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Auto elettriche ad uso promiscuo: il rimborso spese non è esente se la ricarica è fatta a casa. Perché?

L’Agenzia delle Entrate in risposta ad alcuni quesiti ha chiarito che il dipendente non può ottenere un rimborso esente dei KWH consumati presso la propria abitazione per caricare veicoli elettrici concessi ad uso promiscuo. Secondo l’Amministrazione finanziaria il consumo di energia domestica non rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro (fringe benefit), ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore da assoggettare a tassazione. Quali possono essere le conseguenze di questa conclusione sull’utilizzo delle auto aziendali?

La recente posizione espressa dall’Agenzia delle Entrate in tema di ricarica degli autoveicoli elettrici si insedia sul solco di una profonda bagarre in tema di concessione di autoveicoli e loro tassazione. Se, come oramai chiaro, la legge di Bilancio 2025 (legge n. 207/2024) sembra premiare (sembra) la concessione di autoveicoli a trazione full elettric con un valore fiscale fortemente ridotto (10% di una percorrenza media di 15 mila chilometri) rimane ferma la posizione estremamente chiusa dell’Amministrazione finanziaria in relazione alle ricariche, domestiche, di tali mezzi, non rimborsabili con modalità esenti.

A questo deve aggiungersi un quadro di profonda incertezza normativa in relazione alle novità della legge di Bilancio 2025 in tema di autoveicoli in uso promiscuo (comma 48). Come noto eravamo tutti in attesa clausola di salvaguardia introdotta con emendamento nella legge di conversione del decreto Milleproroghe che ha visto il suo naufragare giorni addietro.

Nella vana, flebile, speranza di un intervento del Governo, facciamo intanto il punto sulla mobilità elettrica.

Auto elettriche e ricarica. Le posizioni differenti dell’Agenzia delle Entrate

Correva l’anno 2022. In un accaldato 10 giugno l’Agenzia delle Entrate pubblicava la risposta n. 329 con la quale si riteneva che la concessione delle ricariche per le autovetture elettriche, anche personali, dei dipendenti in azienda potesse essere considerata quale “servizio di educazione” ex art 100 del TUIR ovvero non tassate ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. f) del TUIR in quanto prestazione messa a disposizione della generalità di dipendenti.

Il caso di specie riguardava un’azienda che, al fine di incentivare tra i propri dipendenti il ricorso alla mobilità elettrica anche nell’ambito privato, aveva inteso riconoscere a coloro che acquistavano auto elettriche entro un periodo di tempo prestabilito, sei mesi di ricarica gratuita.

L’interpellante, sostenendo come la propria iniziativa fosse effettuata nel contesto delle attività di sensibilizzazione sui temi della sostenibilità alla generalità dei dipendenti, riteneva che tale benefit potesse rientrare nel concetto di educazione, intesa come educazione all'uso corretto delle risorse e pertanto, che il servizio di ricarica “elettrica” gratuita dovesse essere ricompreso tra i servizi di “utilità” sociale non tassati ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. f) del TUIR.

L’Agenzia delle Entrate ha condiviso pienamente quanto sostenuto dall’interpellante, benedicendo la finalità educativa dell’iniziativa, anche in forza (va detto) di altre motivazioni:

- durata prestabilita in sei mesi;

- istituto riferito unicamente auto elettriche acquistate entro un determinato periodo di tempo;

- evitare abusi, la ricarica gratuita veniva effettuata principalmente utilizzando gli impianti fotovoltaici o idroelettrici aziendali, mentre nell’ipotesi di utilizzo di fornitori terzi, veniva previsto un numero massimo di ricariche effettuabili.

Nel 2023, cambio di rotta.

Con risposta all’Interpello n. 421 del 25 agosto 2023, l’Amministrazione finanziaria è stata nuovamente chiamata a pronunciarsi in merito alla coesistenza tra sostenibilità ambientale e imposizione fiscale, esprimendosi, questa volta, con una rigidità di segno opposto rispetto alle risposte decisamente più elastiche fornite fino all’anno precedente.

Nel caso in oggetto l’Istante rappresentava l’intenzione di riconoscere ai propri dipendenti il rimborso delle spese per l’energia elettrica sostenute per la ricarica effettuata presso la propria abitazione (dotandosi di apposito wallbox) di auto assegnate in uso promiscuo agli stessi.

L’Istante, inoltre, evidenziava come la spesa rimborsabile al dipendente non sarebbe stata quantificata analiticamente, bensì determinata sulla base del prezzo medio comunicato da ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, che svolge attività di regolazione e controllo nei settori dell'energia elettrica, del gas naturale, ecc.).

L’Amministrazione finanziaria, sul punto, non ha ritenuto possibile il rimborso esente.

Con riferimento al rimborso delle spese sostenute dal dipendente per la ricarica elettrica del veicolo assegnato presso la propria utenza domestica, lo stesso veniva infatti qualificato dall’Agenzia come assoggettabile a tassazione quale reddito di lavoro dipendente. Nei fatti, secondo l’Agenzia delle Entrate, il rimborso in questione non poteva rappresentare una spesa anticipata dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro e, ad abundantiam, non poteva rientrare neppure nelle specifiche deroghe dei rimborsi analitici delle spese per trasferte.

Il consumo di energia, pertanto, non viene qualificato come un bene o servizio fornito dal datore di lavoro (dunque fringe benefit).

Le ultime risposte dell’Agenzia delle Entrate

Arriviamo ai nostri giorni.

L’Agenzia delle Entrate in risposta ad alcuni quesiti richiama la posizione di cui alla citata risposta n. 421/2023.

In effetti questa impossibilità di ottenere un rimborso esente dei KWH consumati presso la propria abitazione per caricare veicoli elettrici ad uso promiscuo appare di difficile comprensione.

In tal senso si è inteso chiedere un chiarimento all’Agenzia delle Entrate giacchè “avendo l’Agenzia più volte equiparato l’energia elettrica al carburante (risposta n. 477/2023) - il sostenimento diretto/rimborso (puntualmente e analiticamente documentato anche con riferimento alle ricariche domestiche) da parte del datore di lavoro dei costi sostenuti dai lavoratori dipendenti per la ricarica delle auto aziendali elettriche/ibride assegnate in uso promiscuo non generi ulteriore imponibile, così come avverrebbe per il carburante delle auto aziendali a motore endotermico”.

Sembrava semplice no?

L’Amministrazione finanziaria, in ogni caso, non si dà per vinta e risponde nuovamente negando l’esenzione del costo del KWH sostenuto dall’”elettrico” guidatore.

Invero l’Agenzia risponde a tono sostenendo che:

- la modalità di determinazione forfettaria del valore dei veicoli a uso promiscuo da assoggettare a tassazione “prescinde da qualunque valutazione degli effettivi costi di utilizzo del mezzo e anche dalla percorrenza che il dipendente effettua realmente. È del tutto irrilevante, quindi, che il dipendente sostenga a proprio carico tutti o taluni degli elementi che sono nella base di commisurazione del costo di percorrenza fissato dall’Aci”;

- l’azienda, nel caso di concessione di un autoveicolo ad uso promiscuo, può “fornire, gratuitamente o meno, altri beni o servizi, ad esempio, l’immobile per custodire il veicolo, beni e servizi che andranno separatamente valutati al fine di stabilire l’importo da assoggettare a tassazione in capo al dipendente»

Pertanto, in difesa assoluta di quanto già presente nella risposta n. 421/2023, l’Amministrazione ribadisce, al di là dell’installazione delle infrastrutture a casa dei dipendenti, che il consumo di energia domesticanon rientra tra i beni e servizi forniti dal datore di lavoro (cosiddetti fringe benefit), ma costituisce un rimborso di spese sostenuto dal lavoratore”. Riguardo al rimborso spese, nella citata risposta è stato precisato che “in generale, le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso spese costituiscono, per quest’ultimo, reddito di lavoro dipendente, ad eccezione delle spese rimborsate nell’esclusivo interesse del datore di lavoro, anticipate dal dipendente per snellezza operativa, (…) e fatte salve specifiche deroghe previste dal medesimo articolo 51, comma 5, del Tuir per il rimborso analitico delle spese per trasferte”.

Segue dunque il dogma dell’Agenzia: “anche i rimborsi erogati dal datore di lavoro al proprio dipendente per le spese di energia elettrica finalizzata alla ricarica degli autoveicoli assegnati in uso promiscuo costituiscono reddito di lavoratore dipendente da assoggettare a tassazione”.

Traducendo. Se anche la policy aziendale attribuisse l’autoveicolo con totali costi di carburante a carico azienda, il fatto di ricaricare a casa (al di la dell’analiticità o meno della spesa da documentare) non consente un “rimborsoesente, perché il rimborso non è proprio previsto per questa fattispecie (invero, l’azienda deve sostenere la spesa direttamente, non consentendone un rimborso). Manca una norma, secondo l’Agenzia.

Questa conclusione porta ad alcune conseguenze “fantasiose”:

- se mi dimentico la fuel card e, quindi, effettuo rifornimento autonomamente (benzina), da quel che leggiamo non sarà possibile ottenere alcun rimborso. Circostanza davvero curiosa ed innovativa (diciamolo, non era venuta in mente a nessuno);

- vista la forte riduzione, a decorrere dal 1° gennaio 2025 (o da luglio 2025, vedremo), del valore del benefit delle auto full elettrica cura del comma 48 della legge di Bilancio 2025 (10% della percorrenza media di 15.000,00 chilometri), siamo davvero sicuri che l’auto elettrica costerà alle aziende meno di una endotermica?

Facciamo un esempio:

1) Auto endotermica. Valore benefit 50% della percorrenza media di 15 mila chilometri ma possibilità di non valorizzare fiscalmente alcun contributo per carburante o altro;

2) Auto elettrica. Sebbene il valore del benefit sia di 5 volte inferiore (10% e non 50%) la possibilità che tali autoveicoli siano ricaricati presso colonnine apposite (con la elettric card aziendale) diventerà sempre più remota, almeno per il momento (non ci sono così tante infrastrutture). Pertanto, i refilling casalinghi ci saranno (e con consumi sostanziosi) e l’eventuale rimborso risulterà imponibile.

Pensare che il comma 48 della legge di Bilancio 2025 esordisce dicendo “Per il raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica ed energetica, mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici”.

Nella mente sprovveduta di un povero lettore, leggendo tale disposizione, si poteva pensare ad una agevolazione…. Ma come abbiamo visto, con un pò di fantasia, la nostra storia è più complessa.

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Fonte: https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2025/02/24/auto-elettriche-uso-promiscuo-rimborso-spese-non-esente-ricarica-fatta-casa-perche

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