgs. n. 81/2015). Tale precisazione non è di poco conto, considerato, ad esempio, che tra i lavoratori assunti a tempo indeterminato dall’Agenzia potrebbero esserci anche degli apprendisti i quali, per legge, possono essere somministrati solo a tempo indeterminato (art. 42, comma 7, del D.Lgs. n. 81/2015 v. infra).
Altra significativa modifica è quella riguardante la disciplina delle causali. Sul punto va ricordato che il legislatore già a partire dalle “correzioni” volute con il decreto Dignità del 2018 (D.L. n. 87/2018, convertito dalla legge n. 96/2018) ha costruito la disciplina della somministrazione a tempo determinato mediante una sorta di parallellismo - non sempre felice - con la disciplina di legge in materia di contratto a tempo determinato, ed i relativi limiti. In questo quadro, quando il lavoratore da inviare in missione venga assunto a tempo determinato, il rapporto di lavoro tra il somministratore ed il lavoratore è soggetto alla disciplina del contratto a tempo determinato, quindi, oltre che alla disciplina delle causali (art. 19, D.lgs 81/2015), anche alla disciplina della durata massima (con le eccezioni previste dalla contrattazione collettiva delle APL in tema di proroga), con la sola esclusione delle disposizioni di cui agli artt. 21, commi 2, e degli artt. 23 e 24 (relativi rispettivamente alla disciplina dello stop and go, ai limiti quantitativi specifici del contratto a termine pari come già detto al 20%, al diritto di precedenza).
Qui il Collegato Lavoro - analogamente a quanto fatto per i limiti quantitativi - ha voluto prevedere che le causali previste dall’art. 19, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2015 non trovino applicazione ai casi di assunzione a termine (a scopo di somministrazione di lavoro) qualora riguardino soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’art. 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014, come individuati con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali previsto dall’art. 31, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015 ossia il D.M. 17 ottobre 2017 (art. 34, comma 2, D.Lgs n. 81/2015 come integrato dall’art. 10 della legge n. 203/2024 a decorrere dal 12 gennaio 2025; v. anche INL, nota n. 9740/2024).
Quanto, invece, alla particolare disciplina della proroga e del rinnovo in materia di somministrazione di lavoro si ricorda che la legge non prevede, in questo caso, di applicare quanto previsto in tema di contratto a tempo determinato, rinviando invece alla previsione dei casi e alla durata previsti dal contratto collettivo applicato dalle APL, ossia dal somministratore (art. 34, comma 2, D.Lgs. n. 81/2015).
In particolare, in merito alla durata massima della missione e della successione dei contratti, il vigente CCNL della Somministrazione di lavoro stabilisce che, per i contratti di lavoro a tempo determinato a scopo di somministrazione, stipulati tra l’agenzia e il lavoratore, la durata massima della successione dei contratti a termine tra le medesime parti è così articolata:
- nelle ipotesi di somministrazione di lavoro con il medesimo utilizzatore, la durata massima è individuata dalla contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore; in mancanza di detta disciplina, la durata massima è stabilita in 24 mesi (in analogia a quanto previsto per la durata massima del contratto a tempo determinato);
- nelle ipotesi di somministrazione di lavoro presso diversi utilizzatori, la successione di contratti di lavoro a tempo determinato tra agenzia e lavoratore non può, in ogni caso, superare la durata massima complessiva di 48 mesi.
In questo quadro si era inserita in periodo Covid-19 una specifica previsione di legge più volte prorogata. La legge aveva, infatti, previsto che, nel caso in cui il contratto di somministrazione tra l’agenzia di somministrazione e l’utilizzatore fosse a tempo determinato, l’utilizzatore potesse impiegare in missione, per periodi superiori a 24 mesi anche non continuativi, il medesimo lavoratore somministrato, per il quale l’agenzia di somministrazione avesse comunicato all’utilizzatore l’assunzione a tempo indeterminato. E ciò senza che questo potesse determinare, in capo all’utilizzatore stesso, la conseguenza, indentificata dalla disciplina di riferimento come sanzione, della costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato. Tale deroga aveva tuttavia originaria efficacia fino al 30 giugno 2025 (art. 31, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015, come modificato dall’art. 8, comma 1-bis, D.Lgs. n. 104/2020; INL, nota n. 963/2020; art. 11, comma 15, D.Lgs. 146/2021; art. 23-quater, D.Lgs. n. 4/2022; art. 12-quinquies, D.Lgs. n. 21/2022; art. 9, comma 4-bis, D.Lgs. n. 198/2022). Il Collegato Lavoro alla legge di Bilancio 2025 (sempre l’indicato art. 10) è intervenuto anche su questa deroga prevedendone l’abrogazione con decorrenza dal 12 gennaio 2025.
Sul punto va peraltro osservato che il legislatore si è limitato ad abrogare tale previsione, senza prevedere alcunché in termini di salvaguardia delle posizioni contrattuali che siano state eventualmente prorogate o rinnovate tra le parti per effetto della legittima applicazione di tale previsione fino all’11 gennaio 2025.
In definitiva va detto che le modifiche appena entrate in vigore sembrerebbero dare una oggettiva prevalenza alla somministrazione di lavoro a tempo determinato, lasciando sullo sfondo la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato che sicuramente non necessitava di interventi normativi ad hoc anche per l’importanza che tale istituto riveste soprattutto ai fini della formazione e dell’inserimento dei giovani.
Come già avvertito, non va dimenticato che è possibile per legge il ricorso alla somministrazione di lavoro a tempo indeterminato di apprendisti, mentre rimane comunque vietato utilizzare apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato (cfr. 42, comma 7, D.Lgs. n. 81/2015). Gli apprendisti - anche in ragione della particolare natura del contratto che è comunque un contratto a tempo indeterminato - possono essere somministrati solo con il contratto commerciale di somministrazione a tempo indeterminato. L’eventuale sanzione della somministrazione di lavoro a tempo indeterminato potrebbe coinvolgere irrimediabilmente i progetti di inserimento dei giovani con il contratto di apprendistato. Progetti finalizzati al futuro del Paese e al futuro delle aziende che usano consistentemente tale forma di contratto per l’avvio e la formazione di quelle professioni che la tecnologia già richiede con sempre più significativa insistenza.
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